Per gli stupratori (di gruppo) il carcere è previsto, ma non obbligatorio Per le vittime il carcere non è previsto, ma è obbligatorioLa sentenza della Cassazione che ha stabilito la possibilità
dell’applicazione di pene alternative per i violentatori che nel 2006
stuprarono in gruppo una dodicenne.
_ Dei tre delinquenti, i due imputabili
già all’epoca (avevano 15 e 17 anni), sono oggi dei maggiorenni.
_ Hanno
goduto all’epoca dei fatti l’ampia solidarietà cittadina e delle loro
famiglie.

La vittima di uno stupro, come tutte le vittime della violenza sessuata, ha
bisogno di giustizia; quando la cerca nella sola via legittima per
ottenerla, nella maggior parte dei casi, ottiene una sentenza che
rispecchia la cultura del paese e la limitatezza di leggi, leggi che non
hanno mai messo al centro dell’interesse collettivo la salvezza delle donne.

Un collage di leggi approvate col peso dell’intoccabilità della famiglia,
risente di un’ideologia di fondo, ovvero che lo stupro e tutta la gamma dei
crimini commessi dagli uomini sulle donne, solo perchè donne, siano reati
di scarsa pericolosità sociale.

La legge rappresenta davvero il sentimento, l’interesse e la cultura, viste
le pratiche relazionali e sessuali di una buona parte dei parlamentari, che
la politica ha imposto al paese grazie al potere che esercita nei media.

Anche in questo contesto le sentenze sono importanti per la vittima.
Proprio per sopravvivere alla cultura ostile, la vittima attende da quelle
sentenze la prova di poter aspirare ad essere ancora cittadina e libera.
_ Le
vittime, tutte, hanno bisogno, per girare la pagina del dolore, di
giustizia.

Non è una questione di vendetta, è il bisogno di ascoltare dalle
Istituzioni la parola che stabilisca che ciò che le è accaduto è
inammissibile, il bisogno di sapere che i complici che giustificano “i
bravi ragazzi che hanno sbagliato perchè provocati”, e che l’attendono
fuori dall’aula per continuare ad infamarla, avranno una ragione di meno
per sentirsi soddisfatti.

Giustizia non significa che i minorenni colpevoli vengano aspramente
puniti. Il sistema giudiziario dovrebbe disporre di strumenti rieducativi e
socialmente sanzionatori del crimine quanto e più del carcere, per
controllare i delinquenti fino e non prima della ragionevole e fondata
prova del loro recupero alla convivenza pacifica con l’altro genere

Far tornare i colpevoli (a scontare una pena?) nelle famiglie che li hanno
giustificati, equivale a far tornare un giovane manovale della camorra
nell’ambiente familiare che ha coltivato il suo delinquere.

I giudici della Cassazione hanno fatto finta di non sapere che se quei
ragazzi “avessero esagerato”, una bambina sarebbe morta. Sembra anche che
quei giudici non sappiano che violenti e assassini di donne perchè donne,
che scontavano pene alternative in strutture incompetenti adibite, per
clientela, a strutture rieducative, sono tornati ad uccidere in corso di
pena.

“lo sdegno trasversale” sollevato dalle (poche, perchè sono poche le
elette) parlamentari Italiane, sarà forse l’unico provvedimento che la
politica prenderà, entro la fine della legislatura. Nella prima, come nella
seconda e nella terza Repubblica, salvarsi e salvare dalla violenza
sessuata le donne e i loro figli non è affare di Stato.

Se il movimento delle donne dovesse sentirsi sconfitto per ciò che accade
nei tribunali, per ciò che si decide nella destinazione dei fondi,
distratti dai centri antiviolenza competenti, a luoghi incompetenti e
“caritatevoli” , per le trattative nelle politiche occupazionali che
impongono la dipendenza economica alle donne, ne avrebbe qualche ragione.
_ Ma dalle sconfitte si può imparare, a patto che lo si voglia.