Nel suo intervento “Think different”, pubblicato da Il Paese delle donne Marina Boscaino ha correttamente ampliato l’orizzonte del dibattito sulle
“classi omogenee” appellandosi alla “dimensione sociale” della scuola.
“La scuola –
scrive [Marina Boscaino->4164] – non è solo apprendimento, contenuti delle discipline, prestazioni.è anche e
soprattutto la ricerca, nell’ambito della collettività, di una individualità il più
possibile capace di affrontare il fuori della complessità”.

L’articolo del Corriere
della sera, “[Maschi e femmine, classi separate->http://archiviostorico.corriere.it/2009/maggio/10/Maschi_femmine_classi_separate_co_9_090510014.shtml]”, cui Boscaino si riferisce, ha
spinto anche me a situare la questione in una dimensione più ampia, anche perché
davvero la scuola è una {microsocietà} che rispecchia l’organizzazione sociale in
cui si situa.

Il caso che mi sembra più emblematico è quello del Bronx negli Stati Uniti. L’idea
di creare una scuola pubblica frequentata da sole donne è nata dalla constatazione
che “le studentesse vivevano in una realtà dominata dai maschi” i quali, con i loro
comportamenti, le influenzavano negativamente.
_ Dopo qualche anno di {separazione
scolastica}, infatti, le poverissime ragazze del Bronx erano in grado di iscriversi
all’Università addirittura in numero quasi doppio (il 96%) rispetto alla media delle
newyorkesi che è del 50%.

L’appello alla “carica ormonal-caciarona dei maschietti” – che, per la verità, non
fa bene “né alle femmine, né agli stessi ragazzi”- è un tentativo mancato di
giustificazione; alla fine le vere cause del problema vengono a galla: nelle classi
miste l’handicap per le ragazze sta nei comportamenti scomposti dei maschi che
fagocitano l’attenzione dei professori; finendo per essere in molti casi “trascurate
e meno apprezzate” spesso {si perdono} nel cercare di farsi accettare dai compagni”
che detengono la leadership, “entrando anche in conflitto con le coetanee”. Invece
“i ragazzi sono svantaggiati dal più rapido sviluppo delle compagne”; infatti anche
loro escono bene dalle classi omogenee perché “senza la concorrenza femminile,
subiscono meno il gender gap, la differenza di apprendimento”.

Ora, a me pare che non solo le scuole sono “realtà dominate dai maschi”, ma tutte le
società in ogni loro parte lo sono, anche quelle cosiddette democratiche, dato che
gli uomini adulti, come ed ancor più dei ragazzi, considerano il mondo un teatro e
pretendono di calcare la scena da protagonisti unici.
_ Inoltre identiche sono le
motivazioni che spingono in genere i maschi adulti ad “oscurare” le femmine, cioè
l’incapacità di sopportare un confronto alla pari, per cui ovunque essi basano la
loro supremazia non su una effettiva superiorità dovuta ad un reale sviluppo di
qualità personali e di genere, ma su una brutale repressione delle qualità personali
e di genere delle donne, impedendone il libero esercizio, quindi la naturale
evoluzione.

Anche se liberate dal “peso” dei compagni di banco (“Il compagno di banco può essere
un peso. Se è maschio”, così esordisce l’articolo del Corriere), {{le ragazze dovranno
affrontare una prevaricazione ancora più brutale quando lasceranno la scuola}}, senza
contare che, comunque, neanche nelle classi separate “il peso” maschile viene meno
perché le {{discipline scolastiche trasmettono una visione del mondo unicamente
maschile}}. Il problema è complesso e investe le comunità umane nel loro insieme, a
partire dalle fondamenta, perciò la dicotomia “classi separate sì-classi separate
no” non è in grado di comprenderlo e quindi di risolverlo.

Secondo me possiamo uscire dall’impasse solo se smettiamo di glissare su ciò che
esperienze e ricerche congiuntamente sottolineano: le qualità della mente femminile
che emergono sempre più nitidamente e che indicano nelle donne la guida passata e
futura del processo di civilizzazione della specie.

Sono visceralmente d’accordo con
Boscaino quando dice che “‘la diversità’ rappresenta un arricchimento culturale,
sociale, etico sul piano individuale” e “persino un investimento economico e
collettivo, che si tradurrà in maggiore capacità di convivenza pacifica e civile”;
il problema è che{{ l’apparato concettuale dominante non è in grado di sopportarla}} se
è vero, come è vero, che il sessismo non è mai morto e anzi vive una novella
fioritura assieme a razzismi vecchi e nuovi.

{{La mente femminile può e deve
espandersi ben oltre le classi separate}} e i gruppi, le associazioni e i movimenti
che si contendono spazi ristretti: lo spazio delle donne è il mondo perché sono loro, come tutti gli organismi femminili, a popolarlo.