La campagna “L’Africa non è in vendita!”, promossa da undici organizzazioni della società civile italiana, ha l’obiettivo di mobilitare, informare, sensibilizzare sugli Accordi di Partenariato Economico che confermano come l’Unione europea, si ostini a pensare che la priorità dell’Africa stia nell’integrazione nei mercati globali, nonostante gli evidenti fallimenti delle politiche di libero commercioIl 24 aprile scorso alla FAO si è tenuto un importante incontro promosso dalla Campagna EuropaAfrica in collaborazione con le reti delle organizzazioni contadine delle cinque regioni Africa Caraibi Pacifico (ACP). Mamadou Cissokho, Presidente Onorario del ROPPA, Rete delle Organizzazioni contadine e dei Produttori Agricoli dell’Africa Occidentale, ha sollevato forti preoccupazioni rispetto agli Accordi di Partenariato Economico (APE o EPA) che l’Europa sta negoziando con 77 sue ex colonie dei paesi ACP.
_ Gli APE si poggiano sulla convinzione che la priorità per L’Africa sia la sua integrazione nei mercati globali attraverso aree di libero scambio. Ma, le politiche di libero scambio non hanno prodotto un accresciuto benessere in ogni contesto e per tutte le fasce della popolazione. Nel caso dei Paesi africani, gli unici ad aver applicato negli ultimi due decenni gli aggiustamenti strutturali e di liberalizzazione, i risultati ottenuti sono al di sotto delle aspettative e il livello di povertà è in aumento.
_ La chiusura dei negoziati è prevista entro il 31 dicembre 2007 .

L’obiettivo dichiarato delle {{nuove regole di cooperazione tra Ue e Paesi ACP}}, dovrebbe essere la{{ riduzione della povertà}} e, alla fine, il suo sradicamento; lo {{sviluppo sostenibile}} e, progressivamente, l’{{integrazione dei Paesi ACP nell’economia mondiale}}. Ma l’Ue, anzichè focalizzarsi sugli aspetti legati alla riduzione della povertà, sta proponendo un accordo di libero scambio che comprende prodotti agricoli, industriali, servizi e investimenti. Per fare un negoziato reale serve tempo perché, ad oggi, le economie dei paesi ACP non sono in grado di competere con l’Europa.

“Agricoltura, sviluppo e commercio non riescono ad andare di pari passo. Questa è la nostra esperienza. Dobbiamo rispettare gli impegni presi firmando gli APE ma sappiamo già che si tratta di accordi che non potremo mettere in pratica” ha dichiarato Cissokho. Negli ultimi mesi ogni rete regionale ha lavorato alle valutazioni di metà percorso del negoziato APE. _ L’analisi condotte dalle organizzazioni contadine dei paesi ACP denunciano: “un profondo squilibrio tra le parti negozianti quanto a capacità umane e istituzionali; la sottovalutazione dell’entità delle riforme preliminari da elaborare, negoziare e applicare a livello nazionale e regionale per creare un’effettiva partecipazione delle regioni di Africa, Carabi e Pacifico negli APE”.

“{{L’agricoltura è il principale settore economico nella costruzione del PIL di questi paesi}}. La maggioranza della popolazione dei paesi ACP ricava i propri mezzi di sussistenza e il proprio reddito dall’agricoltura. I prodotti agricoli rappresentano una parte essenziale delle esportazioni.” {{Le reti contadine denunciano}} che “il partenariato commerciale già in piedi non ha permesso di diversificare le nostre esportazioni o di valorizzare al meglio le nostre materie prime”.
_ I paesi ACP, infatti, esportano principalmente materie prime o semilavorate. L’impiego locale nei settori legati alla trasformazione, che crea un valore aggiunto, è basso o nullo.

Secondo i rapporti presentati, i Paesi ACP non hanno tratto vantaggi dalla crescita della presenza di altri Paesi in via di sviluppo (PVS) sul mercato europeo. Diverse produzioni hanno perso terreno di fronte ai paesi dell’America latina (caffè, banane), ai paesi asiatici (olio) e ai paesi mediterranei (frutta e verdura). Secondo le organizzazioni contadine “le due parti dovrebbero {{studiare seriamente regimi commerciali alternativi a quelli esistenti e agli APE,}} che mettano davvero al centro lo sviluppo umano di Africa, Carabi e Pacifico; L’Ue dovrebbe proporre serie alternative alla soppressione dei precedenti accordi di preferenza, che oggi mettono in pericolo le economie di molti Paesi ACP (zucchero, banane e Rhum); i Paesi ACP dovrebbero condizionare l’apertura commerciale all’ottenimento di un certo numero di risultati tangibili in materia di sviluppo economico e sociale”.
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Patrizia Sentinelli}}, viceministra agli Affari Esteri con delega alla cooperazione e allo sviluppo, ha dichiarato che “l’Italia può sostenere e rafforzare le iniziative prese coi Paesi ACP. Non per registrare in modo ideologico e astratto le contrarietà ma per registrare le preoccupazioni sollevate”. “Questi accordi rischiano di produrre un’accelerazione nell’introduzione nel mercato globale dei paesi che si vorrebbe aiutare. È necessario più tempo per arrivare ad accordi condivisi perché la sovranità tra coloro che fanno accordi è data non solo dai rappresentanti di governo ma anche dalle associazioni e dalla società civile”.