La nascita del movimento delle donne, le loro pratiche politiche autonome, il loro diverso modo di vedere le cose e di proporre soluzioni: un pannello da riscrivere se la mostra verrà riproposta in altre città. Il 20 gennaio si è chiusa la mostra [“Donne che hanno fatto l’Italia->https://www.womenews.net/spip3/ecrire/?exec=articles_edit&id_article=9630]” allestita a Roma al Vittoriano. Sono riuscita ad andarci solo l’ultimo giorno; sapevo che erano stati richiesti documenti anche all’Archivio Centrale dell’Udi e ad Archivia ed ero tra l’altro curiosa di vedere l’utilizzo che ne era stato fatto.

Non ho trovato neanche un catalogo per la consultazione né un dépliant; mi è stato detto che erano finiti. Ne parlo dunque fidando nella memoria.

Ho cominciato a visitare la mostra nelle sue varie articolazioni e a leggere i pannelli esplicativi. La prima sezione presenta, attraverso fotografie, pitture, giornali, cimeli e vestiti, {{figure di spicco del nostro Risorgimento. }}

Si passa poi alle {{“Protagoniste” dai primi decenni dell’Unità fino ad arrivare ai nostri giorni}}: tante monadi, fuori dal contesto delle relazioni politiche che pure spesso avevano con altre donne e con i loro movimenti.

La terza sezione, la più ampia di tutte, è intitolata{{ “Le prime”}} e propone {{molte figure femminili}} che per prime hanno ottenuto risultati in vari campi, politica, cultura, sport… o hanno fatto gesti, come {{Franca Viola}}, che hanno interrotto consuetudini di subalternità e violenza, diventando esempi virtuosi. C’è un pannello dedicato alle Costituenti e alcune sezioni che sinteticamente presentano realtà femminili legate soprattutto ma non solo al mondo del lavoro: le mondine, le tabacchine, le balie, le crocerossine, le religiose…

Uno spazio con alcune opere in verità molto belle è dedicato alle artiste, tra cui {{Antonietta Raphael, Bice Lazzari, Carla Accardi, Maria Lai, Daphne Casorati}}.

Sono arrivata infine davanti ad un piccolo spazio che aveva come titolo {{“Donne insieme}}” dove ho riconosciuto alle pareti e in bacheca documenti, opuscoli, illustrazioni che sono testimonianza della storia sia dell’Udi che del neofemminismo. Comincio a leggere il pannello relativo e a un certo punto trovo scritto: “All’interno del Partito Comunista Italiano si genera una organizzazione a sé stante ad esse dedicata, l’{{Unione delle Donne Italiane}} (nata a Roma nel 1944)….” Non è la prima volta che mi trovo di fronte a {{grossolani errori storici }} quando si tratta della storia delle donne e dell’Udi in particolare, ma veramente non mi aspettavo che si potesse arrivare a questi livelli. I documenti, le testimonianze, i fatti dicono che l’Udi è nata per ferma volontà delle donne che si erano impegnate nell’esperienza dura della Resistenza e della lotta per la Liberazione, quindi comuniste, socialiste, repubblicane, liberali, laiche e cattoliche. Sul {{neofemminismo}}, poi, mi sono trovata di fronte a poche righe con i nomi solo dei primissimi gruppi tra cui il Demau.

Sono uscita dalla mostra con la sensazione di aver visto una assai {{discutibile rappresentazione delle donne nei primi150 anni di Unità}}: marginali o assenti i soggetti politici collettivi che hanno nella realtà dei fatti determinato cambiamenti profondi nel nostro Paese. Come se questi cambiamenti –che pure ho trovato elencati in un grande pannello- fossero{{ una elargizione gratuita}} della Storia! Risulta perciò fragile in questa struttura espositiva quella che a mio avviso è l’ossatura portante del protagonismo femminile nell’arco temporale preso in esame: la nascita del movimento delle donne, le loro pratiche politiche autonome, il loro diverso modo di vedere le cose e di proporre soluzioni.

So che è stato chiesto dagli organizzatori della esposizione sia all’Archivio Centrale dell’Udi sia ad Archivia di poter continuare ad utilizzare i documenti per una riproposizione della mostra in altre città: secondo me sarebbe bene acconsentire a questa richiesta a condizione che, esplicitate le perplessità, venga almeno {{riscritto e ampliato }} il succitato pannello.