L’ultima volta che l’ho incontrata era, come al solito, con la sua bicicletta in via dei Banchi Nuovi a Roma. Ci siamo fermate per scambiare due chiacchiere come quando la incontravo per le calli a Venezia. Ultimamente ci tornava spesso. Era la sua città. E, chi è nata a Venezia, non può fare a meno di tornarci. Ma per tornare bisogna andarsene. E così, lei aveva fatto. Era approdata a Roma con la sua macchina analogica per raccontare la politica.

Continuava a fare fotografie utilizzando la pellicola, il digitale non la interessava, capiva però che questo era un po’ come{{ “star fora dal tempo, te me capisi, xe l’anima de noialtre venesiane}}”.
E questo forse entrava in contraddizione con la sua inesauribile passione per la politica che la portava a stare dentro alla storia fino in fondo.

C’eravamo conosciute alla fine degli anni Settanta quando Gabriella {{raccontava, con i suoi scatti, la storia di quelle donne che avevano deciso di esserci}}. In quel periodo alla Casa delle Donne in via del Governo Vecchio avevamo messo in piedi la redazione di Quotidiano Donna e molte delle foto del giornale erano le sue.

In quegli anni Quotidiano Donna pubblicò anche un libro fotografico{{ “Il mio segno La mia parola”}} per raccontare i graffiti che ricoprivano le pareti di quell’antico edificio.

Quelle foto erano state firmate da Gabriella Mercadini e da Luisa Di Gaetano. Tutte e due se ne sono andate, ma di loro rimane per sempre quello che hanno visto e che hanno voluto farci vedere.

{immagine}: Roma 1974, graffito a Tor di Nona. foto di Gabriella Mercadini
da http://www.universitadelledonne.it/fiorilli21-5.htm