Pensiamo a questo incontro come a un ‘nuovo inizio’, all’inizio di un’assunzione di responsabilità da parte di donne “libere e pensanti”.Care amiche, care compagne,

abbiamo accolto molto positivamente la notizia dell’incontro a Paestum dal 5 al 7 ottobre e abbiamo apprezzato il titolo dell’incontro e la lettera-documento che Lea Melandri ci ha inviato.
_ Ne abbiamo discusso durante la nostra “scuola di politica” che si è tenuta anch’essa a Paestum dal 31 agosto al 2 settembre, incentrata sulla proposta di “reddito di cittadinanza e autodeterminazione”, cercando di delineare e costruire un punto di vista femminista sul reddito, sulla violenza maschile contro le donne, sulle unioni civili e i nuovi diritti, sulla crisi della politica.

Stiamo lavorando sul ‘basic income’ anche in relazione con donne della rete della Sinistra Europea (El fem), in particolare con le femministe di Syriza, perché pensiamo che oggi il reddito di cittadinanza e autodeterminazione sia una grande questione non solo sociale ma anche teorica, in quanto mette in discussione il concetto stesso di lavoro e la cultura lavorista della tradizione del movimento operaio novecentesco.

Ritornando all’incontro di ottobre, lo seguiremo con interesse e partecipazione, per alcune ragioni:

L’incontro nasce da un desiderio “autonomo” di riprendere dei fili forse mai interrotti e ri-dare voce a soggettività femministe libere e consapevoli. Diciamo “autonomo”, con riferimento ad alcuni grandi appuntamenti femminili e femministi che all’inizio di questo millennio si sono verificati, da “Usciamo dal silenzio” a Milano alla manifestazione contro la violenza maschile contro le donne a Roma “quel” 25 novembre.

Entrambe nascevano da un conflitto, la difesa della 194 (ma non solo), l’orgogliosa radicale critica della violenza contro le donne che veniva (e viene) intesa come problema di ordine pubblico e di sicurezza, la denuncia della violenza domestica e ‘familiare’ come conseguenza del tenace persistere del patriarcato, l’offensiva ‘laica’ nei confronti di un patriarcato religioso (a partire da quello cristiano e cattolico) tutto allineato a rivendicare il controllo sul corpo e sulla libertà delle donne.

In questa serie di espressioni femminili e femministe grandi e plurali non ci pare che si possa iscrivere il ‘movimento’ “Se non ora quando”, prevalentemente ispirato dalla indignazione nei confronti dell’indecente comportamento di Berlusconi, sponsorizzato sostanzialmente dal ‘partito’ di Repubblica e avente come icone anche donne sostenitrici della legge 40.

Se, cioè, il tema di quel berlusconismo da basso impero era il nesso sesso/potere, questo nesso non è solo visibile (e rappresentabile) come scambio favori sessuali/ricompense in denaro o protezioni; il potere è connesso al patriarcato che “coopta” le donne in progetti di promozione (o risse) maschile, di politica neutra, le fa volenterose consenzienti, formichine in fila per il riconoscimento dei maschi. Anche il patriarcato ‘democratico’ e ‘di sinistra’.

Questa “trasversalità”, tuttavia, non ci induce a seguire una moda ormai onnivora (del tipo “non siamo né di destra né di sinistra”), ma ci spinge a criticare e incalzare le sinistre, in quanto ci sentiamo in relazione con quelle donne che con le sinistre hanno ripetutamente aperto dei conflitti, affermando che se le rivoluzioni hanno “cambiato il mondo”, la rivoluzione più lunga, quella femminista, ha demistificato proprio il ‘soggetto unico’ delle rivoluzioni.

Oggi, tuttavia, siamo in un contesto radicalmente diverso: nel pieno della devastazione sociale e culturale dei 20 anni di berlusconismo, siamo alla rivoluzione passiva. Un ceto dirigente di bocconiani e banchieri è stato chiamato a coprire l’indecenza berlusconiana con politiche più asetticamente feroci: il governo dei tecnici è gradito al Vaticano, anzi lo ha tolto dall’imbarazzo di aver sorvolato sui ‘peccati’ del precedente premier.

Due donne importanti ci colpiscono: una ministra inconsapevole e ignara di una storia secolare di emancipazione e di ansia di dignità e una segretaria generale del più grande sindacato italiano, ancora indisponibile ad opporsi all’attuazione sistematica di una resa generale al pensiero unico e all’ideologia dei mercati, fatta passare come oggettiva, inevitabile conseguenza di ‘sprechi di massa’.

Atene viene spinta fuori da un’Europa che tutto deve alla Grecia, come ha splendidamente scritto Gunter Grass in una poesia considerata ‘antitedesca’.

Le donne animano nei territori movimenti di resistenza che non riescono a diventare movimento generale: le donne di Aviano, le donne NO TAV, le Mamme Vulcaniche vengono accusate di ideologia da “non nel mio giardino”, le precarie della conoscenza accusate di ansia di assistenzialismo, le donne di Taranto considerate con ipocrisia e pietismo solo mogli e vedove dell’Ilva.

Anche da una Chiesa che ha preso soldi dall’Ilva come contributo alle processioni della Santa Pasqua (come è noto la processione dei Misteri a Taranto dura un giorno e una notte). Il contesto è affollato:fatto di uomini politicamente vestiti e maschilmente protesi al governo e alle alleanze o di virili tribuni, e, molto in fondo, di una sofferenza maschile che ricorre a esibizioni estreme per rivendicare la propria dignità: a 70 metri di altezza o nel buio di una miniera di carbone.

Ebbene, questo è il contesto per cui pensiamo a questo incontro come a un ‘nuovo inizio’, all’inizio di un’assunzione di responsabilità da parte di donne “libere e pensanti”.

Con affetto

Scuola di politica del Forum delle donne Prc