Sophia De Mello Breyner Andersen

Nel 25 novembre, vicinissimo, le parole  diventano anche  il modo per additare ferite che guardiamo  sgomente.

E so che è vero, che da qui ha inizio/il cammino inverso che può farci padroni/quando i conti non tornano – e che ci pungola/se dell’amore vediamo il recinto/nel consumo di un confuso possesso.

Questo scrive nella poesia dedicata a nipotine e piccole donne Sophia de Mello Breyner Andresen.

Non sembra più bastare  una voce  pulsante, scarpe del colore del sangue su un cammino in grado di indicare il  passaggio di testimone a chi rimane, atti ad oggi assunti a  valenza di simbolo e testimonianza.

E’ quel modo dell’uccidere  urlo, che amputa  la  speranza insita nella capacità di viversi la relazione nella reciprocità.

Un uomo violento , sottolinea Paolo Di Paolo, rappresenta sé stesso e nessun altro.

La sua violenza, invece, riguarda anche me(…). Ma non sposteremo avanti di un millimetro il discorso pubblico, se non saranno anche gli uomini a parlare – a parlare apertamente, responsabilmente – delle violenze che le donne subiscono.

Risalta, almeno s’appalesa di primo acchito, una sorta di opacità inerziale, impacciata nel cercare di esprimere forza, coraggio, fermezza , qualità non incontrate appieno in nessun individuo, a detta di Edoardo Albinati nell’intervista rilasciata in occasione dell’iniziativa #Prima della violenza.

Colui che  vive il disagio di essere se stesso in questi sentimenti  si scopre anche indifeso all’interno, scomodo perchè contiguo alla consapevolezza del non poter essere quello che  ci si aspetta ( sia  un uomo).

L’identità, per Albinati  volto ed intreccio anche  di stereotipi  culturali faticosi,  si esprime(e riesprime ) nell’antica  lotta per tenere in piedi  la competizione fra maschi, un rivaleggiare che spesso nega  loro la possibilità di parlarsi col linguaggio scoperto della tenerezza .

Così, penso che una vera risposta/da qui deve partire: dallo sguardo/che piuttosto a sé l’uomo deve volgere/nella comprensione di ciò che in lui accade,/e che lo afferma nell’incontro e nel desiderio;/nel mattone che lo può costruire/o costringere in quella chiusa/da cui indietro-e questo piangiamo-/non da solo spesso non torna, continua struggente Sophia De Mello Breyner Andresen.

In aggiunta, come acutamente ha avuto modo di porre ad ipotesi  Marina Valcarenghi , psichiatra milanese ,a fronte del suo lungo lavoro clinico, i molestatori, i maschi violenti   paiono essere dei paria nella  società. E la maggior parte degli  uomini  ,davanti all’abuso ed alla violenza perpetrata da altri uomini, sovente ingenera l’impressione che la scelta di tacere sia una modalità che induca in loro stessi un minore  imbarazzo.

Conosco quell’imbarazzo, è anche mio. Che cosa posso dire? Che cosa posso aggiungere? Temo di essere inopportuno, retorico: il paladino di una falsa buona coscienza. Ma questo nostro silenzio imbarazzato – di noi uomini, voglio dire – rischia di diventare un alibi. Un alibi personale e collettivo. Una rinuncia (preventiva e rassicurante) a porre a me stesso, agli uomini che ho intorno – i padri, i fratelli, i figli – domande che non cancellano quell’imbarazzo, ma anzi lo intensificano, e in parte lo chiariscono.

Riferimenti a corredo del testo

S.de  Mello Breyner Andresen, Nello sguardo è già violenza, in www.larecherche.it/testo_letto il 23.11.2018

Intervista ad E.Albinati in youtube.

Paolo Di Paolo, Maschi smettiamola di tacere sulla violenza contro le donne in http://espresso.repubblica.it/vsioni/2017/09/22/news/il-silenzio-di-noi-maschi letto il 19/11/2018