Le suore sono donne come tutte le altre: le integrate, assimilabili a domestiche del clero; le pensatrici, teologhe senza cattedra (soprattutto se femministe). Come nella società civile anche nelle chiese rappresentano un valore aggiunto, sostanzialmente sprecato perché accolto solo in cambio della subalternità.

Infatti, una “superiora”, finché resta nell’ombra, procede senza problemi (anche se è perdita per la chiesa); se acquista qualche visibilità, diventa scomoda per la struttura di appartenenza. Che, spesso, reagisce.

Come tutti i maschi, i preti – maschi che conoscono (escludiamo, per favore, il significato biblico del verbo) solo donne che non siano madri e sorelle, e non hanno famiglia che non sia quella d’origine – intenderebbero governare le “sorelle nella consacrazione”, contestando e reprimendo ogni loro libertà e autorità di interferire. E perfino di “esserci”.
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Per quel che riguarda l’informazione}}, i media corrono dietro agli scandali e ai corvi vaticani, ma danno scarse notizie di contestazioni femminili riferite a idee e principi importanti per la libertà di opinione di tutti. Su versante laico l’informazione sottorappresenta la scienziata {{Fabiola Gianotti,}} più di altri responsabile della scoperta di Higgs, già Commendatore della Repubblica Italiana “per conoscenze scientifiche, doti gestionali e prestigio internazionale”; su quello religioso penalizza le donne che intendono aiutare le chiese a programmare rinnovamenti e futuro.

{{Tutte le chiese hanno difficoltà con il genere femminile:}} le rabbine faticosamente pretendono di fare parte del popolo che ricevette la Torah, così come le vescove anglicane vengono fatte responsabili della “conversione” al cattolicesimo dei conservatori (peraltro bene accolti, anche se ammogliati, dai “papisti” celibatari). Dell’Islam non occorre parlare.

Consideriamo la cattolicità. Il 18 aprile 2012 la Congregazione per la dottrina della fede ha pubblicato una “valutazione dottrinale” della LCWR, {{(Leadership Conference of Women Religious}}), la Federazione delle superiore degli ordini femminili americani, che rappresenta l’80 % delle suore americane. Dopo lunghi mesi di controlli da parte di “visitatori apostolici”, il Vaticano è arrivato al commissariamento e alla nomina di un arcivescovo delegato, assistito da due vescovi, “per la revisione, la guida e l’approvazione, ove necessario, dell’operato” della Federazione. Il prefetto della Congregazione, cardinal Levada, ha formulato “l’auspicio di riuscire a evitare…. eventuali fraintendimenti”, auspicio dimostratosi puramente ricattatorio a fine procedimento.

Quali erano le imputazioni, i {{“seri problemi dottrinali”}} che hanno messo in moto l’atto d’accusa? La Chiesa va sul drammatico: {{“strategie di dissenso organizzate}}” rispetto agli indirizzi del magistero cattolico e {{“femminismo”}}. Nei fatti le suore americane ritengono di obbedire alla loro vocazione discutendo e scrivendo, ma anche facendo iniziative su argomenti su cui le donne sono maggiormente disposte a cogliere in modo più costruttivo cambiamenti ineludibili: generi, corporeità, sessualità (omosessualità compresa) sono tematiche su cui il pensiero cattolico è in grave ritardo e, ovunque, imponendo regole che i credenti non sono più disposti a seguire, svuota la credibilità dello stesso magistero. Ma quello che provoca maggior ostilità in Vaticano è {{la scelta politica della Lcwr}}, favorevole all’Obama della riforma sanitaria, giudicata abortista dal Vaticano.

