E’ fondamentale che il Parlamento Europeo affermi la primaria scelta delle donne nella procreazione e la promozione della loro salute sessuale e riproduttiva come condizione indispensabile per realizzare la piena cittadinanza delle donneNello scorso mese di dicembre il Parlamento europeo ha bocciato la proposta di risoluzione sulla salute e i diritti sessuali e riproduttivi (Sexual and Reproductive Health and Right) di cui era relatrice l’eurodeputata portoghese Edite Estrela;

il cuore del testo è il riconoscimento della titolarità delle donne a decidere se e quando diventare madre, la salute sessuale riproduttiva e i diritti che ne conseguono: contraccezione, possibilità di compiere in questo ambito scelte informate e consapevoli e interruzione di gravidanza sicura;

nell’ambito della diritti sessuali e riproduttivi e della salute, ricordiamo che ogni anno il Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo (UNDP) stila una classifica dei paesi secondo il livello in cui si collocano in termini di disuguaglianze di genere. Riguardo l’aspetto relativo alla salute riproduttiva nella vita, l’indice della disuguaglianza di genere (Gender Inequality Index), mostra come gli Stati membri della UE presentino un’evidente disparità nella salute sessuale e riproduttiva delle donne;

il Parlamento europeo ha espresso in diverse occasioni il proprio sostegno agli investimenti a favore della salute e dei diritti sessuali e riproduttivi delle persone (SRHR);

tale sostegno sembra però subire un rallentamento preoccupante per la crisi finanziaria, la recessione economica in corso e i corrispondenti tagli lineari alla spesa pubblica degli Stati membri che tendono ad accelerare la privatizzazione dei servizi sanitari e a ridurre l’accesso e la qualità dei servizi stessi;

sempre in ambito europeo stanno sempre più emergendo posizioni retrive che attaccano la libertà di scelta delle donne ed il loro diritto alla salute. E’ ciò che sta avvenendo in Spagna con la proposta del Ministero di Grazia e Giustizia Gallardon detta “Antiproyecto de ley”.

E’ fondamentale che il Parlamento Europeo affermi la primaria scelta delle donne nella procreazione e la promozione della loro salute sessuale e riproduttiva come condizione indispensabile per realizzare la piena cittadinanza delle donne;

secondo l’OMS la salute riproduttiva riguarda i processi, le funzioni e il sistema riproduttivi in tutte le fasi delle vita. Ciò implica che tutte persone siano in grado di condurre una vita sessuale senza condizionamenti, responsabile, sicura e che le donne abbiano la possibilità di decidere della propria maternità. In tale concetto è implicito il diritto delle persone di essere informati e di avere accesso, sulla base di una scelta personale, a metodi sicuri, efficaci e accessibili di regolazione della fertilità, il diritto di accedere a servizi sanitari adeguati che permettano alle donne di vivere la gravidanza e il parto in modo sicuro e diano alle coppie le migliori possibilità di avere nascituri sani;

il 27 settembre 2012 è stata approvata la risoluzione “21/6 A/HRC/21/L.10” del Consiglio Onu dei diritti umani, che ha incluso la contraccezione e l’interruzione volontaria della gravidanza tra i diritti umani;

in Europa l’aborto è legalmente consentito su richiesta in venti Stati membri. Degli altri sette paesi, tre Stati membri (Gran Bretagna, Finlandia, Cipro) consentono un’interpretazione molto ampia delle motivazioni che possono comportare restrizioni, mentre negli altri tre Stati membri (Irlanda, Polonia, Lussemburgo) un’interpretazione restrittiva delle motivazioni e la generale opposizione o il timore di eseguire aborti hanno determinato una situazione in cui gli aborti legali (segnalati) avvengono assai di rado, o per nulla. Malta è l’unico Stato membro in cui l’aborto è vietato per legge senza eccezioni;

purtroppo l’aborto, anche quando è legale, è spesso evitato o prorogato da ostacoli che impediscono di accedere in tempo stretti a servizi adeguati, come l’ampio ricorso all’obiezione di coscienza che allungano periodi di attesa non necessari dal punto di vista medico;

