3155_710a094f68f2c7c“Qual è il suo artista preferito?” «Moi-même»! Ovvero me stessa, risponde spavalda nel 1888 la scultrice Camille Claudel. Ha 24 anni, vive a Parigi, disegna e soprattutto scolpisce da quando era bambina, lavora ogni materiale, la terracotta, il marmo, il gesso… la scultura è la sua ragione di vita. Ha frequentato l’Accademia e il gabinetto di Anatomia del museo di storia naturale. Ha già incontrato Auguste Rodin, il maestro molto più anziano di lei con cui ha una storia d’amore che si interrompe dieci anni dopo.

Mademoiselle Camille Claudel e Moi è il titolo del libro denso e appassionato della studiosa Chiara Pasetti che dopo aver visto, nel 2013, una mostra di sculture di Camille ad Avignone all’interno dell’ospedale psichiatrico di Montfavet dove è morta, ha tradotto per il suo libro, che contiene molto altro materiale, alcuni testi scritti su di lei negli anni in cui era in auge, testi finora inediti da noi. Pasetti segue Camille passo passo e ne ricostruisce la vita non riducendola a essere “l’amante di Rodin”, come si è detto per anni: nel 1898 la scultrice va a vivere da sola, ha già esposto e venduto molte opere, anche ai pubblici musei e ha sempre un legame stretto con il fratello minore Paul, un poeta che diventerà ambasciatore. Ha ancora successo, parlano di lei critici d’arte, scrittori celebrati come Octave Mirbeau che di fronte alle sue opere scrive di trovarsi di fronte “a qualcosa di unico, una rivolta della natura, la donna di genio”. Questa donna libera e creativa, definita “rivolta della natura” a causa del suo genio, qualche anno dopo comincia a isolarsi. I suoi leggendari occhi blue sono sempre splendenti, ma Camille smette di curare il proprio aspetto. Il mondo dell’arte, che l’aveva osannata, la abbandona, come del resto la famiglia.

La storia è oggi abbastanza nota e i francesi le hanno dedicato due film, uno nel 1988 con Isabelle Adjiani e Gérard Depardieu per la regia di bruno Nuytten, l’altro nel 2013 con Isabelle Binoche e la regia di Bruno Dumont. È il 1913 quando la madre e il fratello Paul la fanno ricoverare. Camille morirà in manicomio nel 1943, senza mai più creare opere d’arte. È lei stessa a non volere che le vengano forniti i materiali per scolpire. Eppure scrive ancora lettere molto lucide alla madre (che non andrà mai a trovarla), al fratello, ad alcuni amici. Da queste lettere Chiara Pasetti ha liberamente tratto un’opera teatrale intitolata Moi, contenuta nel suo libro, che ha debuttato a Genova in settembre con l’attrice Lisa Galantini all’interno dell’ex manicomio di Quarto. Il libro si conclude con fotografie di molte delle sue opere e anche di alcuni lavori di Rodin.  (Letteratemagazine n.187)

Chiara Pasetti, Mademoiselle Camille Claudel e Mio , Nino Aragno Editore,