L'8 marzo questa determinazione può ripetersi in ogni città
L’8 marzo questa determinazione può ripetersi in ogni città

Ci incontriamo nella casa di tutte le donne, alle Rampe Maggiore Giovanni Pignatelli e  Partecipiamo alla

MANIFESTAZIONE DELL’8 MARZO “NON UNA DI MENO”

Lo sciopero “globale” delle donne l’otto marzo parte dall’idea della sottrazione di ogni tipo di gesto quotidiano da parte delle donne. Il lavoro materiale e immateriale compiuto dalle donne è, infatti, una dimensione di tale portata che, se si ferma, il mondo va a rotoli.l'otto ndex

L’iniziativa nasce dalle donne argentine che hanno deciso di incrociare le braccia l’8 marzo: se le nostre vite non valgono, noi non produciamo. Ci fermiamo per esprimere dissenso e disobbedienza, per rifiutare ogni forma di violenza sessista, razzista, di sfruttamento e oppressione.

La violenza perpetrata su ogni donna si manifesta politicamente solo se diventa visibile attraverso lo sguardo dell’altra. La violenza maschile può essere combattuta solo se ogni altra può combattere con noi.

È stata la riflessione femminista a mettere in luce la linea di continuità tra produzione e riproduzione, sempre si è voluto tacere sul fatto che le attività di riproduzione rendono possibili quelle di produzione. Il paradigma riproduttivo ha ridefinito tutto quel che andava sotto il nome di “lavoro”. Il neoliberalismo si serve e nasconde la dimensione necessaria e ineliminabile della interdipendenza, del legame, della cooperazione. È necessario non solo riappropriarsi del valore, ma anche essere parte di un circuito di reddito: in questo senso, la restituzione significa accedere, utilizzare e moltiplicare le condizioni del vivere, creare un circuito di riproduzione della vita degna.

Durante la manifestazione del 26 novembre 2016, la parola “libertà” è rimbalzata di bocca in bocca, di rete in rete. Essa non può essere distorta o addomesticata. Men che mai può essere protetta da muri e tutele, perché si articola fuori da minacce e condizioni, e fa riferimento piuttosto alla cura della terra e all’avvicinarsi con rispetto a qualunque diversità.

Crediamo che i muri, i quali vengono quotidianamente innalzati, siano trappole mortali per tutte le donne, perché ricacciandole nelle tutele e nei domini maschili impediscono l’incontro, lo scambio e la relazione sulla quale cresciamo.

L’8 marzo saremo, non solo idealmente, libere di sconfessare chi ci vuole collaborative nella costruzione di barriere, nascondendo sotto “l’emergenza” stragi di tante vite e riducendo chi sopravvive a suddite e sudditi, a merci.

L’8 marzo è, per noi, vivere attivamente quel cammino di libertà che non si è mai interrotto, una giornata per sperimentare la propria sottrazione dal sistema, da forme di violenza, sfruttamento, discriminazione e generare altre attività relazionali.

L’assemblea delle donne di Napoli per la restituzione

L’Assemblea che presidia con tante la Casa delle donne a Napoli, bene comune, che si trova a Rampe San Giovanni Maggiore Pignatelli 12, l’8 marzo manifesterà anche per ricordare a tutte e a tutti, che

LA CASA DELLE DONNE SIA RICONOSCIUTA BENE COMUNE DAL COMUNE DI NAPOLI

casaPer ricordare riprendiamo quanto Chiara  Guida ha raccontato a  Alessandra del Giudice sul percorso che  ha portato l’assemblea delle donne di Napoli a Rampe San Giovanni Pignatelli

Parte da lontano, ma le tappe fondamentali sono state due: nel 2011 la costituzione di un associazione nata proprio per il progetto della casa delle donne da cui ha anche preso il nome e successivamente nel 2013, quando nasce l’ “Assemblea delle donne di Napoli per la restituzione” attraverso una auto-convocazione di tutte le realtà femminili e femministe presenti in città. La prima riunione si tenne in un bar! Eravamo talmente tante che ci rendemmo conto di quanto fosse importante avere un luogo nostro. Ottenere questo luogo, la casa delle donne. Capimmo che sarebbe stato il primo passo di qualsiasi nostra futura battaglia collettiva. Così, a partire da questo obiettivo, si è costituita una assemblea itinerante che poi ha preso la sua forma definitiva nel 2014.

