Sono stata particolarmente colpita dall’articolo Il Cavaliere, Draghi e le bugie sui precari pubblicato da la Repubblica il 6 giugno u.s. in cui Massimo Giannini, lamentando “l’irrealtà berlusconiana”, così scriveva: “Nell’archetipo berlusconiano, il ‘principio della realtà immaginata’ è il cuore della politica”. La propaganda non
lascia spazio alla verità e alla responsabilità. Neanche su una frontiera dolorosa,
come la vita agra dei disoccupati e dei precari. Tutto si gioca sempre e soltanto
sulla manipolazione semantica del reale e nella rimozione psicologica dei fatti”.

Giannini si riferiva alla smentita del premier circa la veridicità delle
affermazioni del governatore di Bankitalia sul tasso di povertà relativa, superiore
in Italia rispetto alla media europea, e sulle lacune del nostro sistema di
protezione sociale. “Ripetendo.clamorose bugie dai microfoni del servizio pubblico
radiotelevisivo” Berlusconi ha invitato gli italiani – come d’altronde ha fatto in
numerose altre occasioni – a non credere alla “realtà empirica” ma alla “realtà
immaginata” da lui esposta.

Per la verità il nostro premier è in buona compagnia se è vero che nel pensiero
filosofico gli empiristi, pur mettendo l’accento sull’esperienza, dubitano non meno
degli idealisti della consistenza della realtà e come loro se la vedono sfumare
proprio sotto gli occhi.
_ D’altronde, essendo il soggetto politico un uomo neutro
universale che non esiste realmente, tutta la politica, non solo quella
berlusconiana, si muove in un universo fantasmatico ben lontano dagli esseri umani
reali.

Non a caso si parla di “giochi”, di “teatrino” a proposito della politica, la
quale dovrebbe invece occuparsi dei bisogni concreti della gente e realizzare quei
valori che, avvolti come sono nei fumi della verbosità, restano nel mondo astratto
dei puri ideali.
_ D’altra parte il linguaggio non significa né vuole significare la
realtà delle cose.
_ Uguaglianza, giustizia, democrazia, termini tanto usati ed
abusati in politica, non hanno alcuna possibilità di realizzazione pratica nelle
comunità androcentriche, biecamente incentrate sul dominio. In esse, lo sappiamo, si
può tranquillamente parlare di onestà mentre si prospera sguazzando nella
corruzione, si può ragionare di libertà e ridurre in schiavitù i propri simili, si
può discutere di diritti umani mentre li si nega alle donne, ai bambini e non solo.

Anche le varie sinistre, riconoscendo dopo le solenni batoste elettorali di non
essersi confrontate con le persone in carne ed ossa e con le loro condizioni
materiali di vita, scoprono l’inclinazione a defilarsi in un “mondo virtuale”.

Piuttosto strana suona poi la critica, espressa in varie occasioni da rappresentanti
della sinistra, al “pensiero unico berlusconiano”, visto che le organizzazioni
sociali patrifocali si basano tutte sul “pensiero unico maschile”.

Se gli uomini
legittimano l’estromissione in blocco della parte femminile della specie, presumendo
che esista un unico tipo di razionalità, la loro, non possono meravigliarsi che
qualcuno percepisca se stesso come il solo detentore del pensiero.
_ “Vedere uno” è il
problema di fondo in quanto fornisce del reale un’immagine scarnificata non
corrispondente al vero, quindi astratta. Purtroppo inseguire dati singoli è il modo
in cui il maschio umano si mette in rapporto col mondo e con se stesso. Superare la
parzialità del proprio sguardo è l’unica soluzione possibile.

– {Articolo già apparso sulla newsletter Nonviolenza in cammino}