La proposta Concia di modifica dell’art. 61 del Codice Penale, ddl 1658-A, concernente l’introduzione della circostanza aggravante relativa all’orientamento o alla discriminazione sessuale, così si esprime/va, nell’aggiungere appunto il numero 11 quater in coda al testo dell’articolo:
“… l’avere, nei delitti non colposi contro la vita e l’incolumità individuale, contro la personalità individuale, contro la libertà personale e contro la libertà morale, commesso il fatto per finalità inerenti all’orientamento o alla discriminazione sessuale della persona offesa dal reato”.Ed è su questa formulazione che ieri la Camera ha votato l’incostituzionalità del provvedimento dopo essere stata sconfitta sul tentativo di rinviare tutto in Commissione, rinvio sul quale, peraltro, esisteva già un patto tra maggioranza e opposizione per rimediare ai vizi di costituzionalità della norma, sottoponendola nuovamente all’esame della commissione e con lo scopo di arrivare in tempi brevissimi a riportare il testo in aula, come sottolineato da alcuni parlamentari del Pdl, i cosiddetti “finiani”.

La pregiudiziale di incostituzionalità, sollevata dall’Udc con la presentazione di un testo congiunto a firma Vietti, Buttiglione (rieccolo…), Rao, Capitanio Santolini, Volontè, Ciccanti, Compagnon, Naro, ha ricevuto 285 voti favorevoli, 222 contrari e 13 astenuti.

Riportiamo di seguito {{alcuni passaggi significativi}} del testo con cui la Camera ha deliberato, e motivato, di non procedere all’esame del ddl 1658, concentrandosi in particolare proprio sulla nozione di orientamento sessuale:

“l’espressione è estremamente generica in quanto può indicare fenomeni specifici come l’omosessualità oppure, più in generale, ogni «tendenza sessuale» comprendendo anche incesto, pedofilia, zoofilia, sadismo, masochismo e qualsiasi altro genere di scelta sessuale”

E ancora:

“la norma prevede come circostanza aggravante di reato una posizione soggettiva della persona offesa che non sempre appare meritevole di una tutela differenziata”

E per concludere:

“anche nelle ipotesi, pur presenti nell’ordinamento e derivanti dall’adempimento di obblighi internazionali, di aggravanti che si applicano quando il fatto è commesso per finalità di discriminazione o di odio etnico, nazionale, razziale o religioso, si fa sempre riferimento a circostanze oggettive circa le condizioni della persona offesa”

Qualche riflessione, {{ben oltre le bufere mediatiche o i processi di partito}}, che poco o nulla riteniamo rilevanti né tantomeno rappresentativi, si può e si deve costruire, come già emerso nel corso del dibattito sulla legge 40, o con la presentazione, più recente, della moratoria sull’aborto da parte di Buttiglione oppure in occasione del principio di dibattito sul testamento biologico, tutti passaggi che riteniamo parte di uno stesso percorso.

Considerazioni che vogliamo far partire proprio dal linguaggio, dalla scelta consapevole di parole “di norma” che rimandano a ordini simbolici di riferimento molto precisi e che non si riferiscono affatto, o non solo, a gesti, parole e azioni da teppisti, giovani disadattati non meglio identificabili che si appostano di notte per inseguire, insultare e picchiare i gay, come scrive {{[Miriam Mafai->http://www.repubblica.it/2009/08/sezioni/cronaca/gay-aggrediti/mafai-italia-feroce/mafai-italia-feroce.html?ref=search]}} su la Repubblica di ieri [{14 ottobre ndr}]

Quando si sceglie per legge di considerare l’omosessualità come un fenomeno specifico nell’ambito di tendenze sessuali generali che comprendono anche incesto e zoofilia, non è il linguaggio del teppista che si ha in mente, ma si riecheggia alla lettera il tono del documento presentato dalla {{Congregazione per l’Educazione Cattolica}} “Orientamenti per l’utilizzo delle competenze psicologiche nell’ammissione e nella formazione dei candidati al sacerdozio”, con il quale il Vaticano ha ufficialmente ribadito, il 30 ottobre 2008, la definitiva non ammissibilità al sacerdozio per coloro che mostrano, e il termine è il medesimo usato dalla Camera, tendenze omosessuali fortemente radicate, assimilate a squilibri dell’affettività da trattare con la psicoterapia.