In Italia di recente don Armando Matteo ha pubblicato “{Fuga delle quarantenni}”, per rappresentare la secolarizzazione perfino delle madri di famiglia e lo svuotarsi delle parrocchie, irrimediabile in prospettiva se viene meno la responsabilità della trasmissione della fede, per consuetudine affidata alle donne. Infatti l’istituzione non ha mai insegnato la responsabilità procreativa ed educativa dei padri, anche se è bello per tutti ripensare la tenerezza materna delle preghierine notturne. Ma anche se, ormai, le donne accettano sempre meno di essere escluse dal pensiero della Chiesa, neppure gli abbandoni dissuadono il Vaticano dall’usare il prepotere maschilista.

{{Oltre alla Lcwr, sono state richiamate alla disciplina le Scout americane,}} che si sentono prese in mezzo alla guerra culturale interna al cattolicesimo e, giustamente, non intendono tornare indietro. Quindi,{{ fuga non solo delle madri, ma anche delle figlie? }}

Nell’incontro/scontro che le rappresentanti della Lcwr – le sorelle{{ Pat Farrel e Janet Mok}} – hanno avuto con il card. Levada i fraintendimenti sono rimasti e si è fatta esplicita la minaccia di sostituire la Federazione con un “organismo più disciplinato”. Sr. Farrel, presidente uscente (nuova eletta è la francescana{{ Florence Deacon}}), ha spiegato che la Chiesa non deve avere paura di affrontare i cambiamenti: “alla famiglia umana non servono l’individualismo, il maschilismo del patriarcato, la mentalità ristretta e la competitività. Il mondo sta superando la concezioni dualistiche del passato – superiori/inferiori, buoni/cattivi, dominanti/subalterni – sostituite da termini emergenti come uguaglianza, comunione, collaborazione, sinergia, libertà di espressione, pienezza, reciprocità, conoscenza intuitiva, amore”.

Se il card. Levada pensa di tornare al Concilio di Trento e delle superiore degli Ordini religiosi femminile soggette all’approvazione dei corrispondenti Ordini maschili, ha probabilmente fatto male i suoi calcoli. Pur {{silenziate dall’informazione che conta,}} sono state numerose le espressioni di solidarietà a favore della Lcwr e delle teologhe censurate.{{ La superiora generale delle francescane austriache}} in un’intervista all’Oberoesterreich Nachrichten del 2 giugno sosteneva la necessità del rinnovamento della Chiesa in nome del Vangelo “che è una buona notizia della grazia e non un annuncio di regole morali”: deve partire dal basso perché “dall’alto non verrà mai” Quanto alle minacce di sanzioni alle disubbidienze della Chiesa austriaca, la religiosa non si fa troppi problemi: “le tengo veramente in poco conto”, anche perché la Chiesa ha una “paura non buona” delle donne, che non ammette neppure al diaconato (come se non fossero “persone che vogliono mettersi al servizio di Gesù Cristo”) solo per “la paura delle gerarchie che le donne si avvicinino troppo al presbiterato o addirittura alla funzione di vescovo”.

{{Sr. Margaret Farley}} , già docente di etica alla Yale Divinity School e presidente dell’Associazione Teologica Americana, aveva scritto nel 2006 “J{ust love: a Framework for Christian Sexual Ethics}”, per dire che solo l’amore – che significa anche giustizia, rispetto, reciprocità e assenza di violenza e paura – deve governare le relazioni sessuali. L’ex-Sant’Ufficio si fece sentire per condannare gli “errori” del libro e la polemica dura tuttora: lo scorso giugno, tuttavia, i teologi americani hanno votato all’unanimità un documento di sostegno nei suoi confronti in una sessione in cui sr. Margaret aveva posto in questione la contraddizione implicita nel “potere” di risolvere le questioni di fede: se tutti hanno la capacità di conoscere ciò che dobbiamo fare e riconosciamo la possibilità dell’errore e delle diverse opinioni, perché definire le risposte per grazia (e autorità) di stato?

