A distanza di un anno le presenti all’assemblea dell’associazione “per la casa delle donne a Napoli” sono molte, molte meno di quelle che le diedero vita appunto un anno fa. Presa d’atto inevitabile: il calo delle presenze è sintomo di quella che con un eufemismo si può chiamare delusione.A distanza di un anno le presenti all’assemblea dell’associazione “per la casa delle donne a Napoli” sono molte, molte meno di quelle che le diedero vita appunto un anno fa.

Presa d’atto inevitabile: il calo delle presenze è sintomo di quella che con un eufemismo si può chiamare {{delusione}}.

Il susseguirsi di assegnazioni di luoghi, o promesse di assegnazioni, non praticabili sono state le risposte alle proteste che evidentemente l’amministrazione non ha tenuto in alcun conto.

Chiedersi il perché, dopo che il Sindaco ha voluto apparire pubblicamente nel prendere un impegno “perché la politica delle donne di Napoli avesse finalmente uno spazio”, rientra nella sfera delle domande retoriche. Ognuna ha elaborato una sua risposta, ma come sempre è bene far parlare i fatti.

Se è vero che in altre città le cose sono in apparenza più facili, va detto che forse {{Napoli è la città più italiana di tutte}}: in Italia si firmano trattati, ci si indigna di fronte alla negazione dei diritti, si celebra e pervicacemente si fa sempre troppo poco, poco e male. Male perché quel poco che si fa è controproducente, in quanto rappresenta un abili per lo Stato ed una frustrazione per le donne, le quali non di rado finiscono per darsi la colpa di tutta l’arretratezza che incarnano nella loro condizione.

Un’altra domanda riguarda {{gli interrogativi intorno all’opportunità di chiedere da parte delle donne uno spazio pubblico per esprimere una dimensione politica autonoma ed indipendente. }} Molti restano aperti al dibattito, ma la fondatezza della domanda di riconoscimento attraverso l’assegnazione di un luogo è asserita nei contesti internazionali che invocano dalle donne il compimento della democrazia e prescrivono ai paesi la predisposizione degli strumenti perché questo possa avvenire. {{Al di là di ogni dubbio la casa delle donne è un diritto inalienabile della cittadinanza femminile. }}

Le speciosità che tendono a relegare{{ “la casa” tra gli anacronismi del paternalismo di sinistra}}, e che invocano le uguaglianze nominali scritte nel diritto, si arenano sui dati del femminicidio, della negazione del diritto al lavoro per le donne, della subalternità imposta alle donne nei contesti politici.

La crisi politica istituzionale giocata come sempre sui temi dell’emergenza, di nuovo, segnala un’altra emergenza, quella che nel disastro generale rimanda a poi la sopravvivenza del genere femminile e ne tacita le ragioni. Sarebbe la crisi, la povertà dei comuni un ulteriore motivo per ostacolare la doverosa realizzazione di quella che è stata anche una promessa elettorale. Anche in questo caso i fatti parlano, {{la casa è un investimento civile}} che recupera un patrimonio e si oppone allo spreco. In politica e nel vivere civile ogni spazio inutilizzato rappresenta il tessuto della barbarie.

L’ultima proposta di assegnazione formalizzata dal Comune riguarda una parte di Palazzetto URBAN. Poco ma un poco che ormai ci appartiene e sul quale sarebbe intollerabile ogni altro diversivo burocratico.

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