Nel mestiere del giornalismo ci sono realtà che sono sepolte, come gli abusi sessuali subiti dalle giornaliste locali, dalle corrispondenti inviate speciali nell’esercizio della loro professione. In molti casi, sono le stesse giornaliste che per timore dello stigma dei colleghi, o per la mancanza di fiducia nei confronti delle autorità decidono di rimanere in silenzio e non esporsi.

La giornalista che per prima ruppe il silenzio è stata la colombiana Jineth Bedoya, del quotidiano El Espectador di Bogotà.
_ Bedoya ha riferito che nel maggio 2000, quando stava coprendo la storia di gruppi paramilitari di estrema destra, è stata rapita, legata e poi trasferita nella città di Villavicencio, dove è stata brutalmente picchiata e violentata da più persone.

A Bedoya ci sono voluti nove anni per riuscire a parlare pubblicamente di quanto le era successo. Il gesto ha segnato un precedente e ha provocato un effetto a catena su altre giornaliste che dalla Colombia, agli Stati Uniti, all’Europa, hanno iniziato a denunciare gli abusi sessuali che avevano subito.
_ Il caso Bedoya resta comunque paradigmatico perché la denuncia è stata fatta davanti al [Comitato per la protezione dei giornalisti->https://cpj.org/cgi-bin/mt4/mt-search.cgi?search=Jineth%20Bedoya&__mode=tag&IncludeBlogs=8&limit=10] (CPJ), e ancora adesso è una dei pochi casi documentati.

Nel febbraio scorso al Cairo, durante i moti di piazza Tahrir la giornalista americana di CBS, membro del consiglio del CPJ, [Lara Logan->http://www.cbsnews.com/video/watch/?id=7364550n] (video in inglese), ha subito una violenza sessuale che ha portato di nuovo a mettere la questione sul tavolo.

Negli ultimi quattro mesi, il CPJ ha raccolto le interviste di più di 40 giornaliste che avevano subito a diversi livelli violenza sessuale durante il lavoro – dallo stupro di gruppo a diverse forme di aggressione – come rappresaglia per la loro attività d’inchiesta.

Cinque giornaliste hanno dichiarato di essere state brutalmente oltraggiate, mentre altre hnno affermato di aver subito diversi attacchi che vanno dai pesanti palpeggiamenti fino alla penetrazione con le mani.
_ 22 hanno affermato che questi episodi gli sono capitati più di una volta.

Molti degli attacchi documentati si sono verificati negli ultimi cinque anni, anche se, in un numero inferiore, alcuni risalgono anche agli ultimi due decenni.
_ Va inoltre rilevato che ci sono giornalisti di sesso maschile che sono stati sessualmente violati mentre erano detenuti o in cattività.

Nel caso delle corrispondenti, il rischio di violenza sessuale è rappresentato non solo dagli uomini che incontrano nelle strade dei paesi dove si trovano per lavoro, ma anche da uomini che incontrano dove sono alloggiate, dagli autisti e dagli interpreti di cui si servono per effettuare le interviste.

Per le giornaliste locali, le minacce possono anche sorgere nello stesso modo.

La giornalista di ProPublica Kim Barker, intervistata da CPJ ha descritto le donne interessate al giornalismo internazionale come “aggressive, energiche e forti” ed ha spiegato la ritrosia nel denunciare gli abusi sessuali a cui vengono sottoposte con il timore di sembrare “fragili” ed essere escluse dagli incarichi più prestigiosi.

Un altro caso che mostra le paure che sono alla base del silenzio delle giornaliste è quello della corrispondente svedese, che risiede a New York, Jenny Nordberg, che ha viaggiato in Pakistan nell’ottobre 2007 per coprire il ritorno nel paese dell’ex primo ministro Bhutto.

Durante le manifestazioni caotiche Nordberg è stata separata dai suoi compagni e un gruppo di uomini l’ha attaccata sessualmente.
_ La giornalista ha deciso di tacere perché “è scomodo e ti senti come un idiota che non dice nulla, specialmente quando stai informando su orrori molto molto maggiori”
_ Non ha denunciato la violenza subita neanche davanti al suo editore per paura di perdere il lavoro futuro, come inviato speciale e perché aveva paura che ” i colleghi avrebbero potuto pensato che avessi indotto tale comportamento.”
_ La giornalista ha dichiarato poi “semplicemente non volevo che si pensasse a me come una ragazza, specialmente quando sto combattendo per essere percepita come uguale o migliore rispetto agli uomini.”

Le testimonianze dimostrano che i cambiamenti nelle redazioni, o almeno l’introduzione di discussioni aperte su questi temi, sono necessarie.
_ Il vice direttore delle news per la catena americana NBC, David Verdi, ha affermato che in redazione si era discusso a lungo sull’opportunità di esporre i/le giornalist* ad una situazione pericolosa.
_ A chi gli chiedeva se le donne fossero più vulnerabili allo stupro, un’arma di guerra, ha sempre risposto: “si tratta di un lavoro volontario e discutiamo tutti i rischi. Siamo a favore di mitigare tutti i rischi ma alla fine, lasciamo che siano i/le nostr* dipendenti prendere la decisione finale”

_ Verdi ha detto che due giornaliste della sua emittente erano state violentate, ma ha rifiutato di fornire dettagli: alle due donneè stata offerta assistenza psicologica e medica, anche se ha deciso di non avvisare la polizia.

[Leggi l’articolo in catalano->http://laindependent.cat/index.php?option=com_content&view=article&id=1079%3Alabus-silenciat-les-periodistes-agredides-sexualment&catid=80%3Aviolencia-sexual&Itemid=117&lang=ca]

Traduzione di Cristina Papa