Invece di puntare sulla versione nonviolenta e progressista della cultura
cristiana, invocando al dialogo e alla condivisione Ratzinger attacca
a tutto tondo la laicità dello stato e il processo di secolarizzazione della
società europeaLo spot, che dura circa tre minuti, inizia con l’inno nazionale, e sullo
schermo della tv passano gli articoli della Costituzione dove si ricorda che
tutti gli esseri umani hanno diritto a libertà, integrità del corpo,
uguaglianza e pari opportunità.

Poi la scena cambia e, di seguito, una
giovane donna si presenta e dice di essere insegnante e lesbica, un giovane
uomo si presenta e dice di essere programmatore e gay, un altro si presenta
e dice di fare l’operaio e di essere eterosessuale, poi è la volta di una
barista transessuale e di una prostituta.

Queste persone, in una stanza con
sullo sfondo la bandiera nazionale, dicono di avere una cosa importante in
comune: godere, tutte, degli stessi identici diritti. Cittadine e cittadini
di uno Stato laico che si basa sulla condivisione di diritti, e di doveri,
che prima di tutto è lo Stato stesso che salvaguarda e difende.

Ma non siamo in Italia. Siamo in Perù, paese cattolico dell’America latina
non privo di problemi sociali ed economici, eppure capace di pensare,
finanziare e diffondere via tv e internet un messaggio politico e culturale
così semplice, così forte e così laico.

L’Italia, invece, si è svegliata con le nuove inquietanti affermazioni del
Papa, che, sfruttando l’ondata di sdegno e di paura suscitata dall’attentato
terroristico in Egitto, sferra un attacco pesantissimo alla laicità, e
sceglie il terreno più scabroso per lanciare la sua crociata: la scuola e
l’educazione, in particolare quella sessuale.

Benedetto XVI indica come una
’minaccia per la libertà religiosa’ l’educazione sessuale e civile impartita
nel sistema scolastico di alcuni Paesi europei. Il messaggio, rivolto
durante l’udienza al Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede,
allude alla legge francese sui simboli religiosi nella scuola pubblica,
(invisa anche alle frange più oltranziste del mondo islamico), e alle
recenti disposizioni di alcuni paesi latinoamericani, nei quali la società
civile sta premendo per modificare leggi arcaiche e liberticide su
contraccezione, aborto e omosessualità.

La scelta fondamentalista di urlare alla minaccia di persecuzione della
libertà dei credenti ha in sé un enorme pericolo: quello di inasprire lo
scontro in società dove è forte l’uso politico della religione, come in
Medio Oriente, e dare strumenti micidiali alle frange estremiste, (come i
Tea Party negli Usa), per debilitare il percorso di apertura ai diritti
civili laici che la vittoria di Obama aveva timidamente intrapreso.

Non è una coincidenza fortuita che l’obiettivo della sparatoria a Tucson,
che ha lasciato sul terreno 5 vittime, fosse la parlamentare democratica
Gabrielle Giffords, uno dei primi nomi sulla lista nera di Sarah Palin per
il suo impegno a favore dell’aborto, della ricerca sulle cellule staminali
embrionali e contro i sussidi alle compagnie petrolifere.

: “Non posso passare sotto silenzio un’altra minaccia alla
libertà religiosa delle famiglie in alcuni Paesi europei, là dove è imposta
la partecipazione a corsi di educazione sessuale o civile che trasmettono
concezioni della persona e della vita presunte neutre, ma che in realtà
riflettono un’antropologia contraria alla fede e alla retta ragione”.

E
prosegue, riferendosi al tema dell’obiezione di coscienza: “Si arriva a
pretendere che i cristiani agiscano nell’esercizio della loro professione
senza riferimento alle loro convinzioni religiose e morali, e persino in
contraddizione con esse, come, per esempio, là dove sono in vigore leggi che
limitano il diritto all’obiezione di coscienza degli operatori sanitari o di
certi operatori del diritto”.

Un ragionamento perfettamente in asse con chi, sul fronte islamico, ha
chiesto e già ottenuto in Inghilterra e in Canada che alla legge laica sia
affiancata la sharia, che, come è facile immaginare, viene invocata nei casi
di controversie che riguardano i diritti riproduttivi e civili femminili,
l’orientamento sessuale, i temi della bioetica e la parità in famiglia e sul
lavoro.

Un ragionamento che porta con sé una precisa visione della società,
suddivisa in enclave nelle quali ogni gruppo religioso si costruisce le sue
istituzioni, le sue scuole, i suoi ospedali, i suoi circoli ricreativi, in
perfetta sincronia con il neoliberismo: abolita la cittadinanza ecco
rispuntare, mai sopite, le tentazioni identitarie relativiste che declinano
gli esseri umani in base al portafoglio, alla geografia, alla fede. Una
deriva inquietante.

Suonano lontanissime le parole vibranti e allo stesso tempo spiritose della
decana del femminismo internazionale, l’egiziana Nawal Al Saadawi,
intervenuta alla Global feminist Conference del Cairo, a metà dicembre del
2010: “Ogni religione è un luogo di schiavitù per le donne, e quindi anche
per gli uomini, nella storia antica come nell’oggi. Quando ero molto
piccola,- ha raccontato Nawaal, – mi fu insegnato che le donne per volere
divino si dovevano considerare diverse e ineguali rispetto agli uomini; così
scrissi una lettera a Dio, nella quale gli chiesi perchè a causa del mio
corpo dovessi avere meno diritti dei maschi. Non rispose, quindi diventai
femminista”.

Un’altra domanda viene spontanea: per quanto ancora il Vaticano continuerà a
provare a influenzare in modo sostanziale l’agenda politica e legislativa
non solo del nostro paese, ma anche dell’intero pianeta?