{{Secondo la visione che la Chiesa propone e che la politica, non dimentichiamolo, ha reso giuridicamente valida}}, esistono irriducibili, radicali e pericolose alterità che vanno ricondotte a categorie di riferimento ben più rassicuranti, riconoscibili, controllabili: le donne incubatrici, gli omosessuali squilibrati, la sessualità un tabù e la libertà di scegliere una devianza.

Individui liberi che esprimono posizioni soggettive, che sfidano lo status quo, non sempre sono meritevoli di tutela differenziata, e citiamo la delibera della Camera di ieri, se colpiti e offesi proprio per quelle posizioni, ma anzi, e qui il non detto, meritano l’offesa perché sovvertono un ordine dato e modelli noti: i gay che passeggiano per Roma mano nella mano, le donne che decidono di non avere figli o quelle che li vogliono anche da sole, la ragazza che bacia la sua compagna all’uscita di una discoteca o quella che cammina per strada di sera…sono colpiti e colpite nell’immediato dai “teppisti” della {{Mafai}}, che impartiscono la prima lezione a suon di pugni e stupri, ma è dopo che vanno ricondotti alla normalità, con le leggi, con il martellamento mediatico, con il riferimento continuo ai valori (matrimonio, maternità, famiglia, lavoro) di un corpo sociale che punisce ma poi perdona. Come un buon padre, o Papa.

{{Ma chi è oggettivamente degno di tutela, in questo caso sì per legge?}} La persona offesa, o discriminata, per odio etnico, razziale o religioso, e quindi, in positivo, colui o colei che per colore della pelle o per appartenenza ad un popolo determinato hanno su di sé, immodificabili, condizioni oggettive e riconoscibili che, come un bel bersaglio dipinto dietro la schiena, se violate, meritano un di più di tutela, nel linguaggio giuridico le aggravanti.

Ma {{tra le condizioni oggettive la delibera di ieri menziona anche la religione e la nazionalità}}.

{{Vorremmo provare a porre, e porci, qualche domanda e usare il punto interrogativo come spunto, aperto, di riflessione e di pensiero.}}

Cosa rende manifesto, a chi offende per colpire chi lì è nato o chi quel credo professa, un luogo d’origine o una fede, un pezzo di terra o un convincimento spirituale? Come si palesa la condizione oggettiva meritevole, dal momento che non si cammina avvolti in una bandiera o salmodiando? L’uscita da una chiesa, ipotizziamo, o forse una kippà in testa, o la partecipazione a un raduno o a una festa, magari, “di” rumeni o “di” somali…e comunque non vi è certezza: come la legge può riconoscere e punire nell’atto di aggressione, l’aggravante della nazionalità o della religione? Non può che dichiararle tali, quindi meritevoli a priori e di conseguenza tutelarle, in quanto valori positivi che la comunità, attraverso le sue norme, si è data: è sbagliato massacrare di botte uno perché è … e al posto dei puntini mettiamo quello che vogliamo; non è così che lo spiegheremmo a un bambino?

E allora, ci chiediamo, {{qual è la differenza tra quelle condizioni meritevoli e l’orientamento sessuale della proposta Concia, dal momento che non si va in giro con un cartello, o triangolo, viola, ma magari si sta uscendo da un locale?}}

O, ancora, simbolicamente, {{qual è l’elemento che rende meno meritevole}}, a questo punto ancora a priori, e quindi in qualche modo sbagliato, chi fa una passeggiata mano nella mano con una persona dello stesso sesso, o la bacia persino? Forse il fatto che l’omosessualità non è un valore positivo che la società riconosce e assume?

{{Durante il Ventennio i Valori, anche dipinti a caratteri cubitali sui muri delle case, erano Dio, Patria e Famiglia.}}

Esattamente gli stessi che ieri, 14 ottobre 2009, la Camera dei Deputati ha sancito nella delibera di non procedimento all’esame del ddl n. 1658.

C’era in gioco ben altro della violazione dell’art. 25 della Costituzione: ieri {{non si è fatto altro che procedere nel solco tracciato appunto con la legge 40 sulla fecondazione assistita}}, con la mozione Buttiglione contro l’aborto e con i continui rimandi ai diktat del Vaticano per ogni tema oggetto di discussione parlamentare, basti pensare al testamento biologico o alle coppie di fatto.

