Il 20 giugno, l’Università Statale di Milano ha ospitato e organizzato,
assieme a Sos Infertilità Onlus e con il patrocinio della Provincia di
Milano, un convegno Giuridico-Medico che ha visto esperti di Diritto
confrontarsi con esperti di diagnosi e terapia della sterilità, con
psicologi, con sociologi riguardo al delicato tema della Legge 40, che
regola in Italia la Procreazione Medicalmente Assistita.{{Arianna Censi}}, delegata alle Politiche di Genere nella Provincia di Milano afferma che “Il disagio delle coppie con difficoltà di concepimento è forte e la necessità di affrontare con serenità e maggiori certezze il
percorso della procreazione assistita è un diritto che dovrebbe essere
garantito alle donne e agli uomini che si confrontano con il desiderio di
genitorialità.
_ L’obiettivo di questa iniziativa è quello di dare un nuovo
impianto giuridico al problema, per offrire nuove possibilità in grado di
superare le ristrettezze di una legge che rende questa esperienza ancora più difficile.”

Continua {{Marilisa D’Amico}}, Docente di Diritto Costituzionale presso
l’Università Statale di Milano, che presiede il Convegno: “E’ importante
che l’Università promuova iniziative di questo tipo, per mettere in
contatto punti di vista differenti su una legge che ancora adesso vede
molti aspetti controversi e non riesce a raggiungere il risultato che si
era prefisso: aiutare le coppie in difficoltà”.

Fondamentale stabilire il carattere patologico della sterilità e
identificare quale cura per tale patologia la procreazione medicalmente
assistita e il compito lo assolve {{Carlo Flamigni}}, Ordinario di Ostetricia e Ginecologia presso l’Università di Bologna sostenendo che: “ogni condizione psico-fisica che genera sofferenza nella persona è da
qualificarsi come patologia, così la depressione, ad esempio: a maggior
ragione la sterilità che provoca, in chi ne è colpito, una sofferenza
profonda e a volte grave, anche perché spesso non comunicata.
_ E la procreazione assistita è a pieno diritto la cura di questa patologia,
perché permette di superare l’impedimento a procreare, pur non
eliminandolo in via definitiva, così come, ad esempio, un taglio cesareo,
permette, pur non curandolo definitivamente, di superare il grosso
impedimento al parto rappresentato da un bacino viziato”

E {{Guglielmo Ragusa}}, Responsabile del Centro Infertilità dell’Ospedale San
Paolo, situa la situazione medica italiana, in termini di ciò che in pma
riveste davvero importanza, cioè in termini di gravidanze ottenute e di
effetti avversi, evidenziando che “in Italia, nel 2005, si sono
trasferiti, in conformità alla Legge 40, 3 embrioni, con l’aumentato
rischio di gravidanza trigemina, nel 50,4% dei casi, mentre in Europa,
l’anno precedente, si è proceduto ad un tal transfer solo nel 22,1% delle
coppie, obbedendo al principio del SET, “Selected Embryo Transfer”, allo
scopo, contrariamente a ciò che avviene in Italia, di ottimizzare le
possibilità di gravidanza riducendo al minimo possibile il numero di
gravidanze gemellari e plurigemellari, pericolose per madre e bambini ”.

Importante la prospettiva sociologica di {{Marina Mengarelli Flamigni}},
Sociologa, Presidente Osservatorio Sociale Infertilità che, nel
tratteggiare il profilo della “coppia sterile che accede alla pma”,
afferma:“Una delle domande che i ricercatori si sono sempre posti sulle
coppie che intraprendono la PMA riguarda la loro presunta e discussa
“normalità”.
_ Sono donne e uomini normali come tutti gli altri cittadini di questo paese?
_ Come è noto, per la legge italiana la risposta a questa domanda è no, non
sono uguali a tutti gli altri, visto il modo in cui vengono trattati dal
nostro legislatore, ma per chi si occupa di scienze sociali la risposta da
dare è un’altra.

