Articolo di Paola De Carolis segnalato dalla rassegna stampa del CRS

Stella Creasy, ex lobbista, 41 anni, siede in Parlamento nelle file del Partito laburista dal 2010; Nicky Morgan, 41 anni, conservatrice, deputata, è stata ministra dell’Istruzione tra il 2014 e il 2016; Carrie Gracie, 55 anni, è una delle giornaliste più note della Bbc A gennaio si è dimessa per protesta; Jane Standley, 54 anni, reporter, ha raccontato di aver lasciato la Bbc perché veniva pagata meno dei colleghi maschi

—  C’è un momento in cui le divisioni politiche non importano e le somiglianze sono più forti delle differenze. Sul tema della disparità tra gli stipendi di uomini e donne le deputate di Westminster hanno unito le forze e creato un gruppo che esula dai partiti e mira a fornire soluzioni pratiche. Si tratta di una campagna dal messaggio chiaro, Pay Me Too, con tanto di hashtag e sito web sulla scia del movimento contro le molestie sessuali. L’obiettivo è duplice: fornire una piattaforma per gli scambi di esperienze e anche una scaletta di operazioni da applicare nel caso della mancata parità.

Portabandiera del gruppo è la laburista Stella Creasy, 41 anni, da otto in parlamento. «Non possiamo limitarci a pubblicare i dati sul divario degli stipendi», ha sottolineato. «Servono risultati concreti». Come prima mossa il gruppo propone attraverso il sito un questionario per raccogliere le esperienze delle donne in via confidenziale. «Purtroppo sembra che invece di affrontare il problema in tante società la tendenza sia quello di convincere le donne a non fare domande scomode, a non essere “difficili”, mentre è importante che tutte le donne sappiano che hanno il diritto di chiedere chiarimenti sul loro stipendio e su quanto vengono pagati colleghi maschi che hanno le stesse mansioni».

Il momento è propizio. Per legge le organizzazioni britanniche sono ora tenute a rivelare la disparità delle buste paga. Entro la mezzanotte di mercoledì tutte le società pubbliche e private con più di 250 dipendenti dovranno quantificare la differenza. I dati saranno pubblicati sul sito del governo – gender-pay-gap.service.gov.uk – che ha già ricevuto le informazioni richieste da diverse organizzazioni. Come il ministero degli Interni, ad esempio, dove le donne guadagnano in media il 10% degli uomini, o la London School of Economics, dove il divario è del 25%, Easyjet, 51,7%, o il gigante bancario HSBC, tra i casi peggiori, con un gender gap del 56%. È un sito dalla cui chiarezza emerge un ritratto devastante. La media nazionale della disparità è del 9%. Nel 90% delle organizzazioni statali la differenza è di almeno il 14%. Per ogni società citata viene spiegata la rappresentanza delle donne nei vari livelli così come cosa vuol dire, in termini pratici, la differenza. Nel caso di HSBC, ad esempio, significa che quando un uomo guadagna una sterlina una donna che fa lo stesso lavoro prende 44 pence.

«Vogliamo sapere dalle donne quali sono le problematiche», ha sottolineato Creasy. «Il sondaggio ci aiuterà a capire il modo migliore di affrontare il dibattito in parlamento e come cambiare la legge». La trasparenza che viene adesso richiesta significa, ha precisato, che presto non ci sarà modo «di nascondere queste brutte verità», ma guai ad aspettare. Le parlamentari di PayMeToo chiedono maggiore comunicazione tra dipendenti, subito. «Lo stipendio non è un argomento tabù, se ne può parlare, le donne possono chiedere ai colleghi maschi quanto prendono e soprattutto hanno il diritto di esigere dai datori di lavoro un piano di azione».