L’altro giorno è andato in scena l’ennesimo rinvio dell’approvazione della legge elettorale della Calabria, un rinvio vergognoso, accompagnato da un dibattito di un livello inqualificabile, stando a quanto ci ha raccontato la vicepresidente di D.i.Re, che è appunto calabrese, del Centro antiviolenza Roberta Lanzino di Cosenza. Antonella Veltri ha scritto  un editoriale, che è già stato pubblicato dal Corriere della Calabria e che ora viene riproposto da Il paese delle donne. Importante è dare visibilità a cose che succedono “nelle periferie della Repubblica” e che troppo spesso vengono sottaciute a livello nazionale.

 

Questo l’articolo di Antonella Veltri  Vice presidente nazionale Donne in Rete contro la violenza – D.i.Re

L’undici di marzo dopo quattro anni di miserie istituzionali e solo grazie alle donne calabresi, organizzate in associazioni e non, viene messa in discussione in un Consiglio regionale composto da soli uomini e con la presenza di una unica consigliera, la legge sulla “Promozione della parità di accesso tra uomini alle cariche elettive regionali”.

Come spesso accade nell’ordine del giorno della seduta il punto è stato discusso per ultimo, alla presenza delle donne che hanno sostenuto e voluto l’adeguamento alle leggi vigenti nel nostro Paese.

Tra perplessità e dichiarazioni offensive e violente di alcuni consiglieri l’esito della mortificante e penosa discussione è stato ancora una volta il rinvio al 25 di marzo, rappresentando per la Calabria e il Paese intero l’ennesima violenza istituzionale, non solo per le donne ma per una comunità civile che ha il dovere di riconoscere pari diritti e pari dignità al di là dell’appartenenza di genere.

Emblematico il rinvio, violento il dibattito nel quale sono stati usati termini e aggettivazioni nei confronti delle donne oltre il limite consentito.

Nel frattempo e contemporaneamente nel Paese si consumano femminicidi, tentativi di roghi di donne da parte di uomini che non accettano le loro scelte e che continuano a pensare e agire come se le donne fossero un bene di proprietà.

È il caso di Maria Antonietta, tra la vita e la morte per le ustioni profonde al viso e agli arti e le difficoltà respiratorie, che le sono state provocate dall’ex marito. A Maria Antonietta giunga la mia vicinanza e il sostegno che vorrà cercare nei centri antiviolenza anche nel percorso che vorrà intraprendere con la giustizia.

È violenza istituzionale quella che tristemente viviamo quasi ogni giorno apprendendo le motivazioni delle sentenze dei nostri tribunali che continuano a considerare attenuanti i raptus, le tempeste emotive di uomini che uccidono le donne, e le illusioni amorose e la poca avvenenza delle donne che continuano a morire.

È violenza istituzionale il mancato riconoscimento della violenza che le donne subiscono da parte di chi mette in dubbio la denuncia e svilisce chi intraprende un percorso non facile e di certo doloroso con la giustizia.

Continuiamo a ripetere che la violenza istituzionale è nel disegno di legge del senatore leghista Pillon che vuole nascondere e occultare la violenza ricacciando le donne nella famiglia, angeli del focolare, custodi di principi medievali e primitivi di certo non corrispondenti al tempo che viviamo.

Alla violenza delle istituzioni noi rispondiamo con la pratica dei nostri Centri antiviolenza che continuano ad accogliere e a sostenere le donne per riconoscere e uscire dalla violenza.