“…La vita/Era dolce! E mi resta così poco!/

L’aldilà mi spaura, e singhiozzo/

fitto: il Tàrtaro è un baratro orrendo, /

la discesa penosa./

E chi va giù non torna su: sta scritto” (Sgomento, Anacreonte)

 

John Carroll Lynch, noto attore statunitense, ha debuttato alla regia nel 2017 con Lucky, un’opera prima che è stata accolta con grande partecipazione al Festival di Locarno. È difficile vedendo questo film separare la finzione dal reale perché Lucky, come dice il regista, è “ una lettera d’amore all’attore e l’uomo”, Harry Dean Stanton, a cui è ispirata/dedicata la storia.

Lucky parla di un novantenne fiero della sua autosufficienza. La solitudine – dice il protagonista- viene da sollus e non comporta il bisogno degli altri per sentirsi completi per questo lui vive, solo, in una casa ai margini del deserto, dove non arriva mai un ospite e tutti gli orologi sono fermi. Una “realtà della realtà” (Paul Watzlawick) scandita da abitudini rassicuranti. La prima sigaretta al risveglio, gli esercizi di yoga, la passeggiata fino al bar del paese dove s’incontrano gli amici, le battute di sempre, i cruciverba da compilare, il bloody mary la sera, sempre quello.

Lucky cammina in solitudine, cow boy senza paura, la sigaretta in bocca e il passo deciso di chi ha vinto la battaglia con il tempo. Intorno a lui, un deserto rosso scolpito da cactus, rocce e onde basse di sabbia: un paesaggio simbolico abitato da una testuggine che anticipa, nella forza archetipica della sua presenza, il cammino che dovrà intraprendere il protagonista del film. È un orologio bloccato a fare scoccare l’ora. Lampeggiando come l’occhio elettronico di uno stregone, l’orologio incanta il “vecchio” Lucky che si ritrova a terra a fare i conti con la improvvisa realtà del suo corpo di novantenne.

Lucky è un racconto d’iniziazione alla morte narrato dalla quieta espressività di Harry Dean Stanton, un distillato di rughe, vitalità e pudore che contrasta con la sfacciata esibizione della vecchiaia. La regia mai invadente di John Carroll Lynch segue il “risveglio”del suo protagonista con poetica essenzialità. Ora è una canzone – J see a darkness di Johnny Cash – a suggerire l’urgenza di un amico con cui condividere le paure; ora il vissuto di inutilità della vita che si condensa nel tornare appena sveglio sotto le coperte a riparo dal silenzio della casa; ora, una ironica illuminazione. Accettare di essere vecchio e continuare a invecchiare tanto nessuno, alla fine, ne esce vivo. Lucky è una commedia e regala alla fine allo spettatore il sorriso stupendo di Harry Dean Stanton pacificato e pacificante con “la verità di ciò che è per ognuno di noi”.

Harry Dean Stanton è morto nel settembre 2017 a pochi mesi dall’uscita nelle sale del film . Lucky è un film da non perdere anche per la partecipazione di David Lynch in brevi ma indimenticabili scene con l’amico Stanton.