la pratica dell’obiezione di coscienza nega a molte donne la libertà di scelta, non solo l’interruzione legale della gravidanza, ma anche l’accesso ai servizi di salute riproduttiva, per esempio a informazioni, al reperimento di contraccettivi, a visite prenatali;

in Slovacchia, Ungheria, Romania, Polonia, Irlanda e anche nel nostro Paese quasi il 70% di tutti i ginecologi e il 40% degli anestesisti oppongono l’obiezione di coscienza alla possibilità di eseguire aborti. L’obiezione di coscienza da diritto individuale diventa troppo spesso obiezione di struttura e questo è inaccettabile. Questi ostacoli sono palesemente in contrasto con la libertà e responsabilità delle donne nella maternità e con le norme mediche internazionali contemplate nella legge italiana 194/1978;

è evidente inoltre che vietare l’aborto non ha mai contribuito ad una diminuzione del tasso con cui si verifica;

non è raro che le donne che vivono in paesi UE con politiche abortive restrittive si rechino in altri Stati membri per sottoporsi all’aborto con costi economici elevati oltre alla possibilità di essere incriminati penalmente nel paese di residenza. In sostanza, il divieto colpisce in modo più specifico le donne più svantaggiate (quelle che non possono spostarsi facilmente in altri paesi dell’UE per ottenere un aborto, come le donne con difficoltà economiche, le richiedenti asilo, le donne assistite o sotto la responsabilità dello Stato, ecc.), e ciò contribuisce ad accrescere le disuguaglianze sanitarie all’interno dell’Unione;

una lungimirante prevenzione delle gravidanze non desiderate rispettosa delle decisioni femminili richiede, tanto più in questa crisi, un nuovo e più robusto welfare universale teso innanzitutto a rimuovere tutte le condizioni di precarietà che congelano per molte giovani progetti di avere figli o figlie;

la proposta europea di un nuovo “Programma Salute per la crescita 2014-2020” non contiene alcun riferimento alla libertà e alla salute sessuale e riproduttiva e ai relativi diritti. E’ quindi necessario che la Commissione europea li includa nella prossima strategia dell’UE per la salute pubblica;

sempre nell’ambito della libertà di scelta e del diritto alla salute sessuale e riproduttiva, un aspetto importante è quello delle infezioni sessualmente trasmissibili: HIV, sifilide, sifilide congenita, gonorrea, clamidia e linfogranuloma venereo (LGV). Ai sensi della decisione 2119/98/CE, gli Stati membri sono tenuti a presentare dati relativi a tutte le variabili richieste; tuttavia, nella pratica questo non avviene sempre, e a ciò si aggiunge anche la lacunosità di alcuni sistemi nazionali di vigilanza delle infezioni sessualmente trasmissibili;a tal fine è importante che la Commissione europea e gli Stati membri si occupino della salute e dei diritti sessuali e riproduttivi specifici e delle necessità delle persone che vivono con l’HIV, nel quadro di un approccio olistico teso a contenere la diffusione. Per raggiungere questo obiettivo occorre espandere l’accesso ai programmi di salute sessuale e riproduttiva, integrando l’acceso ai test e alle terapie dell’HIV/AIDS, i servizi di consulenza e prevenzione e invertendo i fattori socioeconomici di base che contribuiscono al rischio di HIV/AIDS per le donne, come la disuguaglianza di genere e la discriminazione;

nell’ambito del programma promosso dal Consiglio d’Europa «Combattere le discriminazioni basate sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere», per l’attuazione e l’implementazione della raccomandazione del Comitato dei ministri CM/REC (2010)5, il nostro paese ha elaborato la Strategia nazionale per la prevenzione ed il contrasto delle discriminazioni basate sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere, approvata con decreto ministeriale del 16 aprile 2013, predisposta e coordinata dall’ufficio nazionale antidiscriminazioni (UNAR). in collaborazione con le diverse realtà istituzionali, le Associazioni LGBTI e le parti sociali;

detta Strategia nazionale è finalizzata alla realizzazione di un piano triennale di azioni pilota (2013-2015), integrate e multidisciplinari, volte alla prevenzione e al contrasto delle discriminazioni nei confronti delle persone omosessuali, transessuali e intersessuate;

quanto su riportato, riprende, tra l’altro, la sostanza e buona parte della suddetta proposta di risoluzione della portoghese Edite Estrela presentata e respinta dal Parlamento europeo;

