Arte, design, architettura, innovazione, sostenibilità, tutto questo è Cartasia-Lucca Biennale 2018, evento internazionale dedicato a carta e cartone. Quest’anno il tema riguarda il CAOS E IL SILENZIO. La biennale si è aperta il 5 agosto per chiudersi il 27 settembre. A stupire sono le sette statue monumentali allestite nel centro storico di Lucca che rendono unica questa edizione rispetto alle altre manifestazioni dedicate alla Paper Art . Questi lavori  sono stati realizzat dall’inglese James Lake (Paperman, in piazza S. Frediano), lo slovacco Jakub Novak (Spazio vitale, in piazza San Francesco), l’italo-svizzera Manuela Granziol (Stato liminale, in piazza Guidiccioni), l’artista franco-peruviana Eugenie Taze-Bernard (Guscio silenzioso, guscio caotico sotto il loggiato di Palazzo Pretorio), la cinese Wu Wai Chung (Niente più messaggi – Basta messaggi? a Palazzo Ducale), l’indiano Ankon Mitra (Immagini e suoni del cosmo al Mercato del Carmine) e gli americani di Dosshaus (Il sentiero del paradosso, in piazza Cittadella). Altre 50 opere sono esposte tra Palazzo Ducale e Mercato del Carmine.

L’evento è stato realizzato da Metropolis in collaborazione con Comune di Lucca, Provincia di Lucca e Regione Toscana e il contributo di Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca, Fondazione Banca Del Monte e Ds Smith.

 Oggi, un eccesso di stimoli, notizie, nozioni positive o negative, pone gli esseri umani in uno stato di sovrainformazione paralizzante, in cui ogni input viene percepito come uguale agli altri: nella enorme quantità di sollecitazioni a cui siamo sottoposti, appare difficile comprendere le qualità di ogni stimolo. La lettura del mondo diviene confusa e indecifrabile. La ricerca del silenzio, della chiarezza, della pace, appaiono come necessità vitali all’uomo e alla società contemporanea, in risposta a questo sviluppo caotico. D’altra parte il silenzio può essere sinonimo di isolamento, disconnessione, indisponibilità al confronto. Ecco che il continuo movimento, lo sviluppo dinamico e costante, le relazioni tra singole menti, rendono il caos una grande possibilità creativa; segno di un corpo estremamente vivo, reattivo, multiforme, interconnesso, come è quello della società odierna.

Emiliano Galigani direttore della Biennale scrive per motivare il titolo di questa edizione: ” E’ vero che spesso siamo assordati da un’onda di rumore televisivo, web, cartaceo, passaparola.  Questa onda si espande, esce dagli schermi ed entra nei colloqui, a cena, a pranzo, nelle ore più impensate. Diventa straordinariamente comune dissertare per ore di un omicidio, di un attentato, come di una partita di calcio, un premio oscar, emettendo, ripetendo, amplificando, concetti, idee, immagini. Si può vivere di questo, in una sistematica trasformazione del cervello a una spugna che assorbe niente e rende niente. Un niente che però ha un volume, una massa, che occupa spazi. E così, sommersi come siamo, nuotanti nelle parole, nei luoghi comuni, nei dogmi sociali, natanti del nulla, galleggiamo verso una deriva, sommersi dal troppo tutto. Talmente alto è il volume e grande la massa informativa che il rumore appiattisce ogni cosa, distinguere i confini e l’importanza delle cose appare – anche se si volesse compiere questo sforzo – sovrumano. Bisognerebbe andare alla ricerca delle fonti, informarsi. Ma anche questo non garantirebbe certezze. Persino le fonti potrebbero essere svianti, false, inadeguate.  Quindi l’unica soluzione appare astenersi. Stufi, stanchi, avviliti dal troppo, si buttano i remi in barca, in cerca di pace, di silenzio. Prima o poi i tempi miglioreranno, il troppo tutto diminuirà, riapparirà un orizzonte definito, una prospettiva – qualcosa – a dettare la rotta. Eppure, a ben guardarsi dietro, il mare si è fatto torbido da parecchio tempo, e a voler gettare uno sguardo oltre, appaiono solo altre informazioni, altre tempeste, un futuro fatto in misura crescente di caos.    Eppure. Eppure il progresso c’è, pulsante, onnipresente. Il caos crea vita, senza regole, anarchica, difficilmente incasellabile, catalogabile, ma non si può negare che sia vita. Crediamo che il compito dell’artista sia di non morire mentalmente, cercare di fotografare questa contemporaneità; nel Troppo Tutto non ritirare i remi in barca cedendo all’inerzia, ma prendere un rischio, fare il granello del deserto controvento, fare questo sforzo. Urlare. Credere alle rivoluzioni, farle ovunque, alzare la testa.”

*Emiliano Galigani, direttore di Cartasia, Biennale della Carta, è  anche regista, scrittore, produttore di molte opere non solo teatrali. E’ stato assistente di produzione nel film “The triumph of love”, prodotto da Bernardo Bertolucci; – curatore della regia, produzione e drammaturgia dello spettacolo “Circo Faber” – per cui la Fondazione Fabrizio De André ha dato il suo contributo. Il suo ultimo impegno professionale lo ha visto alla regia del musical “Jesus Christ Superstar”