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Sr. Elizabeth Johnson}} è l’autrice di {Quest for the living God} (2007): docente di teologia sistematica alla Fordham University in possesso di un numero notevole di lauree honoris causa, ritiene di fare teologia proprio come da bambina desiderava guidare i rimorchiatori (altro mestiere vietato alle donne): cerca, infatti, di rimorchiare la barca di Pietro sulla rotta dei bisogni del nostro tempo. Il libro non è piaciuto alla Conferenza episcopale americana che da cinquant’anni boicotta il Vaticano II. Elizabeth è vissuta nello spirito profetico della Gaudium et Spes e le è “impossibile tornare alla mentalità ristretta, arrogante e reazionaria” della vecchia tradizione. Alle accuse contro la Johnson di non riconoscere l’autentica dottrina cattolica, il teologo Stephen J. Pope del Boston College ha replicato che il libro non ha problemi di ortodossia e che{{ la ragione della denuncia è solo “politica: certi vescovi decidono di punire i teologi scomodi per creare esempi”.}} Ricercare il dio vivo è quasi un compito dovuto per chi ha fede e vive in un mondo globalizzato che non può restare ristretto all’alveo dell’antica tradizione e, soprattutto, di una sola tradizione: è proprio la fissità sul passato che non consente di rimorchiare l’antico barcone su un canale più ampio anche con la bussola del gender.

“Il gender – dice a sua volta {{Teresa Berger,}} della Yale University – rappresenta {{un contenzioso}} perché ha a che vedere con la natura di Dio ed è percepito come una minaccia ai fondamenti della fede”. Anche {{sr. Teresa Kane}}, presidente a suo tempo della LCWR (nell’ottobre 1979, in occasione della prima visita agli Usa di Giovanni Paolo II, chiese che “il potente messaggio della nostra Chiesa per la dignità e il rispetto di tutti” comprendesse “la possibilità delle donne in quanto persone di essere incluse in tutti i ministeri”. Chi seguiva in Tv la cerimonia ebbe occasione di vedere il gesto di irritazione e di ripulsa del Papa all’ascolto di queste parole) ritiene che nemmeno oggi “capiscono quanto abbiamo da dire… come se (in Vaticano) non apprezzassero ciò che abbiamo realizzato; e non vedessero il valore e la saggezza di ciò che le religiose hanno fatto in tutti questi anni”.

{{Il gesuita nigeriano Agbonkhianmeghe Orobator}}, in una recente conferenza dell’Associazione teologica americana, riferita dal National Catholic Reporter, è intervenuto con particolare forza: “Come Chiesa, finché surretiziamente, ma con tenacia portiamo avanti una politica di discriminazione ed esclusione, ci troviamo davanti a Dio come Caino, storditi da una domanda che non possiamo eludere con un colpo di bacchetta magisteriale: Chiesa, dov’è tua sorella? Chiesa, dov’è tua madre?”. Sono le parole di un fratello che guarda al futuro, ma non è più disposto a ripetere gli errori passati. Benedetto XVI, invece, resta {{padre-padrone}}: per la Pasqua di quest’anno, nell’omelia della “messa del crisma”, ha ribadito il no al sacerdozio femminile; il lunedì dell’angelo ha ricordato il grande spazio che hanno le donne nei Vangeli nonostante la mancanza di valore formale e giuridico loro attribuito in Israele: “Ma le donne hanno vissuto un’esperienza di legame speciale con il Signore, che è fondamentale per la vita concreta della comunità cristiana, e questo sempre, in ogni epoca, non solo all’inizio del cammino della Chiesa”.

Post hoc e propter hoc: la consegna ai laici da parte del Vaticano II di regalità, sacerdozio, profezia è stato un dono oppure la ripetizione di una formula ormai incomprensibile ai più, affinché nulla cambi? Alle donne interessano così poco i poteri che vorrebbero modificarli tutti: vorrebbero semplicemente che la Chiesa riconoscesse nel suo statuto il loro diritto autonomo ad essere sorelle. {{Non mute, per favore.}}

{Immagine da asca.it}