Nel 2006 sono state 99 le morti bianche che hanno riguardato le donne e che, vergognosamente, non hanno neanche conquistato l’onore delle cronache. Questo è quanto emerge dal rapporto diffuso dall’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL) in occasione dell’8 marzo.Nel 2006 sono stati quasi 250.000 gli infortuni che hanno avuto come vittima una lavoratrice, ovvero il 27% del totale, {{in alcuni settori però la percentuale degli infortuni femminili supera quella maschile}}.
_ Per esempio, tra il personale addetto ai {{servizi domestici 9 infortuni su 10}} riguardano colf e badanti, per lo più straniere.
Nella{{ sanità i tre quarti degli incidenti colpisce donne}}, in genere infermiere.
_ Mentre nella Pubblica amministrazione, nel settore alberghi e ristoranti e nell’istruzione gli infortuni femminili superano la metà del totale.

Si tratta generalmente di eventi non molto gravi: lussazioni e contusioni rappresentano i tipi di lesione più diffusi (quasi il 70%); le sedi anatomiche più colpite, sono per circa il 30% sia gli arti superiori che inferiori (soprattutto mano e caviglia), la colonna vertebrale (20%) e la testa (15%), ciò non di meno i {{casi mortali sono stati, nel 2006, 99}} così suddivisi:

– Sanità e servizi sociali
_ morte: 12
– Industria tessile e abbigliamento
_ morte: 4
Alberghi e ristoranti
_ morte: 10
– Altri servizi pubblici
_ morte: 8
– Attività immobiliari e servizi alle imprese
_ morte: 16
– Industria alimentare
_ morte: 5
– Commercio
_ morte: 11
– Trasporti e comunicazioni
_ morte: 4
– Agricoltura
_ morte: 3
– Altri
_ morte: 26

di questi {{47 sono avvenuti sul luogo di lavoro}} e {{52 nel tragitto da casa al lavoro o viceversa}}.

Con la crescita dell’occupazione femminile, che in cinque anni ha registrato un incremento di circa 700.000 unità superando nel 2006 i 9 milioni di donne occupate, gli incidenti sono passati dai 243.740 del 2001 ai 249.500 del 2006, con un {{costante aumento degli infortuni in itinere}}, ovvero quelli avvenuti lungo il tragitto tra casa e posto di lavoro.

{{In diminuzione invece le morti bianche}}, che nel 2006 sono state 99 contro le 127 del 2001 rappresentando il {{7,4% del totale}} degli infortuni avvenuti nel nostro paese.

{{La fascia d’età più colpita è quella tra i 35 e i 49 anni}}, che conta quasi la metà degli infortuni occorsi alle donne e delle quasi cento morti bianche del 2006. In questa classe d’età gli infortuni al femminile costituiscono il 28% del totale e la quota sale al 31% classe 50-64 anni, mentre scende al 24% per le giovani al di sotto dei 35 anni.
_ Sul piano territoriale, invece, {{oltre il 60% degli infortuni femminili si verifica nel Nord del Paese}}, dove tra l’altro sono presenti i più grandi distretti industriali.

Sono stati {{20.683 gli infortuni sul lavoro che hanno colpito lavoratrici straniere}} nel 2006. Le più colpite sono state le romene con 2.909 incidenti, le marocchine con 2.370 e le albanesi con 1.809. Diverso il caso delle donne ucraine, che hanno registrato meno incidenti sul lavoro (845), ma più dei loro connazionali uomini (esattamente il 52,6% del totale).

Secondo i dati Eurostat, che si fermano però al 2004 ed escludono gli infortuni con assenza dal lavoro inferiore a 4 giorni e quelli avvenuti lungo il tragitto casa lavoro, in Italia si infortunano 1.554 donne ogni 100mila occupate: meno della Spagna, della Francia e della Germania, ma più della Grecia e del Regno Unito, Paese che però presenta livelli costanti di sottodenuncia.

L’INAIL intanto annuncia una novità. Sarà presto presente sul [sito istituzionale->http://www.inail.it] una {{banca dati}} articolata in due aree tematiche: “donna, lavoro e società” e “donna, rischi e danni da lavoro”.
Si tratta di un nuovo strumento informativo che, oltre alla gran mole di dati infortunistici rilevati dalle basi dati dell’Istituto, prevede l’utilizzo di flussi informativi
provenienti da altre fonti statistiche ufficiali, principalmente ISTAT
e INPS.
L’obiettivo è quello di comporre un quadro d’insieme ed impostare le basi per un’analisi
articolata e significativa del mondo femminile nel contesto socio-economico e sanitario
nazionale.