{{Milano, sabato mattina}}: vado a iscrivermi alla prima lezione di Università Migrante, al Circolo Arci di via Oglio. Il corso – organizzato dall’Associazione Todo Cambia che si propone di “favorire l’incontro e la conoscenza tra cittadini immigrati e nativi” – s’inoltrerà negli oscuri meandri del razzismo e delle identità.{{ “Andiamo a caccia di fantasmi: laboratorio sulle manifestazioni del razzismo”}} è il titolo di uno degli incontri in programma a dicembre. È bello vedere che c’è un bel numero di persone a iscriversi. Contro l’indifferenza, contro l’intolleranza, contro la paura costruita ad arte.

{{Milano, domenica, ore 6 del mattino}}: in via Zuretti i titolari di un bar sprangano a morte Abdul detto Abba, un giovane di 19 anni, perché ha “rubato”, ma poi si saprà che l’ipotetica refurtiva è un pacco di biscotti. Abdul è italiano ma è anche originario del Burkina Faso. Abdul è nero. Lo hanno ucciso gridandogli “sporco negro”, come se fossimo nel sud razzista e primatista degli Stati Uniti. Chi è, {{qual è il fantasma che i due sciagurati assassini, padre e figlio, hanno inseguito e ucciso}}? Chi l’ha messo nella loro mente?

{{Venezia, domenica}}{{: la Lega celebra i propri grotteschi fasti}}, i propri deliranti riti che parlano di suolo e di sangue, di razze e di odio. Uomini che incredibili vicende politiche hanno condotto fino alle massime istituzioni di questo paese – sull’onda di un consenso servile, cieco e populista che già in passato premiò vergognose dittature, come del resto accadde in Germania – incitano pubblicamente e ufficialmente alla “tolleranza zero”, cioè all’odio per lo straniero, per il nomade, per il diverso.

Ecco chi ha messo quei fantasmi nella mente dei titolari del bar milanese, e nella mente di chi bruciò le tende dei nomadi a Opera, e di chi appiccò il fuoco nel campo rom di Ponticelli, e di chi ha aggredito due gay a Roma, e di chi ha picchiato e umiliato un gruppo di rom in quel di Verona…

{{Com’è facile e furbo far divampare gli incendi identitari e razzisti, per mimetizzare le crisi economiche}}. Com’è facile far credere al cittadino impoverito e spaventato che la colpa dei suoi guai è l’immigrato che arriva dal mare in cerca di lavoro. Spostare l’attenzione dai veri responsabili – manager truffatori e incompetenti, politici corrotti – agli incolpevoli “ultimi della terra”, vittime del colonialismo prima e del razzismo poi.

{{La costruzione di questi lager ideologici}}, volti a salvare sempre e comunque le caste al potere, funziona sempre. Anche in ex Jugoslavia la guerra “etnica” divampò nel momento in cui l’economia serba stava andando in pezzi. Il meccanismo è vecchio, ma quanti continuano a non capirlo, a farsi intrappolare? Forse anche perché non si sente abbastanza forte, abbastanza sincera una voce alternativa? C’è chi ha tralasciato, chi ha minimizzato, chi ha aspettato veramente troppo per lanciare un allarme.

{{Non so più cosa dire a mio figlio che vuole andarsene dall’Italia}}, perché il disagio di vivere in un paese come questo è troppo soverchiante. Sogna i paesi nordici dove il livello di civiltà è incomparabile, nelle regole e nei fatti. Di solito gli ribatto che sarebbe bene restare qui a combattere per cambiare le cose, ma alla fine non ho molti argomenti quando polemicamente lui chiede “dove, con chi, con quale concreta speranza?”. Molti suoi amici la pensano come lui. Forse stiamo assistendo all’inizio di un’emigrazione di nuovo tipo.

Ora, dopo questa nuova, terribile tragedia, certo si diranno cose, si udranno voci, si faranno manifestazioni, almeno lo spero. Ma quello in cui spero veramente è che si moltiplichino {{iniziative di sensibilizzazione profonda, iniziative di dialogo e di incontro che siano strutturali, permanenti, diffuse sul territorio}}, e non ci si svegli sempre solo sull’onda dell’emergenza.

E spero ancora di più che{{ i gruppi di donne che ancora esistono rompano il silenzio per riprendere a lavorare insieme almeno su questo terreno}}, senza particolarismi assurdi, dato che{{ il pericolo è grande, e ancora più grande e urgente è la necessità di riprendersi uno spazio pubblico autogestito dove abbia voce e presenza un’altra idea di città, di società, di civiltà.}} Un’idea di futuro meticcio, solidale, plurale, nonviolento. Un’idea disegnata anche e soprattutto dalla presenza attiva e pensante del femminile, come non è mai avvenuto.