Se si vuole trovare un denominatore comune per le donne e gli uomini che si rivolgevano alle PMA, questo può essere rintracciato in un
atteggiamento complessivo che potrebbe essere ricondotto ad una maggior aderenza ad un modello familiare che potremmo chiamare, almeno sotto questo profilo “tradizionale”, per il quale la procreazione è un indicatore di “normalità familiare” e di un sano assetto psico-relazionale individuale.”

Ritornando alla prospettiva giuridica, perché così è modulato il Convegno, affrontando di volta in volta una particolare angolatura della materia, ecco l’{{Avv. Maria Paola Costantini}} che, nella sua analisi dell’assetto normativo in Italia relativo alla procreazione assistita, sostiene che “La materia relativa alla procreazione medicalmente assistita, pur essendo inquadrabile nell’ambito sanitario, ha ricevuto scarsa attenzione sotto il profilo del diritto alla salute dei soggetti coinvolti e del rispetto delle buone pratiche mediche e deontologiche.

{{La regolamentazione, prima della Legge 40}}, era infatti minima (circolare Degan oltre che una serie di
decreti ministeriali contenenti divieti di commercializzazione dei gameti,
ecc.). Le singole Regioni avevano poi provveduto ad autorizzazioni e
successivamente al DLgs 502/92 e seguenti a emanare norme di ordine
organizzativo e tecnico.
_ La legge 40 rappresenta la prima normativa in senso stretto. In qualche maniera si è passati dall’assenza di regolamentazione a un a legge molto e forse troppo dettagliata.”

Entrando a questo punto nel dettaglio medico, per meglio comprendere e far comprendere la concretezza dei fatti, il {{Dott. Nino Guglielmino}}, UMR di Catania, affrontando il tema cruciale della Diagnosi Genetica Preimpianto sull’embrione, spiega che “Principio della PGD è identificare embrioni che svilupperanno malattie genetiche o cromosomiche prima del trasferimento in utero e instaurare una gravidanza a partire da embrioni diagnosticati non-malati.
_ L’obbiettivo della PGD è eliminare l’idea di inevitabilità
della malattia ereditaria, eliminare il dilemma e la sofferenza
dell’interruzione volontaria di gravidanza per feto geneticamente malato,
eliminare la sofferenza creata dall’ansia e lo stress nell’attesa dei
risultati della Diagnosi Prenatale (amniocentesi, villocentesi ecc.),
aumentare l’autonomia dei genitori, permettendogli di scegliere la tecnica più conforme ai loro principi morali, riducendo il peso psicologico”.

Ed è proprio affrontando anche la tematica della PGD che l’{{Avv. Ileana
Alesso}}, nel suo intervento “La sentenza del TAR del Lazio, tra monito allo Stato e aspettativa per le coppie” considera tale sentenza “Un monito per lo Stato che con un provvedimento amministrativo – le linee guida ministeriali – ha illegittimamente modificato la legge 40 vietando la
diagnosi pre impianto per le finalità terapeutiche e diagnostiche
consentite dalla legge medesima”.
_ Continuando così la digressione: “La pronuncia del Tar entra nel paradosso e nella crudeltà della legge 40 per uscirne rimettendo alla Corte Costituzionale la relativa questione di legittimità per il contrasto con l’art.3 della Costituzione, in considerazione della violazione: del canone di ragionevolezza, della parità di trattamento, dato che tratta in egual modo situazioni invece diseguali, nonché dell’art. 32 della Costituzione medesima, nella misura in cui consente pratiche che non bilanciano adeguatamente la tutela della salute della donna con la tutela dell’embrione”.

