La scelta del sindaco di Montalto di finanziare la difesa dei ragazzi imputati di violenza sessuale di gruppo appare come l’ennesimo episodio di cecità istuzionale, di appoggio incosciente e incondizionato da parte del potere patriarcale (si può definire così un esecutivo tutto al maschile, sindaco e giunta?) alla violenza, anche questa effetto della cultura patriarcale.Non basta il richiamo alla Costituzione per rendere la sua una scelta legittima, come “applicazione del principio di presunzione d’innocenza”: esiste il gratuito patrocinio a spese dello Stato a garantire questo diritto, qualora fosse necessario, e il sindaco questo dovrebbe saperlo.

In ogni caso, anche qualora mancassero le condizioni per il gratuito patrocinio, non è certo la collettività a potersi far carico, neanche con un prestito temporaneo, di assicurare un “buon avvocato” a chi, dopo aver commesso un gravissimo atto di violenza nei confronti di un’altra giovane persona, minorenne anch’ella, non mostra neanche consapevolezza della gravità dell’abuso consumato.

Ma il quesito è un altro: chi da voce al diritto fondamentale alla pari dignità sociale, senza distinzioni di sesso, delle donne, specialmodo di quelle che subiscono violenza ?
_ La scelta, compiuta dal Sindaco, da chi rappresenta la collettività, agisce in senso contrario infangando la dignità della ragazza vittima dello stupro di gruppo e di tutte le donne che, avendo subito violenza, trovano il coraggio di denunciarla: egli, davanti a un gravissimo episodio di violenza di gruppo, davanti alla totale impassibilità dei giovani maschi dopo aver commesso un atto terribile di sopraffazione, davanti all’arroganza del gruppo nel rivittimizzare doppiamente la ragazza, quando trova il coraggio di denunciare, liquidandola come una facile e bugiarda, perché “Era un gioco, lei ci stava, era ubriaca fradicia, non è una santarellina. Aveva la minigonna nera e ci ha provocati”.

Davanti a tutto ciò {{il sindaco, che per primo, anche solo come uomo, avrebbe dovuto condannare quelle parole arroganti e prepotenti}}, che esprimono nel modo più becero le vecchie giustificazioni machiste, già troppo spesso sentite, di “naturale incontinenza del desiderio a fronte della provocazione femminile”, e che avrebbe dovuto letteralmente mobilitarsi seduta stante perché quegli atti non fossero presi a modello dagli altri adolescenti del paese, promuovendo vaste campagne di sensibilizzazione contro le discriminazioni di genere nelle scuole, quello stesso sindaco, intervistato, alla domanda se aveva conosciuto la ragazza, se le aveva espresso la sua solidarietà ( al giornalista forse sembrava quasi ovvio che lo avesse fatto….), lui laconico, taglia corto: «Non la conosco, non l’ho mai vista in faccia. Non mi ha mai chiesto niente». E si dà invece da fare per trovare i soldi per una difesa a questi giovani ….forse voleva premurarsi di ottenere una difesa migliore di quella che garantirebbe lo Stato, per far contenti i genitori ? Davanti a una violenza certa e non presunta ? Forse che ottenere un buon risultato al processo contribuisce alla rieducazione ?

{{Non basterà una mera ritrattazione}} per porre a tacere gli interrogativi che questa vicenda solleva: come sottolineato dalla Ministra Pollastrini “il Comune deve assumere una funzione pedagogica nei confronti della sua comunità, quei soldi avrebbe fatto meglio a impegnarli per un’azione a favore della vittima e per costituirsi parte civile al processo”.

Forse il problema è che spesso, soprattutto nelle piccole comunità, la violenza di genere non viene riconosciuta come tale, dal palpeggiamento allo stupro al femminicidio: si preferisce razionalizzare, andando sempre a cercare un movente, un particolare attenuante, spostando l’attenzione su problemi “altri”, in ogni non cogliendo mai il disagio di fondo, quel substrato culturale, quel retaggio patriarcale difficile a scalfirsi, che consente succedano questi casi, che fa sì che venga naturale non relazionarsi con le vittime da parte delle istituzioni, se queste in silenzio aspettano giustizia.
Il caso “Montalto” è emblematico di quello che può succedere se si chiudono gli occhi davanti alla violenza sulle donne, se i primi a farlo sono le istituzioni: quando si ha uno stupro di gruppo non lo si può trattare come un problema privato, facendo fronte agli interessi dei singoli, esso deve essere affrontato nella dimensione pubblica attraverso una pronta attivazione da parte delle istituzioni, volta ad incidere profondamente sul tessuto sociale, culturale, ed istituzionale perché “la promozione e la tutela dei diritti delle donne sono requisiti fondamentali per costruire una vera e propria democrazia”,e questo è un impegno che riguarda tutta la comunità, e che noi come donne abbiamo il diritto, anzi il dovere, di pretendere che venga effettivamente preso in carico, con l’obbiettivo di sradicare prassi discriminatorie diffuse anche tra le Istituzioni stesse –questo ne è l’ennesimo esempio – , e consentire il concreto avanzamento dei Diritti delle Donne. Garantire le pari opportunità significa garantire alle donne il diritto a vivere liberamente il proprio corpo e la propria sessualità, senza dover temere di essere stuprate, umiliate, incolpate di essere facili, abbandonate a sé stesse; garantire le pari opportunità significa anche che le istituzioni devono assicurare una pronta risposta alle donne che denunciano violenze, o che vogliono uscire da situazioni difficili …Ma se le istituzioni sono rappresentate da uomini intrisi essi stessi di quella cultura dalla quale le dovrebbero liberare, questo è possibile ? Non è forse significativo il fatto che le prime ad essersi mobilitate siano state tutte parlamentari donne …?