Alma Sabatini durante una manifestazione femminista

In occasione del convegno Trent’anni dopo Alma Sabatini  che si è tenuto a Modena l’anno scorso a fine marzo, alle domande che mi ha rivolto Anna Lisa Somma, queste sono state le mie risposte.

La pubblicazione IL SESSISMO NELLA LINGUA ITALIANA nacque in tempi di certo non maturi, con infinite difficoltà e grazie alla determinazione di Alma Sabatini che, tornata da un viaggio in America, invitata da gruppi femministi interessati ad uno scambio di esperienze, propose di affrontare anche noi la questione del sessismo della lingua come avveniva in America e in molti paesi europei . Non nascondo che l’argomento mi affascinava ma mi faceva sentire anche impreparata.

 

L’ insicurezza iniziale divenne presto entusiasmo e iniziai a lavorare gomito a gomito con Alma e la nostra macchina da scrivere! Arrivavo da lei al mattino e salvo impedimenti, restavamo fino alla sera con schede su schede che riempivamo, utilizzando anche materiale che ci arrivava da amiche che collaboravano alla ricerca. A volte con qualche divergenza tra di noi e perplessità. Ogni tanto concludevamo la serata con una pizza ed io  restavo a dormire a casa sua…per la stanchezza.

Grazie anche alla solidale assistenza del prof. Francesco Sabatini finalmente il libro prese la luce, edito dalla Presidenza del Consiglio che l’aveva commissionato. A questo proposito dobbiamo ricordare l’impegno della sen. Elena Marinucci allora presidente della Commissione Nazionale per le Pari Opportunità  che fu il tramite per far approvare il nostro progetto…quante esitazioni…quante resistenze!

Ma se parliamo di resistenze quelle furono solo un pallido assaggio. La pubblicazione della ricerca provocò una scarica esplosiva che ci colse impreparate. La prima sorpresa fu che i principali giornali, tutti, ne parlarono, tra lo stupore e lo scandalo, a seconda  degli orientamenti. Prevalentemente i commenti furono negativi, quando non offensivi ma l’importante, dal nostro punto di vista, fu che per la prima volta qualcuno/a osava mettere in discussione l’USO della lingua italiana ritenuta fino a quel momento un monolite inaccessibile – e chiedeva che il linguaggio venisse adattato ai mutamenti sociali, ai mutamenti dei rapporti tra uomini e donne .

Tra l’indifferenza e lo scandalizzato va evidenziata la reazione risentita della classe giornalistica che, sbagliando, si sentì sotto accusa semplicemente perché per raccogliere i dati necessari alla ricerca ci servimmo della stampa, il contesto in cui  il linguaggio è vario, si avvicina a volte anche al parlato, affronta varie tematiche, per noi  dunque la fonte più accessibile. Non c’era nessuna intenzione da parte nostra di screditare la loro professione.

Oltre alla reazione della stampa, che per molto tempo ignorò le nostre proposte, anche se argomentate, le reazioni negative arrivarono da scrittori, intellettuali, si scomodò Umberto Eco, il linguista Tullio De Mauro, il critico Beniamino Placido e altri ancora. Il giornale Il Manifesto ci dedicò uno spazio possiamo dire …. possibilista e interlocutorio.

Anche molte donne femministe presero le distanze, ritenendo forse che si intralciassero le battaglie che si stavano conducendo su vari fronti con una questione che non consideravano rilevante mentre noi pensavamo esattamente il contrario ritenendo la lingua non solo lo specchio del pensiero, del pensiero collettivo che volevamo far riflettere ma anche lo strumento con cui si riproducono e rafforzano, nel bene e nel male, i condizionamenti e i luoghi comuni della tradizione che cercavamo di abbattere. La consideravamo e tutt’oggi la consideriamo la chiave per mettere in evidenza gli stereotipi, i luoghi comuni, le metafore, le immagini che infesta(va)no la lingua a discapito della figura femminile (come nel campo della pubblicità).

Certamente negli ultimi anni la tenacia ha portato a qualche risultato positivo e sia dal punto di vista grammaticale sia da quello semantico: notiamo un’attenzione sicuramente maggiore. Dobbiamo ancora accertare se quest’attenzione sia solo formale o se veramente derivi da un mutamento che attiene ai valor profondi, a modifiche radicali che partono da un convincimento sulla figura femminile come identità, come soggetto attivo alla pari nella società e quindi, per riportarci al linguaggio, anche meritevole di parole che la rappresentino liberandola dall’inglobamento nel quale è stata per secoli confinata.

Non possiamo tacere però sull’evidenza che ancora oggi, dopo trent’anni, molte donne si sentano estranee a questo lavoro di ricostruzione di una lingua “tutta per sé”: Ci chiediamo: insicurezza, sotto-valutazione della potenza della lingua, radicamento forte in un ruolo altro in cui si sente più a suo agio? A questo proposito mi piace riportare quanto scritto dalla filosofa Michela Marzano: si ha l’impressione che le donne non riescano a liberarsi dalle norme e ingiunzioni patriarcali…(come se) si fossero abituate alla loro condizione di asservimento  … speriamo che prima o poi se ne rendano conto  e la smettano di essere le prime a riprodurre senza sosta stereotipi di genere”

Resto molto critica sulla indifferenza di recepire il nuovo mostrata dai   mezzi di comunicazione, oggi diventati così influenti, palesi modelli di comportamento anche linguistico. Si avverte solo qualche sussulto nell’ammettere termini di ruolo come sindaca, ministra e poco altro.Si ha l’impressione che un Grande Fratello agisca dall’alto per omologare tutti gli agenti del settore. Andrebbe citata anche la scuola che forse potrebbe impegnarsi di più come molte insegnanti del passato avevano iniziato a fare, ma il discorso è ampio ed investe anche l’inadeguatezza dei testi scolastici, solo in parte rinnovatisi.

Per concludere credo che la situazione descritta induca a credere che il testo sul Sessismo della lingua sia ancora valido  innanzi tutto per ricordare da dove siamo partite trent’anni fa e per attingervi raccomandazioni “purtroppo” ancora utili. Forse sarebbe opportuna una revisione aggiornata che tenga conto dell’affermazione raggiunta dalla donna e del suo ruolo più marcato nel mondo. Mi fa molto piacere che da qualche tempo registriamo come un risveglio su questo tema centrale e se ne avverta la centralità per la cultura e per la società e lo dimostra il fatto che apprezziamo il fatto che anche l’Accademia della Crusca e le ultime ristampe dei dizionari più noti hanno preso atto e riconosciuto l’introduzione di vocaboli declinati al femminile ed hanno corretto esempi che riportavano luoghi comuni obsoleti con la donna come soggetto . Senza presunzione ci permettiamo di prenderci un po’ di merito per la pressione costante esercitata.

Il mio augurio è quello che le nuove generazioni vengano sempre più coinvolte, specialmente in questa fase storica di assopimento di ideali, scopi da perseguire, fiducia nel cambiamento.

Ndr:  ricordiamo che Marcella Mariani è stata per non pochi anni presidente del’associazione per l’informazione Il Paese delle donne che ha editato l’omonimo giornale cartaceo, quello on line e numerosi libri.