Da pochi giorni è stata resa pubblica la sentenza della corte d’Appello di Milano, per il così detto Ruby bis (con imputati Fede e Minetti), secondo la quale è da respingere l’istanza di illegittimità sollevata dagli avvocati della difesa nel merito della legge n.75 del 1958. In difesa degli imputati si era sostenuta la tesi che il favoreggiamento e il lucro sulla prostituzione fossero diretta emanazione della libertà femminile. La libertà di prostituirsi non è colpita dalla legge, mentre lo sono il favoreggiamento e lo sfruttamento, e la Corte ribadisce che la prostituzione, ancorché liberamente scelta, non può essere ritenuta una forma di espressione della libertà della persona oggetto di tutela costituzionale.
Al contrario la Corte d’Appello di Bari ha accolto nel processo che, per gli stessi reati del Ruby bis, vede imputato Tarantini, l’istanza di illegittimità della Merlin e ha inviato il quesito alla Consulta.
Tutti gli imputati, secondo la legge attuale, sono perseguibili (visto che sono accertate le circostanze nelle quali hanno indotto e prospettato la prostituzione come opportunità a giovani donne) ma sono anche i portavoce degli interessi di soggetti attualmente ostacolati nell’estensione del mercato delle prestazioni sessuali a pagamento-
La sentenza di Milano è significativa anche per quelle cittadine che sembrano più lontane da pronunciamenti alti, sfruttate due volte come nelle serre del Ragusano. Nel clima indotto dal governo Conte che suggerisce, e attua, la persecuzione della responsabilità dei singoli migranti nel loro sfruttamento e nella loro stessa schiavizzazione, non possiamo non notare la desistenza verso le mafie e gli utenti finali che, per pura falsità ideologica, sarebbero colpiti colpendo i migranti. La Corte di Milano ha ribadito i motivi della condanna verso gli imputati per sfruttamento e favoreggiamento. Il governo preferisce tacere sulle colpe “degli imprenditori” e prendersela con le vittime.
 
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