La {{Dottoressa Feliciani}} del Centro Sismer di Bologna offre a questo punto un quadro completo e dettagliato dei dati dei risultati pma in Italia pre e post Legge 40, rifacendosi ai risultati del 2006, di recente resi noti dall’ex Ministro della Salute Livia Turco: tra i punti salienti, quello
dell’eccesso di “materiale biologico”, cioè ovociti prodotti in seguito a
potenti stimolazioni ormonali, scartato, pari al 51% nel 2005 e ad un
quasi pari 48% nel 2006, dovuto all’obbligo di non creare più di 3
embrioni e la controtendenza italiana, rispetto al resto d’Europa, di
vedere diminuite le percentuali di gravidanza (24,6%) e aumentare invece gli effetti indesiderati delle tecniche (21,1% di abortività).

Fondamentale l’apporto dell’ {{Avv. Clara}} relativo alla Legge 40 e alla
tutela dei principi costituzionali, esemplificato in questa affermazione:
“La legge 40 presenta numerosi vizi di costituzionalità: non sono tutelati
i diritti alla procreazione, alla libertà di ricerca scientifica ed alla
salute da parte della collettività, all’ uguaglianza dei cittadini in
conseguenza della discriminazione in base alla gravità della patologia, il
diritto alla salute in conseguenza della prederminazione legislativa delle
procedure mediche senza considerazione del principio della doverosità
dell’ uso della miglior tecnica possibile riferita al caso specifico.”

Conclude la sessione del mattino {{Eleonora Voltolina}}, Associazione Luca Coscioni e Cellula Coscioni di Milano facendo un excursus delle numerose azioni che l’Associazione Coscioni ha lanciato e lancia in tema Legge 40, ad esempio l’invito alle coppie di rivolgersi alla Corte Europea, nonché negli altri campi a rilevanza bioetica.

E’ la {{Dottoressa Vucetich}} di Tecnolab S.r.l., Milano, all’inizio del
pomeriggio, ad affrontare la tematica dell’azione medica che, con la Legge
40 deve rimanere integra e deontologicamente corretta mantenendo il
rispetto della Legge tenendo però come stella polare i diritti dei
pazienti, cosa non facile, visto che, in certi casi, il diritto del
paziente alla miglior cura possibile contrasta con alcuni articoli di
Legge, come l’Art. 9 che sancisce il divieto di fecondazione eterologa,
unica cura per i casi di sterilità grave maschile o femminile o l’ Art. 14
che toglie dalle mani dei medici strumenti importanti come la
crioconservazione degli embrioni e la possibilità di decidere, in base al
caso specifico, quanti ovociti fecondare.

L’ {{Avv. Nello Papandrea}} prosegue con una valutazione critica del divieto
di diagnosi preimpianto e afferma che “E’ evidente che in presenza dei
presupposti legittimanti previsti dall’art. 4 L. 194/78, non consentire di
utilizzare le conoscenze sullo stato di salute dell’embrione acquisite ai
sensi dell’art. 14, comma 5 della L. 40/2004 per evitare l’insorgere di
una gravidanza potenzialmente dannosa per la donna, costringendola al
successivo percorso amniocentesi o villocentesi ed interruzione volontaria
di gravidanza, comporterebbe l’inutile sottoposizione della donna a
rischi per la propria salute che sarebbero evitabili grazie alle
conoscenze scientifiche e tecniche acquisite, in palese violazione degli
artt. 2,13 e 32 della Carta Costituzionale.”

Si parla di coppie sterili e dei loro diritti, ma non si devono
dimenticare i grandi esclusi della Legge 40, gli aspiranti genitori ad
alto rischio di generare figli con gravi patologie genetiche che quindi si
vedono, dalla Legge medesima, negare il diritto di accedere alla PMA con
PGD, unica speranza accettabile, per loro e per i loro figli.
_ E’ il {{Dott.
Gerardo Tricarico}}, Presidente Fondazione Ierfc a parlarne, focalizzando
l’attenzione sui malati e portatori di fibrosi cistica che, con la
presente Legge, sono costretti o a generare figli malati di questa grave
malattia degenerativa che distrugge i polmoni o ad effettuare un aborto
terapeutico a 20 settimane inoltrate di gravidanza. Il Dott. Tricarico
descrive il calvario quotidiano dei malati, assediati da continue e
gravissime infezioni polmonari.