{{impegna il governo}}

Ø a farsi promotore presso tutte le sedi istituzionali europee di iniziative volte:
* al riconoscimento della primaria libertà e responsabilità delle donne nella sessualità e nelle scelte di maternità, principio fondamentale per una nuova strategia europea di libertà e diritti;
* all’attuazione di efficaci politiche a favore della libertà di scelta e della salute sessuale e riproduttiva includendola nella prossima strategia dell’UE per la salute pubblica;
* a esercitare tutta la competenza europea nei confronti degli Stati membri per l’elaborazione di strategie e iniziative che integrino le questioni relative alla salute sessuale e riproduttiva nei settori della sanità pubblica in modo da sostenere un’attuazione più efficace e una migliore sensibilizzazione in questa materia;
* ad attivarsi affinché i servizi di qualità per l’aborto siano resi legali, sicuri e accessibili a tutte, in primo luogo nell’ambito dei sistemi di salute pubblica degli Stati membri, anche con riferimento alle donne non residenti, le quali spesso sono costrette a ricercare tali servizi in altri paesi a causa di leggi restrittive in materia di aborto nel loro paese d’origine;
* a intervenire con efficacia per rimuovere gli ostacoli che spesso limitano o impediscono di accedere all’interruzione volontaria di gravidanza innanzitutto come l’ampio ricorso all’obiezione di coscienza;
* a sollecitare gli Stati membri a regolamentare e monitorare il ricorso all’obiezione di coscienza nelle professioni chiave in modo da assicurare che l’assistenza sanitaria in materia di salute riproduttiva sia garantita come diritto individuale ovunque;
* ad adottare disposizioni mirate per rispondere alle esigenze specifiche delle persone più svantaggiate il cui accesso ai metodi contraccettivi moderni può essere ostacolato da difficoltà sociali, economiche soprattutto nell’attuale situazione di crisi;
* a sollecitare gli Stati UE, alla luce dell’impatto della crisi economica e finanziaria sul settore della sanità pubblica, a fornire, a titolo gratuito informazioni e servizi mirati in materia di contraccettivi e altri servizi inerenti alla libertà di scelta e alla salute sessuale e riproduttiva, nonché misure di prevenzione, diagnosi e cura delle malattie sessuali trasmissibili;
* a favorire un accesso equo a servizi sanitari economici;
* ad attivarsi affinché gli Stati membri assicurino una qualificata attività di informazione, formazione, educazione sentimentale, anche in modo obbligatorio nel sistema scolastico, per poter affermare la maternità come scelta e realizzare una vita affettiva e sessuale libera dagli stereotipi, i pregiudizi, e affrancata da tutte le forme di violenza contro le donne, nonché contro la discriminazione basata sul genere, sull’identità di genere e sull’orientamento sessuale;
* ad attivarsi affinché – nell’ambito delle politiche internazionali di cooperazione allo sviluppo – si rivolga un’attenzione costante e specifica alla libertà di scelta e alla salute sessuale e riproduttiva e i relativi diritti, e affinché la suddetta cooperazione allo sviluppo si prefigga obiettivi concreti di rispetto delle decisioni femminili sempre, alla riduzione della mortalità materna e infantile, all’aborto sicuro, ai contraccettivi, alla prevenzione e alla lotta contro l’HIV/AIDS e altre infezioni sessualmente trasmissibili e all’eliminazione di pratiche come la mutilazione genitale femminile, l’aborto selettivo in funzione del sesso del feto e le sterilizzazioni forzate, ecc.;

Ø a recepire in ambito nazionale, e implementare – in quanto stato membro UE – le suddette politiche a favore della libertà di scelta e della salute e dei diritti sessuali e riproduttivi;

Ø ad attuare quanto previsto dalle Mozione n.1-00045 approvata dalla Camera l’11 giugno 2013, con riferimento alla piena attuazione della legge 194/1978 in materia di interruzione volontaria della gravidanza;

NICCHI, MIGLIORE, DI SALVO, PIAZZONI, AIELLO, RICCIATTI, MELILLA