Dalla Newsletter n. 33 di Articolo 3 – Osservatorio sulle discriminazioni riprendiamo questa nota su un incontro organizzato da una Comunità dei mussulmani: a porre interrogativi alle comunità civile e cattolica locali tre donne.

Molte rappresentazioni del {{“mondo alla rovescia”, un’antichissima utopia popolare che lega al riscatto degli umili la beatitudine di tutta l’umanità}}, si basano sulla considerazione che l’ordine sociale nasce solo da un rapporto di forze e quel che oggi pare normale potrebbe apparire assurdo se il rapporto fra chi ha il potere e chi lo subisce venisse rovesciato.

Le utopie sono decisamente, e forse opportunamente, fuori moda, ma {{“l’incontro di dialogo culturale e religioso”,}} organizzato dalla Comunità dei musulmani di Castiglione delle Stiviere, domenica 29, aveva questo sapore.

{{Tre donne}}, due delle quali con eleganti veli a incorniciare i volti giovani, al tavolo della presidenza insieme al {{sindaco}} e al {{parroco}}; molti uomini, alcuni in abiti tradizionali, indaffarati ad allestire un sontuoso buffet; decine di bambini che svolazzavano dalle braccia delle mamme a quelle dei papà, gioiosamente incuranti della presenza delle autorità. E poi: il sindaco di centrodestra si dichiara consapevole che la presenza di immigrati sul suo territorio risponde alle esigenze dell’economia locale e, per di più, si mostra determinato a difendere il diritto costituzionale di ognuna delle 70 minoranze, presenti sul territorio di Castiglione, ad avere, compatibilmente con le leggi vigenti, luoghi di incontro e di preghiera idonei alle loro necessità. Poi c’è un sacerdote cattolico che invita tutti, evangelicamente, a guardare il mondo attraverso “il libro dei bambini”, sempre disposti a condividere giochi e giocattoli e a dar fiducia a tutti; mentre, invece, il rappresentante del centrosinistra, sottolinea che la paura del diverso è qualcosa di naturale nell’uomo e che, purtroppo, su questa paura c’è chi costruisce la sua politica. Che comunità musulmana, sindaco, bambini, prete, abbiano allestito tutto questo per far felici noi “buonisti”? Per illuderci, almeno per qualche ora, che un altro mondo è possibile non lontano da casa nostra?

Nell’introduzione all’incontro {{Imane El Gari}}, che lo presiede, ha posto un interrogativo cruciale:{{ il conflitto, quando c’è, è tra Islam, Cattolicesimo, Ebraismo o è tra musulmani, cattolici ed ebrei?}} Scaturisce cioè dai fondamenti delle religioni o dagli uomini che le interpretano e le usano gli uni contro gli altri? E {{Intisar, giovane donna somala,}} risponde all’amica parlando di una pace che non può avere origine che nel profondo di ogni coscienza individuale e nella capacità di ricondurre le dispute alla consapevolezza di condividere comuni radici. Ad affrontare le questioni più scottanti è {{Vajada Keci, giovane musulmana albanese}} che si sente discriminata per le sue convinzioni religiose non solo in Italia ma anche nel suo paese d’origine. Il suo intervento si è articolato intorno a una serie di interrogativi che nessuno di noi può eludere: {{perché nessuno associa la parola Islam alla parola pace?}} Perché la paura e la perenne identificazione fra il musulmano e il terrorista (parola che lei pronuncia con fastidio e riluttanza)? I musulmani si sentono sempre nel centro del mirino: come può influire sui più giovani questa percezione, che arriva dalla mentalità prevalente del Paese in cui vivono? E incalza con un’altra questione dirimente: {{com’è possibile fondare un’integrazione reale sul pregiudizio?}} E come aiutare le persone a uscirne? Un uso diverso della politica e dei mass media sono le strade che la giovane Vajada individua. “E’ necessario conoscerci reciprocamente”, aggiunge Imane.

Le questioni poste dalle tre relatrici potrebbero suscitare un dibattito acceso: le prime voci sottolineano {{quanto l’Islam sia misconosciuto in Italia}}, che qualcuno, a ragione, ritiene un Paese impreparato ad accogliere i flussi migratori e le culture non autoctone; molti, ancora una volta, ribadiscono la propria fedeltà alle leggi del Paese in cui vivono, il loro sentirsi italiani, il desiderio di farne davvero parte, condividendo doveri ma anche diritti. “Io convivo, ma non sono integrato in questo Paese”, ha dichiarato amaramente un signore, “Non fateci pagare gli errori degli altri”.

La discussione si sviluppa in un crescendo appassionato; se fosse proseguita sarebbero scaturite certamente anche note polemiche. I musulmani di Castiglione avrebbero ottime ragioni per essere arrabbiati. Ma l’impegno ribadito dal sindaco di creare le condizioni per l’apertura del Centro Culturale Islamico è, per oggi, già un buon risultato; e i musulmani di Castiglione delle Stiviere hanno in moltissime occasioni dimostrato di voler credere nel dialogo e di dare fiducia alle istituzioni.