Da sinistra:  Linda Laura Sabbadini, Chiara Valentini, Cristiana di San Marzano e Dacia Maraini

Lunedì 8 ottobre 2018 alle ore 18,30 in Via Pietro Calvi, 29  discutiamo con Dacia Maraini e Chiara Valentini dei favolosi anni Sessanta nei quali le donne sono state attive protagoniste.

Luisa Muraro

Introduce Luisa Muraro. Si parte da un testo di autrici varie (Mulino), appartenenti al gruppo Controparola .

  Il gruppo di Controparola è nato nel 1992.  COSI’ SI RACCONTANO –  All’inizio eravamo una manciata di giornaliste e scrittrici appassionate a un argomento che, allora come oggi, ci sta molto a cuore: donne e comunicazione. Una domanda a cui volevamo rispondere e un terreno su cui volevamo far sentire la nostra presenza era quello tanto dibattuto e mai risolto dell’immagine femminile, della sua centralità nel mondo della comunicazione e anche della sua manipolazione, del totale arbitrio con cui giornali, televisione e rotocalchi ci restituiscono la figura della donna. Contemporanemente un’altra domanda ritornava nelle nostre discussioni: cosa sta accadendo in una professione i cui ranglhi ormai sono segnati da una presenza femminile sempre piú cospicua?

Insomma eravamo spesso in disaccordo col modo in cui i mass media affrontavano la questione «donna». E cosí a volte ci siamo impegnate con alcune nostre uscite a sensibilizzare la pubblica attenzione. Per esempio, abbiamo cercato, con una conferenza stampa e una manifestazione, di sollecitare giornali e televisione a occuparsi del regime di intolleranza misogina dell’Afghanistan quando ancora assai poco si parlava delle pesanti limitazioni alla libertà femminile in quel paese. E, ancora, per sottolineare l’orrore degli stupri in Bosnia abbiamo chiesto che l’otto per mille – una percentuale delle tasse che può essere versata sia allo stato sia alla Chiesa cattolica o ad altre confessioni presenti nel nostro paese – per quell’anno non venisse dato alla Chiesa. Volevamo, in quel modo un po’ estremo, protestare contro la posizione del papa, che aveva ammonito le donne vittime dello stupro etnico a non ricorrere in nessun caso all’aborto. Non meno polemica l’iniziativa sulla prostituzione: Controparola aveva indirizzato una lettera aperta ai clienti perché si rendessero conto di essere oggettivamente complici di quella che è ormai una moderna forma di schiavitù.

Ma sentivamo anche il bisogno di costruire qualcosa che andasse al di là delle proteste immediate. Ed è maturata tra di noi l’idea di un libro Piccole italiane, dove abbiamo ricostruito la storia delle donne durante il fascismo. Perché questa scelta? Tutto è cominciato con quello che avevamo ritenuto un vero e proprio schiaffo alle donne vissute negli anni neri. Qualcuno infatti aveva addirittura sostenuto che «Mussolini era stato l’unico uomo di governo che aveva fatto qualcosa per le donne». E per questa ragione ci eravamo impegnate a documentare le prevaricazione del regime verso il mondo femminile in un libro che voleva essere anche un manuale per le piú giovani, mettendo in parallelo alla storia delle donne la cronologia del ventennio.

E’ stato illuminante prima di tutto per noi stesse ripercorrere questo aspetto poco raccontato del fascismo. Dopo un’ambigua apertura iniziale, il regime aveva subito messo il bavaglio alla piú importante rivendicazione di quegli anni, il voto alle donne – che arriverà in porto solo alla fine della seconda guerra mondiale – e poi era via via intervenuto con provvedimenti che oggi ci sembrano inverosimili: per esempio il divieto per le donne di insegnare lettere classiche, storia e filosofia nelle classi superiori e il raddoppio delle tasse scolastiche per le studentesse. Erano alcuni aspetti di una politica concentrata a ridimensionare la libertà e l’autorevolezza femminili, che nei primi vent’anni del secolo aveva praticato un’avanguardia di donne. Contro quel primo tentativo di modernizzazione, che aveva allarmato non poco la società maschile nel suo complesso, Mussolini si era impegnato a rimettere le donne nei ranghi. Da un lato il lavoro femminile, durante il ventennio, veniva scoraggiato in ogni forma (a partire dal ’27 i salari femminili furono dimezzati per decreto). Dall’altro lato la propaganda del regime ripeteva fino alla nausea che le donne dovevano essere prima di tutto spose e madri, anzi «fattrici». E che qualsiasi loro intervento nel mondo delle parole, della politica, delle professioni era da considerarsi una perversione («La donna è del marito ed è quel che è in quanto è di lui», amava ripetere il massimo ideologo del regime, il filosofo Giovanni Gentile). Intanto il codice penale del ’31, il codice Rocco, il codice civile del ’42, in perfetta sintonia con queste idee, riproponevano la potestà maritale e la patria potestà, criminalizzavano l’aborto e la propaganda anticoncezionale, davano in pratica licenza di uccidere al marito tradito con le attenuanti per il delitto d’onore. Una norma che sarà eliminata solo nell’ultima parte del secolo, addirittura nel 1981.

E’ difficile, se non si tiene conto di quanto il fascismo abbia ribadito in tutti i modi la subalternità della donna, capire le ragioni di difficoltà e ritardi che le italiane hanno continuato a scontare praticamente fino ai nostri giorni. Difficile anche capire perché in Italia, al contrario di molti altri paesi europei, si sia smarrita la memoria storica di quel femminismo emancipazionista che il regime aveva cercato in ogni modo di cancellare e che nel primo ventennio del Novecento aveva portato alla nostra ribalta donne importanti come Anna Maria Mozzoni o Anna Kuliscioff o Maria Montessori.

Sono appunto queste le «grandi madri» che abbiamo incontrato per prime quando, due anni fa, abbiamo deciso di riprendere e completare, attorno al nucleo di Piccole italiane e seguendone la stessa struttura, il nostro viaggio attraverso il secolo ne Il Novecento delle italiane. E’ un libro che vuole essere, come il precedente, un manuale di consultazione ma anche un’occasione per riflettere sulla storia del nostro paese, sullo stato delle leggi che riguardano le donne, sul peso delle abitudini e del costume, sul protagonismo femminile e sull’immagine che ne hanno riflesso i media. Nonostante i molti studi specialistici «di genere», scarseggiano in Itaha le panoramiche complessive di quello che forse con troppo ottimismo è stato definito «il secolo delle donne». Sia pure in modo spesso frammentario e volutamente cronachistico abbiamo provato a misurarci con un materiale enorme e non ancora abbastanza indagato.

L’iniziativa è organizzata dalla  Libreria delle donne di Milano  e dal  Circolo della rosa – Tel.0270006265

info@libreriadelledonne.it www.libreriadelledonne.it