Riceviamo dall’on. Katia Zanotti e volentieri pubblichiamo ampi stralci del suo intervento in occasione della presentazione ufficiale (il 3 maggio, nella Sala del Mappamondo alla Camera dei Deputati) dell’Indagine conoscitiva sulle condizioni sociali delle famiglie, promossa dalla XII commissione Affari sociali della Camera dei Deputati . L'[indagine->http://www.camera.it/_dati/lavori/bollet/chiscobollt.asp?content=/_dati/lavori/stencomm/12/indag/famiglie/elenco.htm] evidenzia, fra l’altro, il ruolo determinante svolto dalla famiglia sul piano del welfare: un ruolo certamente non “naturale” (nel manifesto dell’Ugl in occasione del Family day : “Famiglia: welfare naturale”).

Giustamente […] il Presidente Mimmo Lucà, nel profilo da dare all’indagine, ha evitato di portare la Commissione a discutere preliminarmente della definizione di {{famiglia-famiglie}} […] perché le politiche sociali devono intervenire laddove si esercita assunzione di responsabilità, relazione affettiva, reciprocità, cura, laddove ci sono figli. Di questo luogo si occupano le politiche sociali, indipendentemente da definizioni, formalizzazioni, catalogazioni. Indipendentemente dall’orientamento sessuale dei componenti la coppia. E’ {{inaccettabile}} l’idea che gli interventi di {{sostegno sociale possono essere riservati solo alle coppie regolarmente sposate}} ai sensi dell’art. 29 della Costituzione. […]

La nostra idea di politiche a sostegno delle famiglie non si può limitare a riconoscere in modo formale un diritto, innanzitutto delle persone che compongono le famiglie e delle stesse famiglie, ma si deve preoccupare di come renderlo praticabile. E’ questo che definisce il profilo di un sistema di protezione sociale che superi definitivamente un impianto di politiche di stampo prevalentemente riparatorio e assistenzialistico. Serve una marcia accelerata verso un aggiornamento di cultura politica che intenda il sistema del {{welfare come grande occasione di accrescimento di mezzi, risorse, opportunità a garanzia della libertà di scelta delle persone.}}

La dimensione del quotidiano, della {{normalità del quotidiano}} rispetto ai bisogni, ai disagi, alle inadeguatezze, alle tensioni che attraversano le famiglie, è ormai da tempo la dimensione che richiede risposte urgenti perché è lì dentro che si giocano le gestioni strategiche dei tempi, delle relazioni, dei patti di solidarietà; è lì che in una specie di micro welfare domestico si inventano le soluzioni per la vita di ogni giorno: e le donne sono le eccellentissime e fantasiose e concilianti “acrobate”di questa dimensione. E’ nel luogo famiglie che si rischia, con l’aria di arretramento che si respira sul piano culturale, {{l’affievolimento dei diritti dei singoli}}, e soprattutto la scomparsa dei diritti delle donne dall’agenda di qualsiasi politica.

La relazione del presidente Lucà rappresenta un punto di equilibrio condivisibile che mi consente di trarre dall’indagine qualche considerazione con riferimento, appunto, alla {{praticabilità di diritti e libertà dentro un’attività molto complessa di conciliazione che riguarda le donne}} che, come ha sottolineato […] Chiara Saraceno, hanno sì modificato i loro comportamenti in una situazione, quella dei carichi familiari, che non è per niente mutata.

Ed è proprio pensando a loro, a quante sono le donne che continuano nella {{fatica della doppia presenza}}, continuano perché hanno saputo dare valore e significato a molte azioni e molti gesti che svolgono nella vita quotidiana, operando spesso una resistenza silenziosa e sofferta ad una maternità non valorizzata e sostenuta, proprio pensando a loro ritengo che vada rafforzata una riflessione sul modo concreto in cui le donne possono esercitare e godere dei diritti dentro la famiglia, diminuendo il grado delle loro dipendenze dai vincoli di reciprocità che si instaurano al suo interno.

[…] E’ con le{{ identità delle singole e dei singoli}} […] che ci si deve misurare:

– Una {{identità femminile}} ancorata ancora e soprattutto ad una autonomia incardinata sul lavoro extrafamiliare e su una etica della responsabilità che coniuga diritti di autorealizzazione con doveri di cura da condividere fra uomini e donne.
– Una {{identità maschile}} che evidenzia ancora una non egualitaria corresponsabilità degli impegni di cura.
– La presenza di una forte cultura della {{solidarietà fra generazioni}} che tende a mantenere a casa le persone non autosufficienti e un alto investimento in domiciliarità.
– Una rigidissima connotazione al femminile di un {{mercato del lavoro di cura}} ( in particolare quello domiciliare a tempo pieno) a forte rischio di segregazione e invisibile sia per quanto riguarda le lavoratrici in esso impegnate, sia per quanto riguarda l’attività di supporto e accompagnamento assicurato loro da altre donne che sono, di fatto, le loro datrici di lavoro.
_ E’ una dimensione relazionale di{{ “catena di cura” tutta al femminile}}.

{{Compito della politica}} sarebbe quello di aumentare i gradi di libertà levando di mezzo le costrizioni pesanti che al contrario li riducono. Si mettono a rischio le libertà e si incentiva la esclusione sociale se si fanno politiche solo degli assegni di genitorialità e dei bonus una tantum.

Questa è stata la caratteristica delle politiche del centro destra che, infatti, hanno abbandonato le famiglie al loro destino inneggiando contestualmente ad un retorico familismo cinico e amorale.

Come insegna il welfare nord europeo, non regge più, se davvero si vogliono fare politiche di sostegno alle famiglie e alle donne, la separazione nel binomio lavoro-famiglie. Perseverare nell’errore di tenerli separati spinge le donne verso i lavori precari o, quando proprio non ce la fanno a tenere e tenersi insieme, dentro le mura domestiche. Sono i dati Istat che mostrano l’aumento del numero delle donne che si licenziano alla nascita del primo figlio.

{{Un grande investimento nell’offerta di servizi}} deve essere fortemente incardinato dentro una cultura politica che fa del riconoscimento dei diritti e del sostegno alle libertà sostanziali uno dei punti di fondo per l’aggiornamento del welfare del nostro paese. A mio modo di vedere passa anche di qui {{il discrimine}} fra il perpetuarsi di politiche familistiche di tipo assistenzialistico e politiche che dotano le persone di mezzi, opportunità, risorse, mettendole in condizioni di scegliere fra opzioni diverse e meglio corrispondenti alla loro organizzazione quotidiana e ai loro progetti di vita. Le donne non potrebbero che trarne grandi, grandissimi vantaggi.

Concludo […] con una considerazione riguardo ai servizi facendo solo un riferimento […] alla grande questione non adeguatamente affrontata in questo paese, ma neppure da questo Governo relativamente al {{sostegno alle persone non autosufficienti e alle loro famiglie}}.

Proprio in risposta a bisogni sempre più consistenti , per le famiglie italiane si conferma la crucialità e la strategicità dell’auto aiuto e delle reti informali, da quelle familiari a quelle parentali che affiancano, ma soprattutto suppliscono il sistema pubblico di offerta, senza che tra le due realtà si realizzino integrazioni, non dico forti, ma almeno un poco più adeguate.

{{Adesso è davvero al limite la fiducia delle persone nelle istituzioni e nella politica}}, soprattutto quando la politica non riesce a costruire legami veri e profondi con le persone, non ne condivide le condizioni di fatica. Certo è che una politica così rischia di non avere futuro.