La scelta di molti Paesi europei, tra cui l’Italia, di disertare la Conferenza di
Ginevra, organizzata dalle Nazioni unite sui temi del razzismo e della xenofobia,
rivela una volta di più l’asfissia strategica dell’Unione europea e la sua
persistente dipendenza politica e geopolitica dagli Stati Uniti. La ragione addotta
da molte cancellerie europee per giustificare questa diserzione, con argomentazioni
in taluni casi segnate da una sorta di parossismo ideologico, è stato il timore che
i lavori della conferenza si concludessero con una condanna di Israele e della sua
politica contro i palestinesi.

Politica, quella israeliana, va chiarito, che ormai
non può essere giudicata, neanche in modo larvato e in termini di principio, per
quello che è in radice – cioè razzista, di occupazione, oppressione e persecuzione –
pena incorrere nella colpa di collusione con le aberrazioni negazioniste sulla Shoah
del presidente iraniano Ahmedinejad e di legittimarne così anche le pretese, per
altro, a ben vedere, assai meno aberranti, in campo nucleare.

Se non si vuole essere
accusati di antisemitismo, non si può dire nulla della politica del governo
israeliano, neanche dopo la spedizione punitiva contro Gaza, di pochi mesi fa, già
archiviata nei buchi neri della memoria occidentale.

{{Sono stati ovviamente gli Stati
Uniti}} a dare il via al boicottaggio dell'[appuntamento ginevrino->http://www.un.org/durbanreview2009/] ma i Paesi europei,
quelli che hanno fatto la stessa scelta, hanno poi superato in argomentazioni
ideologiche lo stesso Obama.

{{Il presidente americano}} infatti su altri tavoli, e per
altre vie, cerca molto pragmaticamente, un dialogo con l’Iran di Ahmedinejad e una
qualche via d’uscita dal mix micidiale che rende esplosiva la situazione
mediorientale. L’equazione, diventata ormai senso comune, che torce in direzione
dell’antisemitismo qualsiasi critica rivolta alle concrete scelte di Israele e dei
suoi governi, offre pretesti e alibi ai Paesi europei, per chiudere gli occhi di
fronte alle scelte della politica israeliana, ed è un ricatto, una camicia di forza
per tutti.

{{L’Europa ne è sempre più prigioniera}}, al punto di rendersi disponibile
allo svuotamento, che rischia di essere senza possibilità di ritorno, delle Nazioni
Unite. Nient’altro che questo è il significato della scelta di disertare la
conferenza di Ginevra: {{una scelta di delegittimazione e di sfiducia}}, che manda in
rottamazione la logica di fondo dell’Onu, cioè quel ricercare a tutti i costi la
mediazione, tentare e ritentare la strada della conciliazione, scontando debolezze
intrinseche, logiche incombenti di potere, dispositivi inibenti, a partire dal
diritto di veto, in sede di Consiglio di Sicurezza, delle potenze vincitrici della
Seconda Guerra Mondiale.
_ Scontando anche, per questo stato delle cose, l’inefficacia
di fatto di molte sue risoluzioni, come la storia dei rapporti tra Israele e
Palestina dimostra.

Ma l’Onu rimane una sorta di portale contro il vuoto del mondo,
estreme colonne d’Ercole, che è bene per tutti che rimangano e non vengano
smantellate.
_ Da riorganizzare, rafforzare, rilanciare, non indebolire.

L’Europa, per
la sua storia che non è stata certo un pranzo di gala, dovrebbe ben saperlo e ben
difendere quel farraginoso ma fragile organismo di presidio di quel po’ di
convivenza tra i popoli che oggi è possibile e da cui si può ripartire.
_ Se si vuole.

{{
La prima Conferenza contro il razzismo}} svoltasi nel 2001 nella città di Durban, in
Sudafrica, fu contrassegnata da tumulti contro Israele e la prima stesura del
documento per la conferenza di Ginevra conteneva espressioni verso quel Paese in
parte assai indigeste per il punto di vista occidentale, in parte fuori luogo, in
parte inaccettabili.
_ E allora?

Anche senza l’apporto delle diplomazie europee
assenti, le delegazioni presenti a Ginevra, tra cui quella vaticana, abituata da
sempre all’imperativo dell'{hic optime manebimus,} mai come in questo caso tuttavia
salutarmente laico, hanno lavorato, mediato limato, fino a ridurre tutto a un testo
finale mediamente asettico e indolore.
_ Di cui si vanta il ministro degli Esteri
francese Kouchner, tra i pochi europei che non hanno rotto le righe.
_ Il documento
finale non sposterà di una virgola niente ma non aggraverà neanche niente.

Che cosa
ci si può aspettare oggi in un mondo avvelenato dagli scontri di civiltà, dalle
guerre preventive di Bush, dalla frustrazioni di molti popoli di altri mondi – i Paesi arabi, in particolare, in questo caso – che ritengono che lo Stato israeliano
abbia usurpato le loro terre e trattato i loro connazionali come cittadini di
seconda categoria?

{{La percezione di che cosa sia il razzismo}} non è la stessa per
tutti e la misura di valutazione dei crimini internazionali è così diversa da caso a
caso che questa percezione si differenzia in maniera esponenziale. Se non si dice
niente contro quell’efferata operazione di punizione collettiva di un popolo che è
stata effettuata a Gaza, che cosa ci si può aspettare da quella parte?

A Ginevra bisognava andarci, come scrive in modo secco Sergio Romano sul {Corriere
della sera} del 22, perché la conferenza di Ginevra non era un incontro privato e
l’Onu è un’istituzione che tiene insieme Paesi, Stati popoli diversissimi.
_ E’ di
tutti e di nessuno. Dove hanno fatto discorsi infocati e, a seconda delle orecchie
di chi ascoltava, di volta in volta sgradevoli, altri prima di Ahmadinejad e altri
ne faranno.

L’Europa, ancora una volta, ha preferito voltare la testa altrove, come troppo spesso fa.
_ L’Italia: non ne parliamo.