{“Leggere Donna”} è un bimestrale di informazione culturale, rivolto certamente ad un uditorio largamente femminile, ma, ciò che più ci preme qui sottolineare è che la sua redazione è composta tutta di donne (il che, per ovvie ragioni, ce lo fa sentire vicino e supportare con convinzione)._ L’elegante formato che rifugge, per nostra fortuna, qualsivoglia “logica del patinato”, ospita al suo interno per la maggior parte una serie di accurate recensioni a volumi curati da donne e orbitante attorno a tematiche femminili, eppure d’ispirazione quantomai eterogenea: vengono passati in rassegna, ma mai troppo rapidamente o tanto meno superficialmente, opere come l’ultimo romanzo della regista/scrittrice Cristina Comencini {“L’Illusione del bene”}, vicenda inventata di sana pianta, ma non priva di concretissimi appigli alla realtà, di una donna internata in un manicomio dell’Unione Sovietica, in cui si torna a parlare di {Samizdat} (i ciclostili, manoscritti clandestini che circolavano sotto Stalin per diffondere opere proibite). Ci troviamo sempre in Russia, ma ci spostiamo temporalmente in quella odierna, con la recensione ad un’altra interessante opera, quella della scrittrice Ljudmila Ulickaja. Lo scritto è volto a fornire una risposta alla non semplice domanda: “per quali e quanti motivi diversi le donne arrivano a mentire?”. Interrogativo quantomai intrigante…
_ Poi compiamo un ulteriore passo indietro nel tempo, seguendo idealmente l’originale omaggio tributato alla grande Virginia Woolf, “pensata” in questa speciale occasione nella sua dimensione più intima e privata. Un’opera legata all’inventiva della prolifica scrittrice Elisabetta Chicco Vitzizzai e intitolato {“Alla tavola di Virginia Woolf. Vita in casa di una scrittrice”}.
_ Seguono ancora altri importanti lavori di indagine, di carattere sociologico o storico: è il caso di quello condotto da Giovanna De Angelis, sulle condizioni di vita delle donne in un lager.

Impossibile per noi illustrare qui debitamente l’interno contenuto del bimestrale. Tuttavia, già snocciolando questi pochi testi, risulta evidente come si dispieghi al nostro sguardo un’assai vasta gamma di spunti d’indagine, ad indicare l’estrema versatilità d’approccio e interessi delle studiose donne. Un dato che, da solo, smonta la teoria – naturalmente tutta maschilista – secondo cui l’impostazione a questo tipo di studi, da parte delle donne, soffrirebbe di un approccio oltremodo schematico e non altrettanto “arioso” rispetto ai più “liberi” (in tutti i sensi) colleghi uomini.
_ Alle recensioni alle opere in prosa, fanno seguito critiche a liriche prodotte da poetesse, e, alcune pagine dopo, resoconti dettagliati su alcune mostre-omaggio svoltesi nei mesi passati: da quello dedicato alla svedese Astrid Lindgren, di cui quest’anno si celebra il centesimo anniversario dalla nascita, lei che fu la “mamma” di Pippi Calzelunghe – un autentico inno all’infanzia e alla fantasia senza freni di una vivace ragazzina fuori da tutti gli schemi e le discipline – o alla grande ritrattista settecentesca, la veneziana Rosalba Carriera, ricordata in occasione del duecentocinquantesimo anniversario dalla scomparsa.
_ Torniamo al contemporaneo attraverso il doveroso tributo reso da Palazzo Reale a Milano (con una mostra che si protrarrà fino al 20 gennaio del 2008) inchinatosi all’autentico genio moderno dell’inglese Vivien Westwood, che definire “solamente” una stilista di moda sarebbe sommamente riduttivo. Dal primo periodo “punk” (quello glorioso dei {“Sex Pistols”}) al manifesto anti-globalizzazione e anti-standardizzazione che la poliedrica artista diffonde oggi, a 66 anni, dal suo quartier generale a Battersea, ne ha fatta di strada, la bizzarra signora!
_ Infine, a corollario dell’ultimo numero della rivista, per l’anno 2007, arrivano i rapporti delle inviate ai principali festival di cinema (Venezia, Locarno) in cui sono passati film diretti da donne. A Venezia davvero poche, come lamentano a ragione le stesse ragazze. Ma poi a Locarno è passata Alina Marazzi: una delle più interessanti e impegnate giovani cineaste nostrane.

Contrapponendosi a tutte quelle riviste femminili dal taglio più impalpabile (paradossale che quelle pubblicazioni più “leggere” siano invece particolarmente voluminose e ingombranti) che affollano, invadendole coi loro colori accesi e sgargianti, le edicole, qui non c’è un articolo che non spicchi, per converso, per l’importanza e l’interesse che riveste in merito alla diffusione della cultura femminile di ieri e di oggi, piuttosto che sulle immagini accattivanti.