Esiste un solo modello accettabile di relazione, di sessualità, di espressione della propria affettività, tutto il resto non è solo fuori ma, peggio, è senza difese, siano esse morali, culturali, sociali o, ancor meno oggi, giuridiche.

Una considerazione ulteriore ci viene suggerita anche dalla lettura dei giornali, dalle affermazioni del sindaco di Roma Alemanno e dal tono generale dalle dichiarazioni dei politici alla notizia di una nuova aggressione contro gay e lesbiche.

Ricordiamo bene come sono stati usati gli stupri e le violenze contro le donne per scatenare una vera e propria {{caccia allo straniero,}} culminata con l’approvazione del cosiddetto “pacchetto sicurezza”, sbandierato anche come efficace strumento di difesa delle donne (proprio come i soldati in Afghanistan…).

Ebbene, dal momento che è evidente che le strade non sono affatto più sicure, per ragionare secondo schemi che non ci appartengono, dobbiamo forse giungere alla conclusione che il corpo delle donne è un po’ più meritevole o forse che quello degli e delle omosessuali non vale nulla e non serve per scagliarsi contro nessuno, soprattutto se proviene dalla stessa fogna di chi è al potere?

{{L’odore è davvero nauseabondo e le parole puzzano di marcio.}}

Ma oggi c’è pure chi pretende di uscirne immacolata: {{Mara Carfagna}}, ministro per le Pari Opportunità, annuncia di volersi far carico di riproporre al Parlamento una norma contro l’omofobia, presentando al Consiglio dei ministri un disegno di legge che “preveda aggravanti per tutti i fattori discriminanti compresi quelli dell’età, della disabilità, dell’omosessualità e della transessualità”.

Cogliamo {{la sensibilità dell’accostamento tra disabili e omosessuali}}, a dimostrazione che certe idee ormai sono radicate e che {{Chiesa e sotto- cultura televisiva hanno ben lavorato}} e non scordiamo che questa è la stessa Carfagna che nel maggio scorso ha eliminato dalla nuova versione del sito del ministero ogni riferimento alla lotta all’omofobia e che ha deciso di cancellare una commissione per i diritti e le pari opportunità delle persone GLBT, istituita dalla precedente ministra, Barbara Pollastrini, non ritenendola prioritaria…

Immacolata davvero, a colpi di cilicio, è invece {{Paola Binetti,}} per la quale, con buona pace dell’ex ministro Maroni, la coscienza è davvero intesa, con Trotsky (!), come consapevolezza politica: nel novembre 2008, a commento del documento della Congregazione per l’Educazione Cattolica, aveva affermato che {{escludere dal sacerdozio persone con tendenze omosessuali, è un’utile strategia per combattere la piaga della pedofilia nella chiesa cattolica}} e, non paga, intervistata nella trasmissione Tetris di La7, aveva stigmatizzato l’omosessualità come una devianza della personalità, argomentando che essere gay è “un comportamento molto diverso dalla norma iscritta in un codice morfologico, genetico, endocrinologico e caratteriologico”.

Del tutto coerente con il suo voto di ieri, con la sua storia e con lo spirito che permea il testo della delibera della Camera.

{{Quando il Vaticano ordina, evidentemente il Parlamento ubbidisce}} e non c’è distinzione tra destra e sinistra che tenga, lo sappiamo bene: in mattinata infatti il Vaticano si era premunito, attraverso il quotidiano dei vescovi “L’Avvenire”, di chiedere la bocciatura del provvedimento con le stesse argomentazioni usate all’Onu per chiedere la bocciatura della mozione europea sulla depenalizzazione universale dell’omosessualità.

Chissà che giornale legge al mattino Paola Binetti, nell’Opus Dei dagli anni ’70, ex presidente del Comitato Scienza e Vita, nonché prima firmataria dell’iniziativa parlamentare S. 1554 “Norme per la crescita ed il sostegno della natalità”?

Secondo {{Navi Pillay, Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani}} oggi l’Italia ha fatto un passo indietro per quanto riguarda i diritti di gay e lesbiche e sicuramente a livello normativo è così, ma è fuori dal Parlamento che va ripresa la lotta, in tutte le forme e i modi che vogliamo praticare, perché il modello non è affatto unico, è solo vecchio, superato nei fatti e decisamente fascista e se i loro sono passi, noi corriamo già.