Lidia Menapace in piedi con Luciana Castellina a sinistra e Rossana Rossanda a destra. Tre donne che continuano ad essere presenti nella politica di questo Paese.  si sono sempre battute per la libertà e la democrazia

Oggi, 25 aprile 2018 Lidia Menapace festeggia e ricorda la liberazione a Monte Sole in provincia di Bologna  con Gino Strada, Maurizio Landini e Gabriele Del Grande.

Giovanissima Lidia Menapace prende parte alla Resistenza come staffetta partigiana e nel dopoguerra si impegna nei movimenti cattolici, in particolare con la FUCI – Federazione Universitaria Cattolica Italiana. Nel 1952 si trasferisce in Alto Adige e nel 1964 è, quale candidata della Democrazia Cristiana, la prima donna eletta nel consiglio provinciale di Bolzano, insieme a Waltraud Gebert Deeg. In quella stessa legislatura è anche la prima donna ad entrare nella giunta provinciale, come assessora effettiva per affari sociali e sanità.

All’inizio degli anni sessanta inizia l’insegnamento presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore con l’incarico di lettore di Lingua italiana e metodologia degli studi letterari,[1] che però nel 1968 non le è rinnovato a seguito della pubblicazione di un documento intitolato Per una scelta marxista. Dope essere uscita dalla Democrazia Cristiana nel 1968, simpatizza per il Partito Comunista Italiano ma nel 1969 viene chiamata dai fondatori nel primo nucleo de il manifesto. Nel 1973 è tra le promotrici del movimento Cristiani per il Socialismo ed entra a far parte del Comitato per i diritti civili delle prostitute come membro laico. Nell’aprile 2011 entra nel Comitato Nazionale ANPI.  Lidia Menapace rappresenta inoltre una delle voci più importanti del femminismo italiano.

Nelle elezioni politiche del 2006 viene eletta al Senato nelle liste del Partito della Rifondazione Comunista; la sua candidatura è resa possibile in sostituzione di Marco Ferrando, il leader di una minoranza del PRC, protagonista di una polemica che ne ha comportato la rimozione dalle liste del partito. Pochi mesi più tardi Menapace riceve alcuni voti in occasione dello scrutinio segreto per l’Elezione del Presidente della Repubblica Italiana del 2006.

Poco dopo la nascita del governo Prodi è proposta alla presidenza della Commissione Difesa al Senato, gesto considerato un affronto da alcuni elementi della Casa delle Libertà visto il suo antimilitarismo. A scatenare le polemiche, una sua intervista a Francesco Battistini del Corriere della Sera, nella quale descrive inutilmente costose e inquinanti le Frecce Tricolori.[8] La mattina stessa della pubblicazione dell’intervista, al posto della Menapace viene imprevedibilmente eletto il senatore Sergio De Gregorio (Italia dei Valori), sostenuto dall’opposizione. Successivamente è duramente contestata da alcuni settori del movimento pacifista per la sua scelta di votare il rifinanziamento della missione in Afghanistan, posizione secondo i contestatori quantomeno incoerente verso i settori dell’opinione pubblica di cui ella diceva di volersi far interprete in campagna elettorale. Dal 6 febbraio 2007 al 28 aprile 2008 ricopre la carica di presidente della Commissione parlamentare d’inchiesta sull’uranio impoverito.

Nel 2009 Lidia Menapace si candida alle elezioni europee nella lista anticapitalista PRC-PdCI nella circoscrizione Nord-Est senza essere eletta a causa del mancato raggiungimento della soglia di sbarramento prevista dalla legge elettorale.  Nel 2018 accetta di candidarsi per il Senato con Potere al Popolo. La lista non raggiunge però la soglia di sbarramento del 3% e dunque non è eletta

Ma le sconfitte non l’hanno mai fermata così Lidia Menapace a 93 anni a febbraio di quest’anno era al  corteo antifascista a Macerata: “Fino a quando avrò voce ci sarò” . E’ venuta da Bolzano per partecipare alla manifestazione  “Avrei potuto dormire questa mattina ma ho preferito venire qui. Finché avrò voce e forza io manifesterò in mezzo alle persone che capiscono il tempo in cui siamo”