Sulla base di questo documento del Centro culturale Virginia Woolf – Gruppo B e di un invito alla mobilitazione, con il titolo “Per non tornare indietro…”, della redazione de Il Paese delle Donne, usciti contemporaneamente nel mese di aprile 1995, fu convocata una manifestazione nazionale, che si svolse a Roma il 3 giugno. Migliaia e migliaia di donne attraversarono le strade della città e il corteo, aperto da un doppio striscione (“la prima parola e l’ultima” e “voci diverse a dirla”) arrivò a piazza di Siena e la riempì tutta. L’offensiva contro la libertà delle donne fu bloccata. Purtroppo non per sempre!Il corpo femminile fa notizia. Leggendo i giornali, guardando la televisione, è difficile per una donna non sentirsi su un tavolo di anatomia. Ognuno dice la sua, sono soprattutto uomini a parlare.
Maternità, tecnologie riproduttive, aborto. Questioni sulle quali a ogni donna capita, almeno una volta, di dover decidere concretamente, rischiand e ragionando in proprio, non sulla Vita, ma sulle vite reali. Ogni donna sa quanto pensiero su di sé, sugli altri, sulla realtà,quanto amore e quanta responsabilità ciò richieda. Gli uomini non sanno di questo pensiero, non ne suppongono la qualità. Dare la vita non è per loro un’esperienza diretta. Sarà per questo che ne parlano con superficialità e arroganza. Che siano medici, preti, candidati alla presidenza del Consiglio, segretari di partito.
C’è un gran disordine: i medici pontificano sui modelli familiari più “giusti”, il papa detta norme di comportamento parlamentare, i politici parlano delle donne “lasciate sole” e via dicendo.
L’oggetto del contendere sembra essere questo o quell’articolo della 194, questa o quella tecnica di riproduzione assistita. In realtà è il corpo femminile e la mente che ne fa parte. E la contesa è solo apparete. Medici, preti, politici condividono la pretesa che, con l’aiuto della legge, corpo e mente femminili siano oggetto e non soggetto del discorso.
La scena politica è attraversata da grandissimi motivi di disaccordo. E’ difficile pensare allo stesso modo l’antitrust, la riforma dello stato sociale, il risanamento del debito pubblico, l sistema previdenziale. Sul controllo del corpo delle donne, invece, l’intesa sembra a portata di mano. Destra, sinistra, centro trovano qui un potente – a volte unico – terreno di incontro: la donna non deve procreare, non deve abortire, se non a condizioni dettate da una ragione estranea e indifferente alla sua esperienza. Che voglia figli o no, intollerabile è il suo desiderio libero.
Ma la libertà e la responsabilità delle donne esistono. Non saperle vedere significa non vedere la realtà.. E senza rapporto con la realtà non c’è politica né governo. Questi uomini quindi stanno facendo una cattiva politica. Il desiderio di controllare il corpo femminile potrà, forse, aiutarli a costruire alleanze e schieramenti.
Certo, non serve a governare il Paese.
Destra e sinistra rischiano di somigliarsi troppo. Perché gli uomini della sinistra, salvo rare eccezioni, sono pronti a rispondere agli appelli degli antiaboristi?
Perché plaudono ai medici che pensano di poter decidere come, a quanti anni, con chi, una donna può o non può fare un figlio? Forse pensano di poter evitare di misurarsi con la libertà delle donne, di poterne prescindere perché, al momento del voto, la paura della destra sarà più forte, anche per le donne, di ogni altra cosa.
Ma che cosa può costruire un voto dettato solo dalla paura? Costruisce una politica che disamora donne e uomini, sempre più appannaggio di pochi, sempre meno attraversata da passioni diverse da quelle del potere.
Le questioni oggi impropriamente poste sotto il termine “vita” – e che in realtà hanno a che fare con il potere di generare iscritto nel corpo femminile – non sono riducibili a problema di schieramento, referendum, maggioranze parlamentari. Le donne rispondono del loro corpo solo al profondo della propria coscienza e a coloro che amano. Nessuna legge riuscirà a cambiare la realtà.
Le donne lavorano, consumano, pagano le tasse, producono ricchezza, cultura. E votano. Sulla procreazione, come sull’aborto (necessità troppo spesso dovuta a una irresponsabilità sessuale maschile), la nostra posizione è: la prima parola e l’ultima spettano alla donna. Si vuole parlare di maternità, famiglia, aborto? Bene, si prenda posizione a partire da questo. Esplicitamente. Che i leader rischino la loro autorità, come Wojtyla; che ne facciano una discriminante programmatica, come Clinton. Servirà a fare chiarezza. E a scongiurare facili quanto finte alleanze, che non promettono nulla di buono al nostro Paese.