Elena Casati può essere considerata una delle figure esemplari di quella doppia rivoluzione, sul piano del risorgimento nazionale ma anche del “risorgimento femminile”, che segna la vita di molte protagoniste della costruzione dello stato unitario.Nata a Como il 29 settembre 1834, aveva ricevuto in famiglia un’educazione ispirata agli ideali della stagione rivoluzionaria; dal ’48 in poi, tra l’altro, al ritorno degli austriaci era vissuta in esilio insieme alla madre vedova, Luisa Riva, convinta mazziniana, passando dal Canton Ticino a Lione (dove la famiglia aveva avviato un rinomato caffè), a Zurigo e infine a Bruxelles.

Grazie a ciò potè conoscere personalmente, ancora giovanissima, i massimi esponenti del Partito d’azione, da Aurelio Saffi a Maurizio Quadrio allo stesso Mazzini; il quale nel giorno del suo ventesimo compleanno le scrisse una lettera che la spronava a spendere la vita, nonostante tutte le asperità, per grandi ideali: “L’onda del mare è salsa ed amara; il labbro rifugge dal dissetarsene. Ma quando il vento soffia sovr’essa e la solleva in alto nell’atmosfera, essa ricade dolce e fecondatrice. E la vita è come l’onda del mare: si spoglia dell’amaro che la invade levandosi in alto”.

Ciò che più stupisce della vita della Casati, oltre e parallelamente ai dati della sua militanza politica, è la volontà di autonomia e la fierezza che la contraddistinguono.
_ Già orfana di padre, alla morte della madre nel ’55, Elena torna in Italia con le due sorelle e si stabilisce a Como nella casa dello zio materno, che ne era diventato il tutore.
_ Ma qui, invece che sottostare alle regole della famiglia tutrice, Elena ingaggia cogli zii -ossequienti al potere religioso e politico- un duro braccio di ferro che la porterà, dopo alcuni mesi di contrasti, a decidere di andare a vivere da sola.

Elena non solo era ormai saldamente orientata su posizioni repubblicane e per l’indipendenza nazionale, ma era anche ormai lontana dall’adesione iniziale al cattolicesimo, e si opponeva risolutamente alle pressioni dei Riva perché volesse almeno “salvare le apparenze” compiendo le pratiche previste dalla chiesa.

Nonostante vari tentativi messi in atto per dissuaderla, la Casati lasciò la casa degli zii per prendere in affitto una camera nel palazzo dove era nata e dove quindi poteva godere di qualche appoggio. _ Naturalmente questa scelta le procurò pettegolezzi e vere e proprie calunnie, anche perché Elena, non temendo di contravvenire a tutte le regole del tempo, stava cercando di entrare in contatto con Achille Sacchi, che aveva conosciuto nella sua casa di Zurigo all’epoca dell’esilio e di cui si era innamorata.

In tutto questo Elena è attivamente in contatto con Mazzini, di cui sostiene finanziariamente i progetti; nel ’56 si reca temporaneamente a Genova, dove si stava preparando il terreno ad una spedizione nell’Italia borbonica, ed entra in contatto con la rete femminile cui lo stesso Mazzini faceva affidamento: soprattutto Carlotta Benettini, che lo ospitava, e Maria Alimonda Serafini; un anno dopo vi conosce anche Jessie White, cui rimarrà legata da profonda amicizia per tutta la vita. Fallito il tentativo di Pisacane e i moti per sollevare Genova e Livorno, Elena torna a Como, sempre in contatto con la rete mazziniana, ricevendo e divulgando il cifrario in uso per la corrispondenza con il Maestro.

Nel ’58 al momento del matrimonio con Achille Sacchi fu necessario un intervento dello stesso Mazzini per convincere Elena ad accettare il rito cattolico, in nome del rispetto per le tradizioni religiose storicamente date; la Casati, che più tardi non volle neppure battezzare i figli, si sentiva portatrice di convinzioni che non potevano riconoscersi nelle forme religiose egemoni.
_ Certo tra i due si consolidò quell’unione profonda, sul piano sentimentale e politico-ideale, che portava Mazzini a parlare dei Sacchi come ad una sola persona: “Scrivo a voi per Achille, “due corpi e un’anima””.

I due furono al centro dei preparativi per le azioni garibaldine seguite alla seconda guerra d’indipendenza; Elena dopo l’impresa dei Mille è attiva nel tentativo di conciliare i progetti di Mazzini e di Garibaldi, l’uno rivolto prioritariamente alla liberazione del Veneto, l’altro teso alla “conquista” di Roma; lavora così per la Società Emancipatrice che nasce dall’unione dei comitati di provvedimento sorti a partire dalla spedizione garibaldina.

Nell’estate del ’61 sorge a Genova il Comitato femminile per il fondo sacro per Roma e Venezia, un’organizzazione femminile parallela a quella maschile per gli stessi obiettivi politici, dotato quindi di una sua autonomia di funzionamento. Nello spirito della dottrina mazziniana, infatti, la separatezza di genere tra strutture associative era intesa in chiave funzionale, cioè non definitiva: come luogo di esercizio delle capacità femminili, mezzo di sostegno reciproco nell’azione pubblica, simbolo e quindi stimolo alla mobilitazione femminile.

Deluse tutte le attese, quando con la terza guerra d’indipendenza il Veneto viene ceduto all’Italia, i Sacchi si trasferiscono definitivamente a Mantova. Già madre di cinque figli, Elena viene allora coinvolta nel nuovo progetto mazziniano dell’Alleanza Repubblicana, fatta sorgere dopo la rottura definitiva con la monarchia e per un’autonoma azione dei repubblicani in vista del raggiungimento dell’unità.
_ Ma ormai anche per la Sacchi si trattava di riorientare la propria iniziativa, e un suo ritorno sulla scena pubblica si avrà solo con la mobilitazione emancipazionista per l’abolizione della prostituzione di stato.