Alla libreria Cion Cion Blu di Pozzuoli, una bella libreria per bambini, un venerdì al mese, per lo più l’ultimo, si organizzano degli incontri: I venerdì del cambiamento. Gli abitanti della zona flegrea si riuniscono per relazionarsi tra loro e discutere su come operare cambiamenti nella loro vita quotidiana, a partire dai propri luoghi.Venerdì 20 aprile si è scelto di presentare il volume, edito da Liguori, { {{Architetture del desiderio}} }, un testo che raccoglie relazioni e discussioni del convegno [Microarchitetture del quotidiano. Sapere femminile e cura della città->http://www.tempiespazi.it/spazi/documenti/?act=i&fid=2458&id=20080707114806770], del 2008, ideato da donne e uomini della rete delle “Città vicine”, in relazione con architette, urbaniste e docenti del Policlinico di Milano e dello storico gruppo “Vanda”.

Questo libro rende visibile l’agire di abitanti che hanno a cuore lo spazio vissuto, i corpi pensanti e desideranti di fronte ai cambiamenti delle loro terre, le relazioni che si formano ed attraversano i propri luoghi dell’abitare. Non è un caso che il libro sia stato presentato a cura di Maria Rosaria Mariniello dell’associazione [Corto Circuito Flegreo->http://cortocircuitoflegreo.blogspot.it/], che organizza la filiera corto della zona, da Tristana Dini e Nadia Nappo del Collettivo della rivista online [Ada teoria femminista->http://www.adateoriafemminista.it/] e da Stefano Erbaggio del [Comitato flegreo di Salviamo il paesaggio->http://forum.salviamoilpaesaggio.it /].

In questo periodo sempre più si evidenziano i danni del territorio che si sgretola, si desertifica, si costruisce, si avvelena con le discariche e lo smaltimento dei rifiuti. D’altra parte la crisi pone con sempre maggiore insistenza le problematiche ambientali, energetiche ed alimentari. Urge un’altra visione, un altro sapere che possa orientare su come vivere lo spazio urbano e lo spazio campagna, che dal sapere della vita domestica apra lo sguardo sul reale.

Maria Rosaria e Stefano hanno evidenziato come le terre non sono più terre coltivate, curate, amate, ma utilizzate, sfruttate. La visione del luogo si perde, non esiste più l’idea di paesaggio.
_ Proprio da quest’idea si è cominciato, con la proiezione del video [Paesaggio->http://www.youtube.com/watch?v=-05J9aFYuBE] del professor Salvatore Settis, trasmesso nel programma “Che tempo che fa”, nel quale si evidenzia l’importanza di ripensare il paesaggio come integrazione tra città e campagna, distribuire gli insediamenti, accrescere il verde pubblico, rendere la vita di ognuna/o più felice.

Nadia Nappo ha sottolineato l’importanza di ripensare tempi e spazi proprio alla luce delle crisi che stiamo attraversando ed è partita dall’intervista di Ida Farè a Sandra Bonfigli in cui si ricorda il documento “{Le donne cambiano i tempi}”, nato intorno al desiderio di molte donne per un vivere collettivo, in cui sia permesso incontrarsi secondo i tempi della propria vita.

Avere un’altra visione degli spazi significa anche una diversa regolamentazione dei tempi, e questa visione di spazio e tempo in relazione è data dalla visione del proprio corpo e dall’esperienza della vita quotidiana.
_ L’idea di città moderna si regola sui tempi del mercato del lavoro, per costruire ambienti separati in sostituzione dell’ambiente familiare. Un gioco architettonico in continua sostituzione e separatezza.

Per Nadia Nappo in un presente in cui il lavoro non c’è, o comunque va inventato, gli spazi e i tempi si riaprono, si disegna una diversa relazione tra urbanizzazione e non urbanizzazione.
_ E’ proprio un’operazione di segno, il segno del pensiero della differenza che si articola con la nuova visione del paesaggio, perché siamo in un’era di trasformazioni e quindi di metamorfosi, una tensione al passato: miti, arte, immaginazione, creazione che tende al futuro, una nuova Schifanoia che dipinga sulle sue mura la visione d’incontro tra abitante e abitante, corpi e corpi, città e campagna, acqua e deserto, luci e grotte, antri e cunicoli, piazze e scene teatrali.

Nadia ha proposto per il volume l’articolo La cura del rifiuto che si apre alla visione dell’abitare, proprio dai resti si potrebbe avere un’altra visione dell’abitare, oltre la proprietà privata il pensiero dei beni comuni. Dov’è il proprio bene? Forse bisogna cercarlo anche in quell’immondo dove sono stati messi rifiuti di ogni tipo.

