Dall’Archivio dell’UDI

La resistenza delle donne ha fruttificato e molto. Sicuramente il revisionismo, che non perde occasione per polemizzare sulle celebrazioni del 25 Aprile, è pervaso dal livore verso la resistenza permanente al fascismo proteiforme. Non sempre arcigno, pronto servirsi anche dell’aspetto bonario del capo che accetta la satira e la presa in giro, il fascismo è stato interpretato, tra le altre, sulla scena politica italiana da leader che tramontati e risorti in forme, dobbiamo dire, sempre più volgari e che nonostante la loro inconsistenza culturale hanno lasciato e lasciano tracce profonde. La continuità tra il femminismo radicale e le lotte avanzate nella resistenza dalle partigiane, non si è mai interrotta nonostante la moderazione imposta dai “compagni di lotta” e dalle loro strumentali interpretazioni   dei significati svilupparti nella lotta al patriarcato.

Si può ben dire che l’odio per i processi di emancipazione femminile, nutriti da ogni lotta per la liberazione (per prima di tutto quella dal comando maschile), si riassume nelle scomposte reazioni e nella volontà di cancellare il ricordo delle donne e degli uomini che hanno combattuto la barbarie nazifascista. E agli uomini della resistenza è rivolta la tacita accusa di non aver saputo tenere a bada le proprie donne: le proprie donne, perché loro così le nominano e le concepiscono, impreparati come sono di fronte a una rivoluzione che non ha bisogno della faccia feroce che sempre gli uomini associano allo scontro tra loro.

L’aspetto di questi nuovi e sempre uguali fascisti cela però centri di potere, apparentemente, dispersi oltre i confini nazionali che, questi si, hanno come principale nemico il femminismo e comunque le donne. Sono le donne le nemiche da ammansire e, dove permangono indisturbate le condizioni economiche indotte dalla rapina multinazionale, schiavizzare. Li abbiamo visti a Verona, li vediamo con Trump e con Bolsonaro, e abbiamo visto l’impulso berlusconiano alla rete prostitutiva e ai tagli “lineari” soprattutto alla sanità pubblica materna.

Il fascismo serve a questo, e su questo lucra: a mantenere il dominio sulle donne che ha nella prostituzione il suo sbocco più naturale.

Con l’espansione della resistenza delle donne, per sua natura espansiva, nel percorso di uscita dall’emergenza Coronavirus le donne, dentro e fuori dai confini nazionali, hanno esplicitano con diversi linguaggi la volontà di ripartire dalla loro lotta partigiana e, come allora contro il nazifascismo, puntano alla liberazione da una visione politica ed economica che conta sul loro asservimento a progetti che le escludono per riprodurre gli errori e gli orrori di sempre. Altrimenti sarà sempre “fase 1”.