Avevo appena finito di leggere l’ultimo lavoro di Chiara Ingrao “{Oltre il ponte}” edito da Ediesse quando – ritornata a Roma – ho partecipato ad alcuni incontri alla Casa Internazionale delle Donne e nella sede dell’UDI Nazionale. In mente alcune frasi del libro utili per una inter-azione tra ciò che ho ascoltato e ciò che andavo pensando.Per questo gioco mentale mi è servita soprattutto una frase, riportata da Chiara, di {{Rada Ivekovic}}. Ricordo a memoria: sul piano simbolico, le donne rappresentano più degli uomini uno spazio dove avviene l’incontro, la mescolanza, l’incrocio, la contaminazione…questo mischiarsi che le donne accettano, creano e rappresentano è ciò che viene combattuto da chi vuole ridefinire la propria origine, distruggendo l’altra/o. Si distrugge il corpo, se ne seppellisce il nome ma, non ciò che l’altro/a ha pensato, fatto, scritto, creato. Questo diventa avido bottino. {{Un gesto di spogliazione…di predazione…un gesto di morte }} per appropriarsi della forza dell’altro/a. Per poter dire: nasce da me! E’ mio il potere creativo! Sono io il principio! La follia dell’onnipotenza che azzera la saggezza del limite. Questa pratica sociale, politica e culturale ci cancella. Cancella la nostra Storia. Cancella la nostra identità individuale e collettiva.

Questa cultura, così maschile, spesso ha fatto breccia anche tra le donne che fanno politica. E questa, come una lugubre Eco, risuona a volte nei nostri incontri. Per fortuna una pratica sempre più desueta!

{{Chi si accinge a narrare la propria storia, che è anche storia di altre/i, non fa un’operazione facile.}} Il proprio vissuto entra profondamente nel dare conto, nel raccontare tutto quello che si è fatto assieme ad altre/i come atto creativo dell’agire.
Raccontare un fatto politico lo si può fare da protagonista. Lo si può fare da osservatrice. Da chi ha conflitto con chi è stata protagonista. Da chi ha aderito con capacità critica all’accadimento… Ognuna di noi ha il privilegio però di aver vissuto in modi, luoghi e tempi diversi tutte queste situazioni. Una esperienza plurale che non può essere dimenticata nel narrare un evento.

Dunque, {{costruire memoria attraverso la narrazione}}, in una realtà così poliedrica e frammentata come quella femminista, non è cosa facile. Quante volte ci siamo stupite per fatti di cui non eravamo venute a conoscenza? Quante esperienze, simili alle nostre, fatte da altre senza che ci fosse stata tra di noi una qualsiasi comunicazione? E lo stupirci per questo, dicendo che la cosa era nell’aria.
Serve la consapevolezza di un dato oggettivo: {{le nostre azioni, i nostri pensieri non nascono con noi ma hanno sicuramente radici in altro da noi }} ( ecco perché a volte in situazioni e luoghi diversi nascono cose simili). Noi possiamo interpretarle, ripensarle, adeguarle alla nostra realtà, arricchirle.. perché il pensiero è parola e in quanto tale comunicazione e relazioni che si sono intrecciate in tempi e spazi a volte molto distanti e diversi tra loro.

{{Chiara}} , parlando di maternità, di lavoro, di conflitti e di guerre, ma anche di diritti in un ricordo che va dal 1976 a dieci anni fa , ci riesce. Un’affermazione azzardata? Forse. La prova del nove per una affermazione del genere? Pagina dopo pagina ho ricostruito anche la mia memoria. Un gioco di specchi, anche se sfalsati, che dà identità. Una ricostruzione che non cancella altre o altri perché parte da sé. Chiara ricorda che sono pensieri di{{ una femminista di frontiera }} che si è confrontata-scontrata con la realtà che andava vivendo.

{{Chiara Ingrao}}, {Oltre il ponte}.{ Pensieri di una femminista di frontiera, 1976-2001}, Ediesse, Roma 2012