Il giorno in cui usciva il suo ultimo romanzo è stato per Frabrizia Ramondino anche il suo ultimo giorno di vita. Io vivo proprio nella casa napoletana da lei tanto amata con il bel cortile vanvitelliano e le belle statue in terracotta; quante volte avevamo chiacchierato insieme di quel magnifico palazzo in Via Tribunali. Anche nei nostri incontri posteriori al suo allontanamento da Napoli e il suo trasferimento nell’incantevole Itri, non mancavamo mai di raccontare di Palazzo Spinelli. Quante cose erano accadute in quella casa, con la vista del Vesuvio e del porto, come le tante riunioni tra donne per progettare una libreria tutta per noi, una città che fosse a dimensione più femminile. In quegli incontri c’erano tante donne del movimento: Lina Mangiacapre, Angela Putino, Lucia Mastrodemenico, tutte loro ci hanno lasciato, e ci hanno regalato un grande amore per le altre e per questa terra napoletana.

Oggi dobbiamo vivere con il dolore di queste perdite e, in particolare, di questa ultima perdita con la consapevolezza di quanto la sua scrittura ci ha donato.
_ Voglio ricordare tra i tanti suoi scritti {{ {In viaggio} }}, sono 13 racconti “on the road”, fatti di momenti autobiografici e di sottili riflessioni, fatti di bagagli, case, autostop, souvenir, automobili, camion, curiosi incontri, piante e animali. Ogni cosa di cui lei si ricordava e scriveva diventavano relazioni, emozioni, analisi e meditazioni.
_ In questo testo leggiamo: “L’intuizione del legame indissolubile tra lo spazio e il tempo è stata l’esperienza più radicale della mia infanzia, quella che mentre mi rendeva consapevole dell’Io, mi iniziava alla morte – ma nonostante l’indissolubile legame, lo spazio era più esterno, più interno il tempo, sicché alla consapevolezza dell’estrema separazione si aggiungeva quella di tutte le altre provvisorie e mutevoli”.

Il suo ultimo viaggio è stato da Itri al mare, mentre nuotava un malore l’ha colpita, arrivata a riva è morta. Ma proprio lei scriveva nel 1995, sempre in {In viaggio}: “la capacità di viaggiare è inversamente proporzionale alla quantità di bagaglio”. Il suo ultimo viaggio è stato in mare solo coperta da un costume, quasi nuda, una nudità che ha sempre cercato. Ancora del mare si racconta nel suo ultimo romanzo {{ {La via} }}, edito da Einaudi: un uomo di mare che approda in un qualsiasi paese del mezzogiorno d’Italia, un confronto tra l’antico e l’immutabile dei luoghi meridionali con la sfrontata modernità

Il suo pensiero sulla modernità che rompe le relazioni tra gli umani, e con la natura, che diventa sempre più selvaggia, violenta, e sempre più diretta dalla forza del potere, lo esprime sia con scrittura più letteraria, sia con una scrittura giornalistica, di cronaca.
_ Discute sugli avvenimenti dei rifiuti a Napoli sul {Manifesto} del 27 maggio: “L’immondizia napoletana altro non è che l’emergere di tutta l’immondizia prodotta nel mondo da un capitalismo sempre più selvaggio.
_ Un capitalismo che dietro l’immaterialità dominante della finanza, tende a occultare i produttori di beni agricoli, industriali o altri, trasformandoli sempre più in consumatori, questi sempre virtuali.”
_ Fabrizia scrive che l'{{emergenza rifiuti acquista una valenza simbolica}}, sembra contrapporsi infatti a un mondo virtuale, quasi sempre mediatico, in cui il culto della bellezza dei corpi umani, della igiene ossessiva, della pulizia etnica, tende a esorcizzare la sofferenza, la malattia, la morte, il contagio con il vicino.

Questa donna è stata tra quegli esseri umani che cercano la bellezza come essenza della vita. Si è occupata di bambini, analfabeti, disoccupati, operai in lotta contro la dismissione delle fabbriche, donne che chiedevano lavoro, asili, anticoncezionali o solo il pane; battendosi contro i politici di destra o di sinistra.

Gennaro Esposito (pseudonimo di Tonino Ricchezza, impiegato alla Nettezza Urbana di Napoli, amico di Elsa Morante) è uno dei protagonisti del libro di Fabrizia, {{ {Napoli i disoccupati organizzati: i protagonisti raccontano} }}.
_ In una Intervista sulla {munnezza} del 1986, Fabrizia ne riporta una frase: “Vivere tra gli spazzini è solo vivere tra uomini, come in caserma”.

Il commento della Ramondino: “È certo singolare pensare che, all’interno delle case, dell’immondezza, fin quando non arriva fuori la porta, si occupano le donne; mentre appena esce di casa se ne occupano uomini, e organizzati, per così dire, militarmente. È con distacco, a volte anche con schifo, che la donna in casa separa il mondo dall’immondo, l’utile dall’inutile, il superfluo dal necessario, il malato dal sano.
_ Ma anche con amore: la merda del figlio spesso le ripugna, ma la ama.
_ E per Gennarino Esposito, che voleva occuparsi dei vecchi, certo la loro merda sarebbe stata ripugnante, ma li avrebbe anche amati.
Però penso che le donne e i Gennarino Esposito dovrebbero occuparsi della Nettezza Urbana di Napoli.” (da “{Intervista sulla munnezza}” di Fabrizia Ramondino in “Reporter – Fine secolo”, 15-16 febbraio 1986 – Ripreso da “{Diario}”, 1-14 febbraio 2008).