Un gruppo di comitati di quartiere, il coordinamento delle occupazioni, associazioni culturali, piccole imprese produttive, architetti e cittadini hanno indetto per sabato 28 febbraio una giornata di incontro di tutte le realtà che sviluppano una progettualità urbana, che sono impegnate nella difesa del territorio e dei diritti di cittadinanza e parteciupazione. Sono stati attivati tre tavoli di discussione. Di seguito pubblichiamo il testo-invito al tavolo “La città autogestita. produzione sociale e diritti di cittadinanza”, in cui si parlerà delle diverse esperienze culturali e sociali che sono in atto a Roma. Tra queste sono state invitate anche le realtà femminili e femministe romane, perchà nella costruzione futura della città e nell’organizzazione dei suoi spazi e dei suoi servizi sia ben rappresentato e diventi elemento centrale l’idea di {{città delle donne,}} le mille esperienze culturali, sociali ed economiche attivate dalle donne a Roma, i servizi e gli spazi richiesti dalle donne.

{{Tavolo di discussione:
LA CITTA’ AUTOGESTITA.
PRODUZIONE SOCIALE E DIRITTI DI CITTADINANZA
Sabato 28 febbraio h 10:30
Ex Fiera di Roma, via C. Colombo 287}}

La città è fatta anzitutto dalle persone che la vivono, la percorrono, la producono, la abitano. E
dovrebbe essere progettata attorno alle esigenze che esse definiscono.

{{La Roma che ci circonda}}{{ invece}} e’ una prigione di macchine, vetrine open space e centri fitness:
non ci puoi abitare perche’ espelle te e la tua famiglia nei comuni della prima e seconda corona
dove esporti l’aumento degli affitti. Non ci puoi lavorare perche’ persino le assistenti sociali
sono assunte da agenzie interinali. Non puoi acquistare cio’ che ti serve perche’ devi avere la
macchina e raggiungere un megaiperworldwidestore dove, per avere uno sconto sulla passata di
pomodoro alla diossina, devi acquistarne per tutto il quartiere. Non puoi fare figli perche’ gli
viene l’asma da smog, non c’e’un fasciatolo neanche in municipio, figurarsi un asilo nido, e non
ci sono piazze dove giocare a pallone. E poi ci sono gli zingari che rubano i bambini, quindi e’
meglio che il pomeriggio li sbatti in una piscina a pagamento (“che e’ sicura”). Non puoi
produrre beni e servizi al di fuori dei circuiti delle corporations, perche’ non ci sono spazi fisici
per farlo, ne’ il supporto di filiere territoriali che mettano in relazione la fornitura di materie
prime con le competenze professionali locali, fino all’utente finale. Non puoi dare spazio alla
tua creativita’, perche’ non ci sono luoghi per farlo e se, ad esempio, riutilizzi i muri zozzi vicino
alle metro, ti danno “vandalismo”. Non puoi nemmeno goderti le produzioni culturali perche’
andare a cinema, a teatro o a un concerto e’ roba che puoi permetterti una volta all’anno e se ti
prendi uno spazio vuoto per farlo rivivere, il criminale sei tu, non chi lo lascia vuoto…

Insomma, {{una citta’ che si espande fagocitando territorio e sottraendo servizi, welfare, spazi
comunitari di solidarieta’ territoriale}} impone – gioco forza – un modello seriale ed individualista
di consumo a pagamento: {{Roma e’, di fatto, una citta’ escludente}}.

Ma nelle pieghe di questa Roma di cemento e isolamento esiste un mondo multiforme e
variopinto che produce percorsi di inclusione e di autopromozione sociale.
{{Donne autorganizzate}} che si oppongono al feticcio dell’immigrato stupratore perche’ sanno che
non c’e’ sicurezza senza diritti e non c’e’ liberta’ senza un stato sociale forte. {{Giovani e meno
giovani}} che sottraggono cubature alla speculazione per restituirle al quartiere attraverso
cultura, sport, socialita’, per il diritto a non avere spazi vuoti in citta’. {{Genitori e insegnanti}} che
rivendicano il diritto a una citta’ vivibile per i loro bambini e bambine.
{{Lavoratori e lavoratrici, artigiani, produttori agricoli, professionisti e non, cooperative e piccole
imprese, singoli e collettivi}}, che vorrebbero mettere in sinergia le proprie capacita’ e i propri
strumenti, al servizio di un distretto territoriale di economia solidale, in cui il ciclo produzione –
consumo- rifiuti non si autoalimenti in un circolo perverso che fagocita le relazioni tra persone
e tra persone e ambiente.
I migranti, che sono, spesso, sia lavoratori, che genitori, che donne o presunti carnefici, capro
espiatorio di una politica razzista, ignorante ed aggressiva.

Il 28 febbraio, all’interno di “{La città è un bene comune. Riprendiamocela”,} conferenza
cittadina che si terra’ all’ex Fiera di Roma, vorremmo riunire intorno ad un tavolo {{chi, tutti i
giorni, produce concretamente quei percorsi comunitari di inclusione sociale che non stanno
scritti in nessun piano regolatore}}, che non si quantificano in soldi ne’ in metri cubi, ma che, di
fatto, {{incarnano l’unica citta’ viva e vivibile}}, il cuore pulsante dei territori depredati o
depredabili, il cordone sanitario che immunizza alla solitudine e all’esclusione.
Un punto di inizio, il tentativo di mettere in rete tutti questi nodi per poter tornare nei nostri
territori a produrre nuove relazioni sociali ed economiche, a praticare una partecipazione che
non sta scritta in nessuna delibera, ma nella capacita’ di autogestione delle comunita’ locali
che, sole, hanno la competenza per tutelare e governare il proprio territorio.

{Rete romana di mutuo soccorso, Rete dei movimenti per il diritto all’abitare, Attac, Gruppo Non tacere, Gruppo Modello Roma, Comitato di quartiere Vigneto Prenestino}