Riprendiamo dal sito www.noidonne.org l’appello a firmare la seguente proposta di “promuovere un’operazione di visibilità della figura femminile sul piano linguistico attraverso l’adozione ufficiale dell’uso del genere femminile per le cariche istituzionali per tutti i ruoli e professioni ricoperte da donne”. L’accesso delle donne a nuove attività, professioni e posizioni istituzionali e la loro conquista di ruoli tradizionalmente occupati dagli uomini rappresentano un passo decisivo, anche se non definitivo, verso il raggiungimento della parità tra uomini e donne sulla scala sociale, politica e economica.

Questo {{percorso ascendente della figura femminile non è rispecchiato, finora, nelle strutture della lingua italiana.}}
_ In altre lingue l’adeguamento ha fatto notevoli passi avanti.

Ci si sofferma qui su pochi esempi, provenienti da un {{ambiente, come quello universitario}}, dove pure la sensibilità al problema dovrebbe essere più pronta: nelle Università tedesche si usa Dekanin per una donna che sia decana, mentre nei documenti burocratici italiani s’incontra solo Decano; se nel linguaggio corrente a scuola è comune nominare la Preside, nelle Facoltà universitarie, anche quando la funzione è affidata a una donna, si preferisce dire il Preside.

Specialmente {{nel campo delle professioni il prestigio sembra legato solo alla forma maschile}}: se nessuno esita a usare i termini infermiera o ragioniera, l’introduzione del termine ingegnera (che appartiene allo stesso tipo di formazione suffissale) suscita un generale rifiuto.

{{In ambito istituzionale}} la declinazione delle cariche al femminile (sindaca, ministra, assessora), già oggetto di esplicito pronunciamento ufficiale in altri stati europei (v. Francia), non è regolamentata ed è lasciata alla responsabilità individuale di Comuni, Province e Regioni (v. {{Statuto del Comune di Pisa}}, art. 3.12 “In tutti gli atti del Comune si deve utilizzare un linguaggio non discriminante. In particolare sono espresse al femminile le denominazioni degli incarichi e delle funzioni amministrative del Comune ricoperte da donne”). In sintesi, in ambito italiano si osserva solo un’ulteriore apertura di quell’ombrello androcentrico che tradizionalmente raccoglie le donne quando non rientrano nel panorama tradizionale legato allo stereotipo femminile.

{{L’oscuramento linguistico della figura professionale e istituzionale femminile}} ha come conseguenza la sua non-comunicazione e, in sostanza, la sua ‘negazione’.

Le esitazioni puntualmente provocate da qualsiasi sporadico tentativo di “cambiare la lingua” per definire i nuovi ruoli delle donne a livello di comunicazione sia istituzionale sia individuale e quotidiano, per quanto si dichiari l’assenza di intenzioni discriminatorie, rivelano in sostanza un’ancora {{diffusa diffidenza}} ad accettare il riconoscimento di uno status sociale di piena dignità socio-professionale per le donne e, in termini più generali, una profonda resistenza a mutare i modelli di genere tradizionali.

Sulla questione, già denunciata vent’anni fa dalle {{[Raccomandazioni per un uso non sessista della lingua italiana->http://www.innovazionepa.it/dipartimento/docs_pdf/linguaggio_non_sessista.pdf] (A. Sabatini, 1987),}} si sono accumulate via via nuove e forti istanze, provenienti da programmi comunitari e azioni governative, progetti di ricerca (es. {{[Polite->http://www.raffaellodocenti.it/polite.asp]}}), dibattiti e seminari sulla comunicazione delle donne (es. {{[COMPA->http://www.compa.it/]}}, Bologna novembre 2006), e financo sporadiche dichiarazioni in sede ufficiale (v. i recenti interventi della Senatrice Menapace, 4ª Commissione permanente, seduta n. 57 del 03/04/2007). Recentemente {{l’Unità di Traduzione Italiana della Commissione Europea}}, recependo alcune indicazioni fornite in un seminario di formazione (C. Robustelli, [Il genere femminile nell’italiano di oggi: norme e uso/The Feminine Gender in Today’s Italian: Rules and Use->http://reterei.eu/italiano/genere_femminile.ppt], Bruxelles, 5.6.07 disponibile in formato power point) ha accolto la proposta di promuovere l’uso del femminile per alcune cariche ricoperte da donne.

In considerazione di quanto sopra, e in osservanza a quanto più volte ribadito a partire dalla Conferenza Intergovernativa di Pechino, dalla Direttiva del Consiglio dei Ministri 27.3.1997, dal V Programma di Azione Comunitaria Azioni a sostegno dell’applicazione del mainstreaming e della diffusione di una cultura delle Pari Opportunità tra uomini e donne, fino alla recente [Direttiva sulle misure per attuare parità e pari opportunità tra uomini e donne nelle amministrazioni pubbliche->http://www.pariopportunita.gov.it/Pari_Opportunita/UserFiles/PrimoPiano/direttiva%20pari%20opportunit%C3%A0%20ultima%20versione.pdf] (24.5.2007), sembra ormai {{irrinunciabile un intervento da parte delle istituzioni}} che sancisca l’esigenza, in sede ufficiale e istituzionale, di un uso della lingua rispettoso dell’identità di genere.

Nasce da queste convinzioni la presente {{Proposta di promuovere un’operazione di visibilità della figura femminile sul piano linguistico }}attraverso l’adozione ufficiale dell’uso del genere femminile per le cariche istituzionali e per tutti i ruoli e professioni ricoperte da donne.

– E’ possibile [sottoscrivere questo appello->http://www.noidonne.org/index.php?op=appello&app=appello_ministra] dal sito di Noidonne