Quest’altra visione in particolare l’avverte nel pezzo di Silvia Marastoni, {Rifiuto con affetto}, dove si racconta di un progetto della città di Venezia. Molti oggetti che si ritengono non più utili sono messi in un bell’armadio di vetro, ed altre/i potrebbero ritenere quegli oggetti messi in vetrina ancora buoni per loro, un passaggio di mano in mano.
_ In quel passaggio si riapre la vita, un ponte tra cose, persone che si mettono in relazione tra tempo e spazio. Un altro racconto è quello di Chiara Zamboni, Gli spazi del pensiero: gruppi di artisti si spostano fra i luoghi della città di Verona, nello spostamento continuo, cambia la scena e accade l’imprevisto, appare altro.

Per Tristana Dini i saperi e le pratiche della differenza sessuale hanno scompaginato una volta per tutte la partizione tra spazio pubblico e luoghi privati e lo stesso effetto possono avere sulla partizione campagna-città che si apre ora a nuove forme di relazione.
_ Tristana parte dal racconto, contenuto in {Fatti privati e spazi pubblici } di Leonardo Cascitelli, in cui uno studente italiano di architettura che a Montreal coltivava una piccola aiuola sotto casa, regalando ai vicini i frutti di questo orto, riceve inaspettatamente dal sindaco una lettera di ringraziamento e un piccolo compenso.
_ Cosa accadrebbe in una città italiana?
_ Quello stesso studente verrebbe accusato di “appropriazione indebita” di suolo pubblico?

Se la pianificazione urbana disegna gli spazi pubblici marcando la distanza, la separatezza con le persone che li utilizzano, dall’altra parte la città, i suoi abitanti, “il paesaggio dei corpi”, fanno pensare ad un molteplice che non può più essere programmato, ad un “piano irregolare” scritto dagli abitanti secondo i propri ritmi vitali, i propri “fatti privati”.
_ Il conflitto insanabile tra fatti privati e spazi pubblici, tra città e campagna, giunge, per Tristana, ad un deleterio parossismo nel caso della città di Napoli, dove fai da te selvaggio degli individui e regolazione mercantile dello spazio pubblico procedono a braccetto nel costruire una città negata ai suoi abitanti e una campagna degradata dai rifiuti che la città produce e poi “rifiuta”.

Bisogna invece integrare pubblico e privato, città e campagna, nella visione più ampia del paesaggio, che apre alla bellezza di un orizzonte che rimanda oltre, all’infinito, agli spazi presenti come ai mondi possibili.

In questo senso, ad una struttura cittadina il cui centro rinvia già ad un paradigma di esclusione e marginalizzazione di periferie e campagne, Tristana oppone, riprendendola dal racconto di Ursula Knecht sulla piazza del labirinto delle donne di Zurigo (Labyrinth-Frauen-Platz Zürich), la struttura del labirinto.
_ Qui il punto di vista, la prospettiva, è soggetta a continui cambiamenti: “in mezzo al labirinto non si trova il centro ma il punto di ritorno”, la strada del labirinto non va percorsa solo entrando, ma anche, e soprattutto, uscendo, guardando il rovescio di tutto.
_ Nel Labyrinth-Frauen-Platz, nato come espressione materiale del “principio delle vie traverse”, uomini, donne e bambini hanno piantato piante e fiori, fatto crescere e fondere in uno spazio comune singoli orti e giardini individuali.
_ Qui, nel mese di maggio, si festeggia la “festa dell’inizio della vita” per salutare le bambine e i bambini neonati e accoglierli in una visione osmotica dei ritmi della città e della campagna.
_ Sono i nuovi nati, i bambini, a darci un’ulteriore misura – per dirla con la psicoanalista francese François Dolto – di quanto spazio e tempo la città dà alla libertà, alle relazioni, al desiderio di incontro e di imprevisto.

Non si tratta allora di costruire nuovi spazi adibiti all’infanzia, spazi ancora una volta separati, segregati, ma di contaminare città adulta e città dei bambini, di contaminare città e campagna, di incrociare gli sguardi, di entrare e uscire dal labirinto, perdersi e trovare nuove strade, quotidiane quanto sconosciute.

In chiusura, dopo la proiezione di un secondo video del professor Settis: [Il Paesaggio è salute e bene di tutti e non profitto per pochi ->http://www.youtube.com/watch?v=yZKOs95MiKk] che presenta un tour tra le discariche della Campania, è intervenuto [Francesco Escalona->http://www.youtube.com/watch?v=tsoEvqtbdH4] ricordando l’imminente apertura della discarica nel bosco del Castagnaro e la grande mobilitazione tra gli abitanti dei Comuni flegrei, che hanno organizzato svariate forme di lotta per tentare di salvaguardare la propria salute e la bellezza del bosco.

{ {{Architettura del desiderio}} } a cura di Bianca Bottero, Anna Di Salvo, Ida Farè ed. Liguori