La recente, meschina vicenda, politica e personale, del divorzio
del premier con tutti i suoi vergognosi corollari richiama alla mente
un’altra storia politica e personale, archiviata quasi come cronaca rosa dai
giornali, che ha il rancido sapore della tradizione machista: tutte le donne
sono puttane, tranne (forse) mia madre e mia sorella.Solo due anni fa, dalle colonne del {Financial Times}, il giornalista Adrian
Michaels accusava i media Italiani di abuso del corpo femminile. ”Veramente
gli italiani, ed in particolare le donne italiane, ritengono accettabile che
si vedano, sulla tv terrestre, quiz di prima serata cercando di provocare i
genitali dei maschi e non i cervelli degli spettatori?” – scriveva.

E ancora: ”Se sei a casa prima del telegiornale delle 20 su Rai Uno, il
principale canale televisivo italiano, scoprirai che questo è preceduto da
un quiz chiamato l’Eredità. Nel programma di tanto in tanto quattro ragazze
ben messe interrompono la gara per ballare. ‘I miei gioielli’, esclama il
conduttore maschio. Il balletto non ha relazione con il resto dello
spettacolo.
_ Rai Uno spiega, sul suo sito web, che le ragazze con la loro
presenza e con la loro bellezza tirano su il morale, soprattutto quello
degli uomini. Forse la nudità, lo sciovinismo e la mancanza di realizzazione
professionale sono aspetti diversi della stessa imperitura immagine
italiana: la mamma governa la casa ma è confinata alla cucina, a fare i
ravioli mentre le figlie tentano il successo attraverso la bellezza, dato
che nulla ci si aspetta da loro a livello professionale”.

Sono considerazioni ovvie, davanti alle quotidiane immagini televisive
nazionali: le reazioni all’inchiesta sono state del tipo ‘ci facciamo gli
affari loro’ sia da parte della politica che dalla maggioranza della stampa
nazionale.
_ La recente, meschina vicenda, politica e personale, del divorzio
del premier con tutti i suoi vergognosi corollari richiama alla mente
un’altra storia politica e personale, archiviata quasi come cronaca rosa dai
giornali, che ha il rancido sapore della tradizione machista: tutte le donne
sono puttane, tranne (forse) mia madre e mia sorella.

Nell’estate 2007, a
Parigi, un uomo politico si congratulò con un altro per aver battuto alle
elezioni un avversario. Ma l’avversario è una donna, e allora la
congratulazione, legittima, si trasforma in un insulto per la perdente.
“Quella è una puttana”, si sente in dovere, (e diritto), di aggiungere ai
complimenti il festante politico. Peccato che ci fosse una telecamera accesa
a registrare il simpatico scambio di felicitazioni.
_ A usare la parola
‘salope’, (una variante di putain, lievemente più forbita) fu Patrick
Devedjian, segretario del partito di Nicolas Sarkozy, che si stava
compiacendo con il collega Michel Havard per aver battuto Anne-Marie
Comparini.
_ Il video, che fece il giro del mondo, li ritrae belli tronfi,
gran pacche sulle spalle, quel tipico atteggiamento fisico dei maschi
indice, con il linguaggio del corpo prima ancora che con le parole, che sono
consapevoli del dominio che posseggono e che esercitano legittimamente: Dio,
la Patria e l’essere dotati di un pene li rende ciò che sono.

Sono dei
vincitori sul sesso debole, sempre e comunque: in questo caso persino gli
elettori gli danno ragione, quindi che c’è di sbagliato nell’infierire, (per
carità solo con le parole), su quella scema di una donna che sta in un posto
che non dovrebbe occupare?
Poco importa che Devedjian abbia telefonato all’avversaria chiedendo scusa.
“Io non sono maschilista”, precisò, inconsapevole dell’effetto comico di
questa affermazione.
_ La ministra Rachida Dati reagì dicendo che è
‘intollerabile che si possa qualificare così una donna, politica o no’.
Intollerabile, sì. Ma non per la maggioranza. Non solo succede di continuo,
e su questo fronte la maggioranza degli uomini sono trasversalmente
d’accordo: religiosi e laici, migranti e nativi, ricchi e poveri, sudisti e
nordici, grandi e piccoli, visto che il disprezzo per il genere femminile è
un’eredità ferrea che l’uomo riceve e passa al suo successore, da sempre e,
fin qui, ancora.

Si chiama sessismo, e, come sottolinea la premio Nobel
Shirin Ebadi, è una malattia mortale trasmessa dalle donne e attivata dai
maschi.

{{L’ipocrisia odierna sull’uguaglianza tra i sessi viene spazzata via dal
quotidiano}}: se sei una donna e ti illudi che in quanto essere umano tu abbia
la stessa libertà e possibilità di un uomo c’è la schiacciante evidenza a
inchiodarti. Semplicemente sei nata dalla parte sbagliata, e la tua
differenza rispetto al modello dominante è di segno meno, sotto, inferiore.

Ti si guarda volentieri se sei bella e svestita, ma ben presto questo
effimero potere che hai in quanto oggetto di desiderio ti ricadrà addosso e
ti schiaccerà. Al massimo sei un trofeo, finchè non ne arriva un’altra più
giovane a sostituirti, in tempo di pace; in tempo di guerra sei la materia
prima della pulizia etnica.

Il fatto gravissimo è che spesso sono le donne stesse, come educatrici e
adulte di riferimento che tacciono, sottovalutano, rimuovono l’ovvio: se
educhi un cucciolo d’uomo alla svalutazione della femmina, a maggior ragione
essendolo tu una femmina, il risultato sarà che avrai creato un formidabile
nemico del tuo genere, un essere arrogante, ignorante e meschino, incapace
di rapportarsi con l’altra da sé se non in termini di sopraffazione e
dominio.

Il fatto gravissimo è che lo spettacolo degradante per l’intelligenza e la
civiltà arrivi da persone scelte ed elette in democrazia, alle quali si
affida un mandato di responsabilità, di rappresentanza, un modello insomma.

In Italia ‘salope’ se lo sono sentite dire in faccia da un bel numero di
colleghi maschi le parlamentari quando alla Camera avevano indossato qualche
anno fa la maglietta contro lo stupro con scritto ‘giù le mani dalle donne’.
{{Nello spazio pubblico, così come nel privato, non esiste riconoscimento
dell’autorevolezza femminile}}: contano il cognome paterno, le regole della
virilità, del patriarcato, del branco. Le donne sono invisibili, utili come
fattrici, al massimo decorative; magari per correttezza e non avere rogne
sono citabili nei discorsi, ma ininfluenti nella sostanza e nella pratica
sociale che conta.
_ Quel {backlash}, quel contrattacco contro le istanze del
femminismo che Susan Faludi descrisse per il continente nordamericano si è
verificato anche qui, ci ha travolte, e gli effetti sono qui a ricordarcelo.
{{Ogni patriarcato, compreso quello della sinistra, si è attrezzato molto
bene}}, dopo l’onda lunga degli anni ’70 e i primi ’80, per far rientrare nei
ranghi il numero più alto possibile di donne dissenzienti: piccoli e grandi
aggiustamenti strutturali, quali il necessario cedimento di quote di spazio
pubblico e di potere, (mai quello che conta davvero, mai esteso ai grandi
numeri, e comunque mai del tutto messo in discussione, piuttosto cogestito
per conservare lo status quo) ma è la sostanza che non è cambiata. Se sei
una femmina lo resti.
_ E femmina non è il genere giusto.