Identificare la tipologia di coppie i cui diritti sono più lesi da questa
Legge è molto importante e lo fa la {{D.ssa De Lauretis}}, Centro Infertilità
S. Rita di Milano; oltre a chi è discriminato senza appello, come chi
avrebbe necessità dei gameti esterni alla coppia o a chi soffre di
patologie genetiche sono le coppie a grave fattore maschile, le coppie in
cui il numero di ovociti è elevato a soffrire di più delle conseguenze
della Legge 40.

Finora “solo” i tecnici, giuristi, medici, sociologi, adesso una paziente,
{{Federica Monti}}, Sos Infertilità Onlus, offre la sua esperienza e il suo
punto di vista sulle coppie sterili che senza uso di gameti esterni alla
coppia, la cosiddetta “eterologa”, non potrebbero diventare genitori:
affronta la tematica dal punto di vista dei bambini nati grazie a questa
tecnica che, nonostante siano, come tutti i bambini, tutelati dalla Legge
italiana, lei definisce “fuorilegge” non in senso stretto, legale, ma
pensando al pesante pregiudizio sociale che li circonda, pregiudizio
sociale che la Legge 40 e il suo articolo 9 non fa altro che incoraggiare,
e che rende molto difficile per queste famiglie vivere la loro
insindacabile scelta d’amore in un’atmosfera di serenità e verità.
A questo punto, la parola agli psicologi.

Dopo l’interessante digressione della {{Dottoressa Chiara Omboni}},
dell’Associazione La Casa Rosa dedicata alla maternità dopo la
procreazione medicalmente assistita, ascoltiamo le Dottoresse Cristiana
D’Orsi e Simona Capurso, Psicologhe, Sos Infertilità Onlus che, sondando
il disagio che la sterilità provoca, disagio reso più grave dal non
potersi curare al meglio nel proprio paese o dall’essere costretti ad
“emigrare” accedendo a tecniche considerate fuorilegge a casa propria,
affermano : A livello di coppia la “crisi di infertilità” può inficiare
le sfere della comunicazione, dell’attività sessuale e dei progetti futuri
e dar luogo ad una situazione di conflitto e di isolamento sociale.
_ Legge 40: in nome di una regolamentazione necessaria sembra essere in
secondo piano la “degnità” per una donna e per un uomo di essere
semplicemente genitori.

La legge 40 amplifica il senso di non potersi curare nel proprio paese e
di sentirsi negata la propria malattia.
_ La coppia può non sentirsi compresa nella scelta e in difficoltà a
spiegare che ha bisogno di una cura che in Italia non c’è.
L’esperienza dolorosa delle coppie sterili richiede il giusto
riconoscimento per avere posto attenzione sul valore della genitorialità e
sul dono prezioso della maternità, contribuendo al ritorno della cultura
della natalità.”

Questa lunga giornata, densa di contenuti, si conclude con le parole di
{{Rossella Bartolucci}}, Presidente di Sos Infertilità Onlus: “l’Italia ha, in
questa materia, la Legge più restrittiva, seguita, ma con importanti
differenze, da Svizzera e Germania.
_ Le differenze sono tanto importanti,
il fatto ad esempio che sia colà permesso crioconservare zigoti o
effettuare la donazione di spermatozoi laddove necessario, che soprattutto la Svizzera è frequentatissima meta di quel fenomeno che, con amara
ironia, è chiamato “turismo procreativo” di coppie italiane in cerca
nientemeno che di figli.
_ Questo è altamente discriminatorio e lesivo dei pazienti infertili italiani.
E’ per questo che stiamo sostenendo le coppie che, in possesso di precisi
requisiti, desiderano fare ricorso per ottenere in Italia le tecniche loro
necessarie per curarsi ma non permesse dalla Legge nonché il risarcimento
danni relativo alle spese dovute sostenere all’estero al fine di ottenere
cure non ottenibili in Italia.