In occasione della Giornata
mondiale della libertà di stampa 2008, l’Unesco ha organizzato a Maputo in Mozambico,due giornate di dibattito su “Libertà
d’espressione, accesso all’informazione ed emancipazione dei popoli” con cerimonia per la consegna alla giornalista messicana Lydia Cacho Ribero del
Premio mondiale della libertà di stampa UNESCO Guillermo Cano 2008.Nel suo discorso ufficiale (in lingua inglese nel sito www.lydiacacho.net”) dichiara: ” {{Sono nata donna}}. Ho trovato nel {{femminismo}} una filosofia basata su eguaglianza e pace. Mi ha portato a guardare alla vita in una prospettiva di genere. per anni ho vissuto e mi sono mossa fra due mondi: essere avvocata femminista contro la violenza è il modo che ho agito come cittadina; essere giornalista è il modo con cui pratico la mia professione. Ogni giorno cerco di ampliare la mia capacità di ascoltare, capire, di trovare empatia, di problematizzare, di essere veritiera, di essere etica. Ascoltando le storie delle persone ho imparato ad aggiungere intuito e prospettiva alla mia cronaca della tragedia umana e dello sviluppo umano”.

Ai primi di aprile, Joe Thloloe, Presidente della Giuria che ha assegnato il Premio così spiegava la scelta della Giuria:
“I membri della Giuria sono stati impressionati dal coraggio di Lydia Cacho Ribero, che {{continua a
svelare corruzione politica, crimine organizzato e violenza domestica malgrado le minacce di morte}},
un tentativo di sabotaggio e numerose battaglie giuridiche. Per me un giornalista che conosce
l’ambiente ostile nel quale deve lavorare e continua a fare di tutto per mantenere informati sulla loro
società i suoi lettori o ascoltatori {{merita la nostra riconoscenza per il contributo alla libertà
d’espressione nel mondo}}. Lydia Cacho Ribero possiede questa tempra.”

La giornalista, nata nel 1963 e collaboratrice del quotidiano {“La Voz del Caribe”}, ha messo in luce
attraverso le sue inchieste la partecipazione di uomini d’affari, politici e trafficanti di droga a reti di
prostituzione infantile e pedopornografia. Nel 2006 ha indagato sulla morte violenta di centinaia di
giovani donne a Ciudad Juarez, a nord del Messico.
Fatta oggetto di ripetute minacce di morte a causa del suo lavoro, Lydia Cacho ha subito anche il
sabotaggio della propria auto ed è stata vittima di persecuzioni da parte della polizia. Nel 2006 ha
ricevuto il Premio Francisco Ojeda per il suo coraggio giornalistico e, nel 2007, il premio Ginetta
Sagan per i diritti delle Donne e dei Bambini attribuitole da Amnesty International. Nel 2008, oltre al Premio Unesco, ottiene in Spagna il terzo premio Casa America Catalunya per la liberta’ d’espressione, il Prix del’Union de Periodistas de Valencia ( Spagna).

In “{women in the city}”, sito all’interno di “articolo21.liberidi” è possibile leggere la{{ traduzione in italiano dell’intervista che Lydia Cacho Ribeiro ha rilasciato a Lucia Iglesias per il “Courier Unesco”.}}

“Penso che {{il giornalismo sia il faro che permette allla societa’ di esercitare il suo diritto di conoscere e di capire}}: credo che i diritti umani non siano negoziabili. Finche’ saro’ in vita continuero’ a scrivere, e questo mi terra’ in vita”, sono le parole di Lydia Cacho in apertura dell’intervista in cui fra l’altro illustra il suo impegno come {{direttrice del Centro d’aiuto alle donne e ai bambini di Cancun}} (http://www.ciamcancun.org/) riconosciuto come uno dei migiliori centri d’aiuto del Messico.
E’ molto fiduciosa: “Le cose possono cambiare, molte persone sono in prigione per via del libro che ho scritto ({I demoni dell’Eden}, edizioni Grijalbo Mondadori 2005), molte vittime hanno parlato e hanno chiesto aiuto. La societa’ ha reagito in maniera energica, e per me e’ stato un grande onore.
E’ questo, piu’ che i premi, che prova che il nostro lavoro di giornalisti compie la sua funzione e ha la sua utilita’.”

Attualmente sta portando a termine un {{libro sulle reti internazionali della tratta delle donne e delle ragazze}}. “Una mappa mondiale che mostra non solo chi c’e’ dietro queste organizzazioni e come funziona la rete che compra e vende esseri umani, ma anche le relazioni che alti responsabili politici sul piano locale e internazionale intrattengono con chi fa questo tipo di commercio, per proteggerli.”

fonti:
Unesco, Commissione nazionale italiana (http://www.unesco.it);
“Women in the city”(http://www.womeninthecity.articolo21.com)