Riceviamo e pubblichiamo, con il consenso dell’autrice, questa lettera alla rete delle donne di Bologna che entra anche nei “nostri” pensieri e discorsi di dolore e di impotenza. Care amiche, entro anch’io nei vostri discorsi di dolore e impotenza.

Credo che non sia sopportabile, neppure psicologicamente, la sovrapposizione di due argomenti come la laicità e lo strazio della guerra, soprattutto se li argomentiamo come donne.

{{Davanti alla fede religiosa}}: anche a me – che credo che dio sia uno solo, a prescindere dai nomi con cui è nominato – è sembrato perfino bella la preghiera islamica nella nostra piazza. Credo che, se anche noi donne diventeremo competitive, non ci perderemo a competere su come si può pregare nei differenti contesti. Ma è stato “normale” (e sembra che lo sia ancora) per usare il diritto di proprietà anche del nome di dio e, soprattutto, della verità; è così che ci sono state le guerre di religione.

Noi donne, vittime o complici, {{non esistiamo neppure dentro le logiche di potere delle religioni}}: non c’erano le islamiche in Piazza maggiore, e nessuna cattolica può guidare la preghiera nella sua chiesa. In astratto saremmo le migliori artefici di un regime di laicità. Ma nessuno accoglie le riflessioni delle teologhe femministe.

Anche {{su ciò che è accaduto/accade a Gaza ci sono distinzioni da fare}}.

{{Primo:}} si deve dolorosamente “prendere atto” dell’incapacità di tutti i poteri internazionale di risolvere un conflitto in atto da 62 anni.

{{Secondo}}: questo attacco, come gli altri, era prevedibile, quindi “{{prevenibile}}”; ma nessuno, né la diplomazia né le leadership pacifiste riescono a fare prevenzione di nessun conflitto.

{{Terzo:}} quando c’è già la guerra e non c’è più rimedio, si può agire con la solidarietà e l’assistenza alle vittime e/o fare agire la politica.

{{Quarto}}: la politica non può che essere mediazione e non può prendere posizione “a fianco” di una sola parte, perché significa assumere la {{logica amico/nemico}} e schierarsi: non aiuta perché si deve arrivare a proposte condivise.

{{Quinto (e più importante):}} è assolutamente {{vietata l’ignoranza}}. Per esempio, boicottare i commerci è una misura possibile, contestare il commerciante ebreo è da idioti perché l’ebreo è un cittadino italiano.

I cinque punti sono tutti {{“neutri”}} e le donne vivono {{un’impotenza in più}}: anche le più femministe di noi firmano i documenti comuni e vanno alle manifestazioni comuni. Eppure c’è tutta una letteratura di donne che ragionano sulla guerra, sui problemi internazionali e perfino sull’etica re sulla teologia. {{Manca – dispiace doverlo riconoscere – una “politica delle donne”.}} Che è tutta da inventare”.