Marta Panighel, Marie Moise e Valeria Ribeiro Corossacz il 23 marzo hanno presentato un libro fresco di stampa : ANGELA DAVIS  Donne, razza e classe  (Alegre 2018)

Un testo pioneristico del 1981, con il quale  Angela Davis ha aperto un nuovo metodo di ricerca che appare più attuale che mai: l’approccio che interconnette i rapporti di genere, razza e classe. Attraverso le storie di alcune delle figure chiave della lotta per i diritti delle donne, delle nere e dei neri, e della working class statunitense, ricostruisce i rapporti tra il movimento suffragista e quello abolizionista, gli episodi di sorellanza tra bianche e nere ma anche le contraddizioni tra un movimento prevalentemente bianco e di classe media e le lotte e i bisogni delle donne nere e delle lavoratrici. Tensioni e contraddizioni che si ripresentano di nuovo tra il movimento femminista degli anni Sessanta e Settanta e le afroamericane. La lezione principale di Angela Davis è quella di abbandonare l’idea di un soggetto “donna” omogeneo, nella convinzione che qualsiasi tentativo di liberazione, per essere realmente universalista, deve considerare la storia e la stratificazione delle esperienze e dei bisogni dei diversi soggetti in gioco.

Nasce in un quartiere dominato da un acuto conflitto razziale.

A 14 anni si iscrive alla Little Red School House, famosa scuola privata del Greenwich Village, il quartiere radicale e progressista di New York. Lì comincia i suoi studi sul socialismo e sul comunismo e comincia a militare nel gruppo giovanile comunista. Prosegue gli studi alla Brandeis University, in Massachusetts, poi in Francia e in Germania, allieva di Marcuse. In pari tempo crescono la sua coscienza politica e il suo attivismo, e ben presto l’evolvere degli eventi negli Stati Uniti d’America, con il dilagare del movimento per i diritti civili, la spinge a tornare.

Negli USA, Davis, ormai tra i leader del movimento e del Partito Comunista, balza agli onori della cronaca per la sua dura detenzione in carcere, in cui viene rinchiusa dopo una lunga latitanza, per il suo presunto collegamento con la rivolta del 7 agosto 1970, in cui Jonathan Jackson e altre Pantere Nere sequestrarono il giudice Harold Haley, finita in tragedia. Il 7 agosto 1970 infatti Jonathan Jackson, fratello minore del Field Marshal per le Prigioni del Black Panther Party, George Jackson, entra nell’aula del tribunale di San Rafael in California, dove si stava celebrando il processo contro tre detenuti neri, militanti del Partito delle Pantere. Jon, appena diciassettenne, estrae un fucile e prende in ostaggio il giudice, il procuratore distrettuale ed alcuni giurati, distribuendo le armi agli imputati e dicendo: «Bene, signori. Ora comando io». Sequestratori e ostaggi saliranno su furgone parcheggiato fuori dal tribunale, incappando in un posto di blocco poco dopo: i primi verranno tutti uccisi nella sparatoria con i poliziotti, mentre tentavano la fuga. Anche il giudice Haley rimarrà ucciso negli sviluppi del conflitto a fuoco, ucciso dal colpo di un fucile a canna liscia a canne mozze legato al suo petto. Qualche giorno dopo, alcune delle armi usate da Jackson nella rivolta risultarono intestate ad Angela Davis, inserita immediatamente nella lista dei dieci criminali più pericolosi ricercati dall’FBI. Per la legge californiana, chi fornisce l’arma è colpevole quanto chi esegue il reato, pertanto fu accusata di rapimento, cospirazione e omicidio. Davis risulterà innocente e verrà assolta con formula piena.. Ma proprio dal carcere Davis scriverà alcune delle pagine più famose della contestazione statunitense, tanto da meritare tre canzoni in suo onore: Angela del Quartetto Cetra (la prima in assoluto, scritta nel 1971) Angela di John Lennon e Yoko Ono, e Sweet Black Angel dei Rolling Stones. In Francia, la sua liberazione fu sostenuta, fra gli altri, da Jean-Paul Sartre, Gerty Archimède, Pierre Perret ed in Italia da Antonio Virgilio Savona del Quartetto Cetra.

Scagionata con formula piena dalle accuse che l’avevano tenuta in cella, ricomincia il suo percorso di militanza, concentrando i suoi sforzi sul problema delle carceri, delle origini sociali e razziali della detenzione di milioni di afroamericani negli istituti penitenziari statunitensi.

Angela Davis non fu solo una militante del Partito comunista. Partecipò al Black Panther Party e costruì la sezione dello SNCC di Los Angeles. I marxisti erano ben lontani dell’essere maggioritari nei movimenti contro l’oppressione razziale e si trovarono spesso in difficoltà all’interno di questi movimenti. Ma fu sulla base di questa esperienza che Angela Davis portò un contributo pratico e teorico rilevante.

La sua analisi apporta un contributo fondamentale alla costruzione di una teoria che allo stesso tempo spiega e dà gli strumenti per cambiare il mondo. Individuando nello sfruttamento la radice dell’oppressione, dipinge il ritratto di un’unica classe, la classe lavoratrice, che nello stesso tempo subisce – e può combattere – razzismo e sessismo.

Attualmente Angela Davis ha insegnato nel dipartimento di History of Consciousness dell’Università della California a Santa Cruz, dove ha diretto anche il Women Institute.

Non è più iscritta al Partito Comunista statunitense ma continua a sostenere gli ideali e i principi di sempre, a cominciare da quel senso critico che l’ha portata a scagliarsi anche contro la degenerazione del movimento afroamericano verso il fondamentalismo islamico (il riferimento è alla Nazione Islamica di Louis Farrakhan, movimento islamista e maschilista, e al suo alleato New Black Panther Party, che hanno riempito il vuoto lasciato dalla scomparsa delle laiche e progressiste Black Panthers, le Pantere Nere).