Dalla news-letter di Un ponte per… riprendiamo questo articolo di Aaron Glantz (pubblicato in lingua originale il 10 marzo 2007 sul sito OneWorld Us) che dà notizia di un recente rapporto del gruppo Madre (gruppo internazionale per i diritti umani con sede a New York) e del fatto che, malgrado tutto, le donne irachene non abbiano rinunciato a festeggiare l’8 marzo.San Francisco – I quattro anni di occupazione dell’Iraq da parte degli Stati Uniti hanno notevolmente peggiorato la vita delle donne nel Paese. Questa l’accusa contenuta in un nuovo rapporto di un gruppo internazionale per i diritti umani.

{{Il gruppo MADRE}}, con sede a New York, dice che {{le donne irachene stanno sopportando livelli senza precedenti di aggressione, rapimenti, percosse in pubblico}}, minacce di morte, violenza sessuale, delitti d’onore, maltrattamenti domestici, torture in carcere, decapitazioni, sparatorie, e impiccagioni pubbliche.

Il rapporto di MADRE, 40 pagine intitolate {[Promising Democracy, Imposing Theocracy: Gender-Based Violence and the U.S. War on Iraq->http://www.madre.org/articles/me/iraqreport.html]} [Promettere la democrazia, imporre la teocrazia: la violenza di genere e la guerra Usa contro l’Iraq NdT], {{sostiene inoltre che l’ascesa delle milizie teocratiche in Iraq è il risultato di piani intenzionali da parte dei funzionari Usa}}, non una conseguenza secondaria accidentale di una occupazione gestita male.

“Invece di sostenere gli iracheni progressisti e di idee democratiche, comprese coloro che appartengono alle organizzazioni delle donne – dice il rapporto, – {{gli Usa hanno dato il loro appoggio totale agli islamisti sciiti iracheni}}, facendo un calcolo secondo cui queste forze, per molto tempo schiacciate da Saddam Hussein, avrebbero cooperato con l’occupazione e dato la stabilità di cui gli Stati Uniti avevano bisogno per attuare le loro politiche in Iraq”.

Un ruolo di primo piano fra i gruppi portati al potere dall’invasione Usa lo ha il Consiglio Supremo per la rivoluzione islamica in Iraq (SCIRI), una organizzazione teocratica le cui milizie, le Brigate Badr, erano state addestrate dal governo iraniano.

Subito dopo aver rovesciato Saddam Hussein, l’amministrazione nominò il leader dello SCIRI, Abdel-Aziz al-Hakim, nel Governing Council del Paese. Quindi gli Stati Uniti reclutarono membri delle Brigate Badr perché entrassero nella polizia e nelle forze armate irachene, con risultati terribili.

I media dominanti spesso riferiscono che le milizie Badr e quelle dell’ [Esercito del] Mahdi hanno infiltrato il ministero degli Interni iracheno, che controlla la polizia, l’intelligence, e le unità paramilitari del Paese. E’ più esatto dire che il governo {{islamista iracheno, salito al potere con l’incoraggiamento degli Usa, ha messo il ministero nelle mani delle sue milizie}}, si legge nel rapporto di MADRE.

Gli americani hanno dato il potere a gruppi sciiti che sono attualmente nel cosiddetto Parlamento, aggiunge Huzan Mahmud, della Organization of Women’s Freedom in Iraq. “Ora si sentono liberi di opprimere le donne, di imporre loro il velo, [e] di portare la legge islamica – la Shari’a”.

La Mahmud, che è nata nel Kurdistan iracheno ma ora vive a Londra, la settimana scorsa ha ricevuto una minaccia di morte, che sta prendendo seriamente.
_ Diceva: {Sarai uccisa entro la metà di marzo, perché hai militato contro l’Islam} dice a OneWorld, ed è firmata Ansar al-Islam, che è notoriamente un gruppo islamista jihadista con base in Kurdistan. Sono famigerati, fondamentalmente, perché “uccidono e decapitano la gente nei villaggi del Kurdistan”.

Secondo Mahmud, all’origine della minaccia di morte c’è il suo sostegno alle riforme in senso femminista nella costituzione regionale del Kurdistan, alle quali Ansar al-Islam si oppone.
_ Tuttavia, parlando con OneWorld durante una veglia contro la guerra a Londra, dice che continuerà a combattere.

“Parteciperò a molti altri eventi – dice – questa fatwa o qualunque altra cosa accada non mi costringeranno a rinunciare alla mia lotta per i diritti e le libertà delle donne irachene, o delle donne di qualunque altro posto che stiano vivendo l’oppressione delle milizie o dei governi islamisti”.
_ Yifat Susskind, che lavora nell’ufficio di MADRE a New York, dice a OneWorld che le azioni di donne come Huzan Mahmud le danno la speranza che se gli Stati Uniti ritireranno le loro truppe dall’Iraq la situazione potrebbe migliorare.
_ “Le loro vite quotidiane sono i peggiori titoli di giornale che leggiamo – dice, ma non stanno cedendo alla disperazione. Si stanno organizzando. Stanno facendo quello che possono con una prospettiva assai reale su ciò che è possibile”.

La Susskind dice che negli anni passati le donne irachene avevano organizzato manifestazioni pubbliche in occasione della {{Giornata internazionale della donna l’8 marzo}}, ma anche se giovedì la situazione in Iraq era troppo pericolosa per una manifestazione di strada, non hanno rinunciato. Hanno fatto questo magnifico progetto, che era di {{mettere insieme giovani sunniti e sciiti}}, dice, aggiungendo che ragazzi e ragazze di Sadr City e altri luoghi che sono punti caldi della guerra civile si sono riuniti per un festival di musica e poesia.

“Hanno fatto una festa enorme. Hanno denunciato questa guerra civile e riaffermato il loro impegno a vivere come vicini e come amici, e fondamentalmente, {{hanno rifiutato di essere nemici}} in un momento in cui, se leggete il New York Times, è impossibile immaginare che in Iraq sia rimasto qualcuno che sta facendo questo, dice, aggiungendo: Questo è ciò che mi dà speranza.”

{(Traduzione di Ornella Sangiovanni)}