L’Assemblea è composta da donne di varie generazioni, alcune con una lunga esperienza di militanza e di impegno alle spalle, altre più giovani, per età e per impegno, provenienti dai più diversi percorsi e realtà associative quali, ad esempio: La casa delle donne a Napoli, l’Udi di Napoli, Agape, Arcidonna Napoli, le Kassandre, le Donne in nero di Napoli, Il comitato per la difesa della 194, Collettivo 105, l’Assemblea Mano, Le tre Ghinee-Nemesiache, Arcilesbica Napoli, Coop.Sociale Xenia, Terra Prena, il gruppo Dopopaestum di Napoli, Adateoriafemminista, Comitato Brancaccio, Se non ora quando, e altre.

Per molto tempo è rimasta disattesa la nostra storica richiesta di avere una Casa delle donne anche a Napoli come in tante città italiane. Finalmente quando l’interlocuzione con l’amministrazione comunale è diventata più frequente, grazie alla collaborazione con l’assessore al patrimonio, abbiamo individuato un appartamento del Comune a rampe Giovanni Maggiore Pignatelli che aveva tutte le caratteristiche adatte per riunirci realizzare le attività che vogliamo animare quali cineforum, performance di teatro, mostre etc.

Il 6 febbraio 2015 abbiamo effettuato il primo sopralluogo, da allora abbiamo dato luogo a delle aperture simboliche e abbiamo invitato le donne napoletane a partecipare all’assemblea che si tiene il giovedì pomeriggio dalle 16, così che nella percezione della città la casa venga intesa bene comune. Abbiamo chiesto al Comune di Napoli di riconoscere la Casa delle Donne quale bene comune per uso collettivo di genere. Sarebbe la prima volta in Italia che un bene viene riconosciuto con questa specifica finalità. Teniamo molto, e stiamo lavorando perché che questo obiettivo si realizzi prima della fine di questa consiliatura.

Sono tanti i luoghi già assegnati alla collettività in questi ultimi anni dall’amministrazione comunale e la richiesta di una Casa delle Donne parte da lontano…

Infatti, noi già collaboriamo con le diverse realtà che lavorano sul tema della restituzione di beni abbandonati alla collettività, come nel caso dell’ex reclusorio di Santa Fede oggi Liberata, per dare altra vita agli spazi collettivi, convinte come siamo sempre state, che la liberazione dei corpi e delle menti di donne e uomini si costruisca attraverso l’agire collettivo e la riappropriazione e  la condivisione di spazi. Agiamo cioè il principio del diritto alla città, ma attraverso un punto di vista di genere.

La pretesa non è di unire tutte le donne, ma avere un luogo che ogni donna può attraversare. Questo è necessario perché la battaglia per la parità di diritti delle donne non è affatto conclusa. Non è retorico parlare di discriminazioni. Nonostante un presunto raggiungimento di parità simboleggiato dal protagonismo delle donne assurte alle massime  cariche istituzionali dello Stato la vita delle donne non  è affatto migliorata.  E’ evidente da un punto di vista statistico: le bassissime percentuali di donne che lavorano rispetto ad altri paesi europei sottolineano che la partecipazione delle donne nella società è ancora disattesa. Forse non è un caso che proprio  l’unica funzionario dell’ISTAT- una donna guarda caso – che aveva orientato il suo lavoro di ricerca  verso le donne e in generale verso i soggetti sociali più deboli mettendo in risalto il grado di disuguaglianza soprattutto di genere presente nella società italiana sia stata rimossa dal suo incarico. Altro esempio illuminante, denunciato dalla società italiana delle letterate, è che nei programmi scolastici su cui ci si prepara all’esame per il concorso a cattedra, in nessun programma di arte o letteratura compare un solo nome di donna autrice  o artista, con le tante che si potrebbero menzionare e studiare. O ancora che ci sono tante direttrici di piccole case editrici, donne che lavorano duramente per farsi spazio in un ambiente difficilissimo ma che rimangono ai margini. Si aggiunga che l’unica legge, la 194, che  sancisce su un piano normativo l’autodeterminazione delle donne  continua a essere messa in discussione.

La Casa delle Donne è necessaria perché c’è bisogno di un luogo autonomo ed originale di donne e per le donne, ma non solo per loro. Un luogo per fare e pensare con altre e con altri, per costruire saperi femminili e femministi, un luogo aperto all’insegna dell’accoglienza e dell’incontro, di divulgazione e di trasmissione della cultura e delle pratiche delle donne.

In questo senso la Casa delle Donne non ha un valore solo simbolico. L’obiettivo è avere uno spazio per rassegne di letteratura, cinema, teatro, per attività culturali e artistiche. In tanti luoghi in cui si fa arte e cultura le donne non possono accedere per impossibilità materiale o economica, spesso banalmente perché non lo permettono i loro tempi di vita e di lavoro. La  Casa delle donne vuole anche rimuovere gli impedimenti spaziali e temporali per la piena partecipazione alla vita sociale.