Riprendiamo da “aprile on line” la seguente riflessione che ripropone, soprattutto alle donne che fanno politica, l’invito ad affrontare la quesione della laicità uscendo dal neutro dato.Ma le donne, tutte le donne che si interessano di donne, che dicono di far politica per le donne, che si pongono a partire dal proprio essere donna a sé, agli e alle altre, ci {{credono davvero, oggi come oggi, che la questione della laicità passi, senza ombra di dubbio, da questa relazione avvitata, contorta e asfittica del trascendente da una parte che si contrappone strenuamente al materialismo dall’altra}}?

Credono davvero che da questa costante, acerrima contrapposizione dipenda il futuro della nostra società, tanto da far credere che non si possa far altro che correre continuamente in bilico su questo filo di “lama”? Come se fosse l’ unico filo su cui possiamo camminare, soprattutto qui in Italia. E sono tanti, soprattutto uomini, quelli che si affannano su questo filo. Talmente tanti da rischiare di spezzarlo per come vi si aggrappano, fermandosi solo quando riescono a prenderne un pezzo al volo per non mollarlo più.

{{Non è un caso, forse, che la Chiesa abbia perso nel giro di un solo anno più del 10 per cento di credibilità}}. Sta sotto al 50, ora. Sembra che più cerca di imporre, più il risultato le sfugga, a meno che non tenti invece solo un risultato politico. Nei passi più belli del Vangelo che mi ricordo, quando da bambina e da adolescente e poi da giovane donna andavo assiduamente in chiesa, non c’è ombra di questo desiderio di potere politico però. Ricordo invece un grande messaggio di giustizia e di amore, ma per le persone non per il potere politico, un messaggio che mi ha segnato nel mio desiderio di libertà e giustizia. Certo, frequentavo una parrocchia di campagna e non i luoghi di potere del culto religioso. Questi ultimi infatti mi hanno sempre intimidito, vi avvertivo una distanza da quello che sentivo, in chiesa nella mia frazione, e quello che vedevo lì intorno a me.

{{Ora, sembra non si riesca e non si possa pensare ad altro che a questa distruttiva contrapposizione, da destra e da sinistra,}} con un’ insistenza cocciuta, come di chi ha bisogno di ripetere in continuità una cosa per convincersi per primo di essere sulla strada giusta. Fino a potere giustificare, senza dirlo pubblicamente, anche la distruzione di chi dice altro. Sembra che tutti e tutte dobbiamo stare dentro un unico codice, già dato, da cui non si può uscire, magari entrare sì, ma uscire, uscire una volta entrati, quasi mai.

Ed è strano come non si riesca a vedere nella discussione pubblica “{{qualcosa di altro}}”, che pure è stato prodotto nella storia di questi ultimi 40 anni. Non lo vedono correttamente gli uomini pubblici, nello spazio domestico e intimo ci sono e, di questi, qualcuno che osa parlare, ancora abbastanza inascoltato, anche nel pubblico. Ma quello che è strano è che non lo vedono anche molte donne delle istituzioni. Sto parlando della rivoluzione femminile e di quello che ci ha regalato in termini di cambiamento pacifico della società e in termini di pensiero nuovo. Pensiero detto e scritto e praticato.

{{Quando le donne pubbliche infatti parlano di laicità}}, il tentativo è quella di spiegare alla maniera femminile quello che gli uomini dicono diversamente, ma dentro il tracciato contrappositivo tra religione e ateismo. {{Il risultato appare sempre come una difesa e una debolezza}}, perchè dall’altra parte c’è l’inconoscibile e quindi in giudicabile, sicuramente fuori dalla portata di una cittadinanza non protetta dai paramenti. Accade quindi che scompare, anche per le donne, questa rivoluzione pacifica, simbolicamente molto significante, che ha segnato tutta la nostra storia sociale recente, e si rifluisca in un alveo da cui sembriamo non essere mai uscite. In realtà ci si dimentica che il controllo del femminile e della sua sessualità è una costante generale del potere religioso a qualsiasi latitudine, figurarsi da noi. Ma ci si dimentica anche che nel passato della sinistra non c’è stata una ricerca profonda di libertà delle persone a partire dalle loro differenze sessuate e non ci si è accorti che le libertà del femminile toccano questioni diverse da quelle del maschile.

Credo che questo sia il punto che le donne che stanno nei partiti devono metabolizzare quando si pongono il problema di dare delle definizioni ai partiti stessi o alla sinistra. {{Se non si riesce a collegare la pacifica rivoluzione femminile alla politica che si sta praticando e si rimane nel neutro dato, allora, come donne, non serve e non è giusto esserci}}. Così come non è proficuo e corretto neppure attribuire alla laicità la definizione personale o collettiva che diamo. Se non capiamo che l’ottica da cui dobbiamo leggere le questioni è quella di genere, ma applicata a tutto, ci manca lo strumento per interpretare le politiche dei partiti che riflettono non un neutro ma un pensiero unico, maschile e parziale. Con la conseguenza che il risultato non cambia: si torna nell’alveo.
Se guardassimo con altri occhi il neutro, capiremmo l’origine maschile comune dei due poteri: quello religioso e quello politico. Comune perchè anche la politica dei partiti si è sempre basata sull’esclusione del pensiero femminile e tollera a malapena la presenza fisica delle donne, che per altro vuole sia conforme al modello. Indagare cosa c’è dietro queste convinzioni di autonomia maschile ci serve per capire che la contrapposizione tra il trascendente e il materialismo nasce ben dopo la nascita di altre questioni nella relazione maschile femminile. Ad esempio, il potere di dare la vita, che gli uomini tentano da sempre di regolare per controllare. Se lo affrontassimo, ci renderemmo conto che è lì il nocciolo duro della laicità, e non da altre parti, e che è da lì che potremmo cominciare a dare qualche definizione più conforme alla realtà della vita di relazione tra uomini e donne. Uscendo dalla eterna e comoda diatriba dell’ esercizio dei due poteri definiti dal maschile, quello politico e quello religioso.

{{A noi donne questa sterile contrapposizione tra religione e materialiasmo non serve}}, è inutile e ci danneggia; e se danneggia noi, danneggia anche gli uomini che noi partoriamo e il mondo in cui li facciamo vivere. Tocca a noi donne dei partiti, se vi facciamo parte e vogliamo dare interpretazioni al femminile, cambiare ottica politica quando cerchiamo definizioni diverse, nostre, rispetto a quelle date dal maschile. A partire dalla laicità. Forse lì saremmo davvero utili, per cambiare pagine alle sterili contrapposizioni di potere tra uomini.