Si è aperta sabato 28 marzo, in Palazzo Te a Mantova, “La Forza del Bello”, la mostra di archeologia che con i suoi pezzi numerosi e straordinari ci racconta – ed è il sottotitolo dell’esposizione stessa – come l’arte greca abbia conquistato l’Italia e ancora oggi ci conquisti, attraverso la sequenza dei suoi originali greci, delle copie romane di altri originali ormai perduti, delle opere che di quell’arte esprimono nei secoli la fortuna e la nostalgia: su su dalla Magna Grecia, all’età romana, al collezionismo del Rinascimento, fino all’interesse archeologico del Sette e Ottocento.

{{ Mostra ‘altra’ di archeologia}}, però, se in realtà, come è stato detto, di “storia del collezionismo e del gusto” anche si tratta, capace di coinvolgere noi visitatori non specialisti in un’interazione di emozione e di conoscenza. {{Mostra ‘politica’}} la definisce {{Salvatore Settis}}, che l’ha ideata e poi curata con {{Maria Luisa Catoni,}} purché con l’aggettivo s’intenda la trasmissione della bellezza etica dei valori, del {kalòs kai agathos} (bello e buono), dai cittadini della polis classica ai cittadini della polis moderna, che di quella bellezza colgono oggi il valore astratto di misura, di eleganza, di armonia e pure di forza.

Le citazioni dagli antichi, Erodoto, Virgilio, Orazio, Ovidio, Cicerone, accompagnano la mostra attraverso il progetto grafico persuasivo di {{Francesca Pavese e Stefania Conchiglia}}, di puntuale e illuminante commento al percorso espositivo (allestito dallo Studio di Architettura di Andrea Mandara), che si articola in tre grandi sezioni, corrispondenti alle tre fasi storiche successive individuate: {Un’Italia greca, La Grecia conquista Roma, Nostalgia della Grecia.}

Al loro interno altre sottosezioni ci guidano a cogliere aspetti particolari di questa straordinaria produzione artistica: {{l’energia e l’eleganza, la sensualità dei corpi e l’intensità dei volti, la memoria culturale nella narrazione e nella rinascita del mito..}}. e io che guardo rimango affascinata da questa attenzione al corpo, che si esprime in un così coinvolgente “saper fare”; {{attenzione al corpo nudo maschile e più tardi al corpo femminile, che non è mai completamente nudo}}, ma indovinato attraverso la leggerezza morbida delle tuniche mosse delle danzatrici o svelato generosamente – e si direbbe con ammirata malizia – dalla veste raccolta della grande Venere Callipige o emergente dai drappeggi delle Niobidi. E mi pare di cogliere, in queste raffigurazioni femminili, come nelle tre satuette d’argilla della Menade dormiente, di Psyche e della Danzatrice – che vorrei ‘davvero’ poter possedere – una sorta di delicato pudore, una misura dell’eros serenamente lontano dalle esibizioni dell’oggi.

Bella anche {{l’intensità pacata e rasserenante delle teste femminili}}, di marmo bianco a grana fine, o le Teste di Atena Lemnia compostamente ricciute o l’abbandono al sonno della Testa dell’Erinni Ludovisi, o, per altro verso, l’inquietante fissità dello sguardo della Testa colossale di Atena. Sculture che vediamo affiancate agli altri straordinari pezzi degli dei, degli apolli, dei kouroi, degli spinari e dei satiri, dinnanzi ai quali rimpiango il Satiro danzante che il Sindaco di Mazara del Vallo non ha voluto concedere al prestito.

Non ha andamento cronologico la successione delle opere, piuttosto tematico, e ciò permette di cogliere {{la bellezza atemporale dei singoli pezzi}}, ciascuno dei quali parla individualmente a te con il linguaggio di una maestria che, pur nata in altri e lontani contesti, con finalità differenti da quelle del puro piacere estetico, ‘artistico’, sa oggi coinvolgerti emozionalmente e insieme interagire con te razionalmente, ancora vitale nella sua carica di idealità. E te ne esci felice, della felicità di cui già Diotima parlava a Socrate e che ti viene dal bello che per un’ora hai posseduto, per un’ora sentendoti “duca”, come Salvatore Settis ha auspicato per te nel suo discorso d’apertura.

Per la prima volta nella storia delle grandi mostre di Palazzo Te, le opere sono esposte, oltre che nelle Fruttiere, anche nel “cuore nobile” della villa di Giulio Romano e ciò consente pure {{il dialogo tra la statuaria classica e la decorazione manierista delle sale altrimenti famose.}} “Bellezza che contiene bellezza”, si è detto, secondo un progetto mirato a istituire un’ulteriore interazione con gli ambienti, anche se le statue sono inserite all’interno di grandi cornici o ‘portali’ blu, che si impongono per volume e colore sulle tinte delle pitture a fresco e degli stucchi, dalle tonalità più morbide: in realtà separando, nell’intento di ‘inquadrare’ e consentire una visione dei marmi organicamente autonoma.

La mostra non si compone solo di sculture, sono esposti anche {{pezzi marmorei dipinti, rilievi, e due affreschi}}, uno con Medea e uno con scene dall’Odissea, accanto a disegni diversi e al Ritratto di collezionista di Jacopo Palma il Giovane. Ricca anche la documentazione di pittura vascolare, con esemplari di alta qualità fino al celebre Vaso di Eufronio: il Cratere a calice a figure rosse che fa parte del patrimonio recuperato dai Musei americani ad opera del Ministero dei Beni Culturali e qui esposto a conclusione del percorso di visita.

Una mostra proprio bella dunque e non accademica, questa {{sorta di diverso ‘richiamo all’ordine’}} (e qui l’ordine è misura e armonia, come suggeriva un visitatore, preconizzandone proprio per questo il successo nei frangenti che stiamo vivendo), che vede centoventi opere provenienti da diverse parti del mondo, raccolte tutte insieme per la prima e probabilmente unica volta. Una rassegna che, come recita il comunicato stampa, ci dice “la centralità dell’Italia nella millenaria vicenda di contatti e scambi che forma la trama delle culture artistiche del Mediterraneo” e che è documentata da un prestigioso catalogo Skira, curato da Maria Luisa Catoni, ricco di una documentazione fotografica e di saggi specialistici di grande rilievo: catalogo che in mostra costa 34 euro invece dei 65 del prezzo di copertina.

{{La mostra durerà fino al 6 luglio 2008}}. Per ulteriori informazioni telefonare allo 0376/369198, oppure consultare il sito internet all’indirizzo {www.laforzadelbello.it.} Per prenotazioni accedere al sito internet o telefonare al 199199111.