Mi meraviglio un po’ che di questi tempi e con quello che accade in Europa, ci sia chi ha ancora voglia di rivendicare il 50 e 50. Naturalmente non condivido gli argomenti deboli che gli vengono contrapposti, siano essi discorsi contro la parità oppure il solito “perché devo votare per una donna solo perché donna ecc.” In sé rivendicare la metà del mondo è legittimo e il 50 per cento è la forma un po’ ragionieristica ma concreta di rendere evidente l’esistenza di un diritto violato. Le volte in cui mi è capitato di associarmi a questa richiesta l’ho fatto sempre con intenti di denuncia e di provocazione e con la certezza che essa sarebbe stata rimandata alle mittenti.

Non mi sfugge comunque che l’ingresso di un numero maggiore di donne in luoghi tradizionalmente frequentati da soli uomini può rappresentare un antidoto alle dinamiche di esclusione e di auto-esclusione che caratterizzano le relazioni tra i sessi. Mi è anche chiaro che il 50 per cento non comporta l’obbligo di votare per una donna solo perché donna. Dal momento che il criterio dovrebbe valere per tutti i partiti, ognuna potrebbe votare per il partito più vicino a ciò che pensa e dare poi una preferenza femminile.

Tuttavia {{non ho mai pensato di dover rivendicare la metà di tutto}}. Per quanto anche la presenza di donne in posti di comando della mafia e della camorra sia un segno dei tempi, non mi salterebbe mai in testa di rivendicare la metà dei ruoli nella criminalità organizzata. Per quanto sia disposta ad ammettere che la domanda del 50 per cento dei cardinali o dei generali potrebbe essere a suo modo femminista, mi guarderei bene dal formularla. E non solo perché non mi interessa direttamente, ma anche perché vorrei un mondo senza cardinali e generali.

Se si pensa allo {{stato dei partiti della sinistra oggi}}, non è difficile capire la ragione per cui qualcuna non ha nessuna voglia di occupare la metà di quel mondo. La loro abissale distanza dai bisogni della gente che dovrebbero rappresentare, le pratiche di apparati ed eletti/e, i fenomeni di corruzione (che non risparmiano nessuno) suggeriscono che forse in questo momento esistono modi migliori di impiegare le energie del femminismo.

C’ è inoltre un problema particolarmente visibile {{dall’angolo di visuale milanese}}. “Usciamo dal silenzio” ha già bruciato la possibilità di essere l’inizio di un movimento organizzato, concentrandosi su preoccupazioni elettorali, coperte dall’obiettivo del 50 per cento. “Se non ora quando” sembra inesorabilmente avviata sulla stessa strada.

Mi chiedo come si può pensare di costruire {{qualcosa che mantenga una dimensione di massa,}} presentandosi al mondo con questa preoccupazione nei fatti prioritaria, se non esclusiva. Alle donne che non aspirano a essere elette o a fare carriera negli apparati, che sono la grande maggioranza, bisognerebbe offrire la possibilità di misurarsi con ben altro. Soprattutto adesso. Fino a qualche tempo fa si poteva dire che, contrariamente a ciò che era sempre accaduto, le donne avevano retto meglio degli uomini la crisi. I problemi della spesa pubblica e la logica con cui i governi europei la fronteggiano sono destinati a rovesciare la situazione, riproponendo contraddizioni più tradizionali.

Basti solo pensare che cosa significherà per le donne {{lo smantellamento definitivo del welfare,}} anche per l’occupazione e le condizioni di lavoro. Se queste cose avessero la priorità e i partiti non fossero quello che sono, forse la rivendicazione del 50 per cento avrebbe anche un senso. Se….