Al Teatro “La Cometa Off” di Roma è andata recentemente in scena (12-17 febbraio 2008 ) “La strada ferrata” di Marta Gilmore, Fiammetta Olivieri, Pamela Sabatini, per la regia della stessa Marta Gilmore, .

La seconda volta di {{Marta (Gilmore)}} mantiene la promessa : si torna a respirare il personalissimo talento visionario, narrativo e compositivo, che la giovane regista italiana riuscì a dispiegare nella sua opera prima: quel “L’isola” di Athol Fugard che le procurò, soltanto un anno fa, tante conferme. Con la significativa variante che il testo stavolta (situazione tragicamente capestro in assenza di genio) è {{opera sua e delle attrici, in verità molto speciali, che lo rappresentano}}…

Si esce di teatro ogni volta pensando a chi potrebbero giovare i racconti , le emozioni, che ci hanno coinvolto fino a un momento prima: stavolta è immediato che il pensiero vada ai giovani di casa, ai loro amici, ai figli degli amici … Perché c’è – nelle proposte della Gilmore – {{un messaggio tutto verde e attentissimo all’amicizia}}, che della vita taglia, con intuito felice, le ostilità inutili e sciocche e connette ecologicamente le persone più vive. A operare questo incanto riesce con le risorse, apparentemente semplici che la banalità del male prende risolutamente di mira: i piccoli sentimenti, il gioco, la bellezza irresistibile di uno slancio di generosità.

Se il dolore esiste e ci vogliono forza e talento prima a reggerlo e poi a renderne conto, parlarne si può e si deve: riuscirci sul serio però è un dono. Tanti, lunghissimi, storici silenzi imposti ce lo insegnano: potremmo azzardare a dire che è il tema del giorno. Ricettiva com’è, la nostra Gilmore abbraccia e compone tutto, dimostrando di nuovo, per fortuna nostra e sua, che questo dono lei ce l’ha..

A inizio spettacolo {{siamo in Sicilia}}, su una linea ferroviaria abbandonata che sembra effettivamente scaturita dalle memorie di {{Elio Vittorini}}: a metà rappresentazione ci sentiremo scivolare irresistibilmente in {{un “non luogo” della provincia statunitense}}. Sì: costante latenza che affligge il nostro Paese. Due ragazzine cresciute in opposti mondi, imbevute di culture antitetiche, si fronteggiano guardinghe e ostili. Sotterraneamente attratte l’una dall’altra, proprio per queste diversità e per un bisogno d’amicizia non dichiarato, né dichiarabile, che trova fondamento nel rifiuto che entrambe nutrono per gli ambienti dai quali provengono.

Ben educata, ricca, non bella, spiritosissima e piemontese una; carina, prematuramente sexy, nessuna scuola, grintosissima e catanese l’altra.
Se si instaura una dinamica di bullismo a vantaggio della bella ecco che si sfalda poco a poco nella tenerezza di un bisogno reciproco d’affetto, spropositato e taciuto. La gara si fa gioco, blandizia, solidarietà, non senza qualche risoluta impennata di autonomia, così infantile che stringe il cuore. In mezzo a tutto ciò, dichiarate con rabbiosa nonchalance e messe in gioco come notizie di telegiornale, {{le realtà feroci di ipocrisia metropolitana e di corruzione coloniale}} (siamo a due chilometri dall’americana base missilistica di Sigonella) che segnano le vite di queste due bambinette terribili.

{{Teatro nel teatro}}, le due delicatissime, benché combattive, creature accettano il senso della vita che hanno avuto in sorte, proprio così, attraverso la distanza della rappresentazione. E intanto il loro gioco è imbastito a ribaltare ogni pregiudizio che possa riguardarle, a consentire di dimostrare la grandezza e forza delle loro pur gratuite esistenze. La zitellina messa alle strette sfodera un insospettato sex appeal fatto di ritmo e humor, la fascinosa una sensibilità tutta raccolta in struggenti nostalgie e improvvise canzoni a voce piena…. {{Due attrici, Fiammetta Olivieri e Pamela Sabatini, anche autrici}}, di ottimo talento ( una Franca Valeri e una Lina Sastri in erba, si direbbe) e con prospettive professionali di tutto rispetto, che la regia amministra in un sommesso e sapiente crescendo. Tant’è che nel pubblico, da un certo momento in poi, è tutto un guardarsi in faccia con il vicino per condividere, a intermittenza regolare, l’impatto della sorpresa: quel doppio scarto (che si manifesta gradualmente) tra l’argomentare su temi scabrosi con fare di bambine cresciute in fretta e l’impegno espressivo totale che è il segno dell’attore di teatro intelligente e grintoso. Amabile metafora e carta vincente delle loro intenzioni: {{fare sul serio, avendo l’aria di stare giocando.}}