“Ben vengano le donne di maggio: siamo tutte aquilane”: così l’invito delle “donne terre-mutate” e le donne (qualche centinaio? ma i numeri non contano) sono con-venute a L’Aquila in una di quelle splendide giornate che l’Appennino abruzzese sa dare a maggio. Mentre scrivo (domenica mattina 8 maggio) proseguono gli incontri di confronto nelle varie stanze come da programma; le donne aquilane faranno poi le loro valutazioni su questo evento in rapporto alle loro attese ma già ora si possono buttar giù alcune impressioni.
Prima fra tutte: la risposta delle donne c’è stata, {{le donne sono arrivate da tanti luoghi diversi, con tante storie diverse}}.

Molte hanno voluto vedere il centro storico distrutto: una scena da film un po’ surreale, il Corso e alcune poche strade limitrofe con i palazzi quasi impacchettati e le donne e qualche turista a circolare sotto il sole splendente (un barista mi dice che di notte arrivano i giovani nei pochi locali riaperti; il tassista la domenica va nella villa comunale perché almeno sta in città e non nel centro commerciale).
Altre hanno scelto di visitare le zone del “progetto C.A.S.E.” per prendere visione di come è stata gestita dall’alto l’emergenza.

Le donne aquilane avevano, con questo invito all’incontro, innanzitutto bisogno di denunciare {{le logiche di espropriazione della volontà del territorio }} anche nelle prime fasi del post-terremoto, le scelte sbagliate fatte in nome di logiche di potere ma anche il bisogno di ri-costruire quello che fa una città: i luoghi delle relazioni e le relazioni stesse. Il centro storico chi sa quando potrà essere ricostruito (venti-trenta anni? non è qui il caso di affrontare le questioni tecniche) ed ora la vita si svolge in un territorio disseminato di costruzioni abitative, commerciali, industriali: {{una città non-luogo}}.

Le donne da tempo hanno cominciato a lavorare in questo senso e per questo hanno cercato di fare rete con altri luoghi di donne. Riusciranno a ri-fondare la città? Vogliono andare oltre quanto proclama lo striscione tricolore sulla torre comunale “jemo ‘nnanzi”, che rischia di assimilarsi troppo ad un tirare avanti.

Luisella Veroli, studiosa dei luoghi simbolici di divinità e di energia delle donne e che ha condotto la sera di venerdì 6 un momento rituale attingenfo acqua dalle 99 cannelle (fontana mitica de L’Aquila), guarda fiduciosa all’energia femminile che si è espressa in quella ritualità.

Personalmente mi basta {{aver toccato con mano tutto il lavoro fatto nella organizzazione di questo incontro e percepito la risposta che ne è venuta fuori.}} Anche il fatto di aver ritrovato facce note che mi rinviano alle mie varie esperienze di vita, mi conferma che le donne chiamate{{ su progetti concreti sanno fare rete}}.

{Nella foto}: {“regalati una poesia”, l’offerta di rotolini con poesia della Libreria delle donne di Bologna in una borsa fatta con vecchie copie de “il foglio del paese delle donne”, un altro segno di come si sta inconsapevolmente in rete.}